Come spesso mi piace fare, inizio dalla scena di un film: si tratta di “Hitch lui sì che capiva le donne”, del 2005, una commedia divertentissima (per chi è amante di questo genere, come la sottoscritta) che vede un evidentemente imbranatissimo alunno in materia di corteggiamento alle prese con uno dei passaggi più critici del suo apprendistato, quello che dovrebbe metterlo in condizione, una volta di fronte alla sua bella, tolto quel manto da ranocchio che più lo rappresenta, di riuscire finalmente a darle… il bacio d’amore.
Peccato che, come la scena mette in evidenza in modo esilarante, lasciarsi andare su un aspetto così personale come il bacio, e addirittura con il suo maestro Hitch, che sembrerebbe invece capire le donne, sia tutt’altro che semplice. Affidarsi a un’altra persona, rinunciando al pudore. Che dire, impossibile anche solo a pensarci. Un movimento che il povero Albert, questo il nome dello sventurato, arriva a a fare quasi ipnotizzato dalle parole del suo mentore, che lo porta a immaginare quella atmosfera magica che lo condiziona nella sua libertà più intima. Cosicché finalmente riesce a fare quel gesto, su cui non ha davvero alcuna esperienza. E, qui arrivo al punto che più mi interessa, proprio in quel preciso momento, il maestro lo respinge dicendogli parole solo in apparenza banali: «Ti avevo detto che dovevi fare il 90 e io il 10, non il 100!».
Bene. Vorrei subito fugare il dubbio che io stia per parlare del cerchio della fiducia.
Sì, insomma, del tema tradizionale che il cliente deve fidarsi del suo consulente etc. Davvero, qui non mi interessa. Chi si fida bene, chi non si fida avrà le sue ragioni. Punto e basta. Invece, nella scena vi è una sfumatura molto più interessante che è proprio in quel rapporto 90 a 10. Ed è qui che dobbiamo pensare, o meglio, ripensare, a quelli che potremmo identificare come i “nuovi rapporti di forza” da riconoscere per stare di fronte a quello che sembra essere il mercato finanziario, come mai lo si ricordava (o si era mai visto, proprio così), in questi ultimi giorni.
Parliamo di giorni. E parliamo di titoli mostri sacri del panorama finanziario.
Si è infatti assistito a una volatilità potremmo dire verticale (guardando i grafici) su due colossi. Saipem prima e poi Facebook. Con perdite di capitale da capogiro. Che non sono certo quelle subite, riferendomi alla vicenda Facebook, dal favoloso Zuckerberg, bensì quelle generali, del capitale di queste due aziende, dove ovviamente c’è il peso dei risparmi di chi vi ha creduto nel tempo.
Il -30 dell’italiana e il -26 (per precisione, picco toccato in caduta) dell’americana in una seduta di Borsa verranno ricordati e rimpianti da chi non ha valutato, pensato e ipotizzato prima, per tempo, di uscire. Di fronte a questa scena quasi non ha senso, almeno qui non lo faccio, riprendere le motivazioni che avrebbero causato i due movimenti-monster. Che pure sono da riprendere e comprendere. Quello che qui mi interessa considerare è proprio l’aspetto sensibile di questi movimenti. Che sono stati enormi, straordinari, forse eccessivi come in qualche analisi si è scritto.
Al punto da renderli inaccettabili, intollerabili, dopo averli considerati imprevedibili. Tenuto conto del buon nome (posso dirlo?) di entrambe queste aziende. Ovvero dei fondamentali, frutto della loro storia. Una storia che di solito costruisce la resilienza, e coerentemente, nella mentalità degli investitori, la fedeltà, la perseveranza. Non si dice forse che sia bene avere nel portafoglio, come si chiamano?, le aziende value, ossia quelle che hanno già finito la fase di start up e sono meno suscettibili di movimenti degni di nota, anzi, piuttosto si caratterizzano per la resilienza dei risultati?
Certo, con le dovute differenze tra le due aziende, parlando ovviamente di Facebook ribattezzata recentemente Meta per il “nuovo sviluppo” nel mondo del Metaverso, e dunque un po’ più suscettibile di impasse borsistico. Ma mai si sarebbe pensato che si potesse arrivare, anche nel caso di Meta, a un tale infarto di Borsa.
Quindi, l’amara conclusione: è colpa degli analisti che non sanno fare le previsioni a monte?
O, entrando in altre stanze, le nostre, sudate, è colpa dei consulenti finanziari che non saprebbero leggere nel futuro? E quindi l‘analisi dei fondamentali non serve più a nulla? E, conseguentemente, il cosiddetto market timing andrebbe a morire? In parte potremmo dire di sì. E da questo punto di vista, non è da sottovalutare il fatto che certi tecnici, chiamiamoli così, del mercato più volatile che oggi ci sia, quello delle criptovalute, ultimamente nel web si esprimano sempre più a favore della gestione attiva, ripeto attiva, e non puramente passiva. Tradotto: caro investitore, è cambiato il vento, quindi non pensare che il mercato sia efficiente da solo e che tu ti possa abbandonare al seguirlo solo passivamente….
Se in parte è chiaro che le vecchie competenze di chi sta dall’altra parte della scrivania, quella della conoscenza e dell’esperienza, siano messe a dura prova da un mercato siffatto, è altrettanto vero che lì rimane solo il 10% dello sforzo di restare, stare dentro in un mercato così.
Solo il 10%, perché il restante 90 lo deve fare proprio l’investitore. Ecco il punto. In un mercato così, il maggior sforzo di tenuta deve averlo nientemeno che il cliente. E proprio questa è, e sarà, la sfida più difficile proprio per lo sforzo che comporterà resistere all’emotività che non potrà che esasperarsi per l’investitore.
A meno che smetta di essere appunto tale. Ma questo sarebbe ora un vero peccato, proprio adesso che le opportunità di entrare e di approfittare delle occasioni di mercato non saranno poche, e forse saranno state inaugurate dalle due regine di due Borse così lontane come quelle citate. Insomma, di fronte a un’occasione come quella del bacio con una splendida celebrità, come nel caso della simpatica scena del film, il tenero protagonista non ha potuto fare a meno che lasciarsi andare al punto da fare il 100! Anche se non avrebbe dovuto farlo.
Allo stesso modo, all’investitore non è chiesto di stare da solo di fronte a un mercato così. Anzi, non deve proprio farlo. E l’opzione di lasciare per un 10% il coinvolgimento a un mentore sa di averla. L’importante è che si ricordi sempre non solo che non deve fare il 100 ma neppure lo zero, avanzando rimostranze davanti a eventi davvero non prevedibili come quelli messi a tema di Borsa in questi giorni, oltre che qui in questa sede, pensando che sia tutta colpa dello sforzo mancato del suo consulente finanziario. Lui che invece per quel 10 deve essere, al contrario, il più resiliente di ogni suo cliente.
Alla prossima!