Una questione, due punti di vista, due interlocutori. Questa rubrica li metterà a confronto per aiutarvi a prendere una decisione importante o anche soltanto a farvi un’idea. Perché la realtà del wealth management è complessa, quindi serve una guida: meglio, ne servono due.
PROTEGGERE IL PATRIMONIO: MEGLIO L’AFFIDAMENTO FIDUCIARIO O IL TRUST?
La gestione del Patrimonio, almeno nei suoi aspetti fondamentali – l’amministrazione, la protezione e il suo trasferimento alle generazioni successive – comporta l’utilizzo di una serie di strumenti giuridici, una sorta di “cassetta degli attrezzi” che, proprio perché problematica, articolata e complessa, necessita assai spesso dell’uso combinato di tutti questi “attrezzi”
Ognuno di questi strumenti giuridici contribuisce a dare soluzione, a fare in tutto o in parte un tratto di strada.
Per farsi un’idea di quanti sono e di quanto possano essere performanti nelle varie situazioni, basta considerarne solo alcuni: certamente il trust e il contratto di affidamento fiduciario, di cui discutiamo qui, ma anche il patto di famiglia e i vincoli di destinazione, la società semplice e le possibilità offerte dal diritto commerciale dopo la riforma del 2001.
AFFIDAMENTO FIDUCIARIO
A cura di Silvano Maggio
Cos’è il contratto di affidamento fiduciario? Tre 3 aggettivi che lo definiscono
Al posto di tre aggettivi qualificativi rispondo direttamente riportando le tre qualità. La prima: permette l’attuazione di un programma; la seconda, garantisce che questo programma venga attuato; e la terza, forse la più importante, tiene lontane le controversie che non di rado sopravvengono, dalle aule dei tribunali
Il contratto di affidamento fiduciario per la protezione del patrimonio: perché si?
La protezione del patrimonio costituisce in Italia il problema che sta sopra a tutti gli altri perché assai spesso mancano la mentalità e la sensibilità che permettono anche solo di affrontarlo.
Semplicemente, sovente non se ne sente la necessità: quanti sono stati gli imprenditori che dopo la crisi del 2008 hanno in qualche modo impattato con il fallimento e hanno poi pensato di crearsi l’“assicurazione delle assicurazioni”, la protezione del proprio patrimonio, frutto di una vita di lavoro?
Quanti professionisti, come tutti i commercialisti che nel ruolo di sindaci e revisori svolgono quotidianamente compiti ad alto rischio, ci hanno pensato? Il vero problema consiste allora nel come trasferire al cliente questa che deve essere percepita come la vera e reale esigenza.
Perché si? Perché si!, rispondo. Per quale motivo il mio anziano amico collega commercialista deve restare “prigioniero” per dieci anni, insonne, in un fallimento di una società in cui svolgeva il compito di sindaco?
Il vero problema sta a monte: non certo il fatto che gli istituti sui quali stiamo confrontando offrono questo requisito, la protezione, quanto il fatto che questa venga finalmente percepita come valore, reale necessità, comunque vadano le cose della vita.
Sono un privato. Perché dovrei sottoscriverlo?
Un motivo tra i tanti: sono convivente, magari con figli? Voglio mettere in sicurezza la mia famiglia in caso di malattia, invalidità, morte …? Penso che possa bastare da sola una polizza di assicurazione?
Sono un imprenditore. Quali vantaggi mi offre?
Il principe dei vantaggi, la protezione. E questo già da solo basta. Ma se non bastasse: voglio attuare il passaggio generazionale? Devo affrontare una procedura di concordato?
Devo porre in essere un contratto importante dove gestire pagamenti e stato avanzamento lavori in modo blindato e sicuro, ancora più sicuro che con l’utilizzo del trust, perché tra le qualità del contratto di affidamento fiduciario c’è anche quella, meravigliosa, che lo tiene lontano dalle aule dei tribunali? E potrei continuare.
Sono giovane. Fa veramente al caso mio?
Anche il giovane si trova di fronte a una lunga serie di situazioni che devono essere affrontate e gestite pensando a quanto male potrebbero fare al suo patrimonio personale, piccolo o grande che sia, peggio se trattasi di quello dei suoi genitori.
Sto ultimando in questi mesi un testo dove già il titolo presenta i contenuti: “Le patologie delle convivenze”. Anche solo restando su questo fenomeno, gettonatissimo, della convivenza, è bene cominciare a prendere coscienza che ci sono situazioni che possono far molto male al patrimonio, ed essere consapevoli da subito che convivenza non fa rima solo con libertà, come comunemente si intende.
Ecco che ritorniamo al tema vero: protezione si, ma te ne rendi conto davvero? Tu giovane con una laurea in tasca?
Sono un senior e ho qualche soldo da parte. È il modo migliore per proteggere il mio patrimonio?
Di questi tempi c’è un modo in più per convincere un senior a mettere sotto protezione il patrimonio. La segregazione del patrimonio con la conseguente protezione può comportare un salto di imposta di successione.
Imposta di successione che, quando arriverà, impoverirà di non poco il patrimonio destinato alle future generazioni. Può bastare?
Il contratto di affidamento fiduciario: quando invece “è no”? Perché?
Tenute presenti le assai performanti qualità che lo contraddistinguono, tanto che si potrebbe definire “il trust del futuro”, occorre prendere attentamente in considerazione la situazione di partenza.
Per certi versi assomiglia molto a quella del trust all’inizio degli anni 2000, se solo pensiamo che la normativa fiscale è arrivata, e con essa la sicurezza dei professionisti, solo con la Finanziaria del 2008.
Il contratto di affidamento fiduciario manca di una normativa interna, essendo in attesa che il Parlamento italiano approvi un disegno di legge che ne detta la disciplina; tutto questo pur essendo utilizzato in quanto espressamente previsto nella Legge sul “Dopo Di Noi”.
Nulla vieta che si possa rendere operativo adottando una normativa estera, come accade con il trust (ad esempio quella di San Marino, peraltro scritta in italiano). Questo significa che, come per il trust all’inizio degli anni 2000, le applicazioni testate dal punto di vista civile e fiscale sono solo alcune…
Molte hanno bisogno di essere messe a terra, e con l’occasione, modulate sulla singola situazione giuridica su cui si vuole intervenire.
TRUST
A cura di Niccolò di Bella
Cos’è il trust? Tre 3 aggettivi che lo definiscono.
Efficiente, adattabile, protettivo.
Il trust per la protezione del patrimonio: perché sì?
Per l’effetto che si ottiene disponendo (ergo, conferendo) beni e diritti in trust: la segregazione patrimoniale, ovvero l’impermeabilità dalle vicende personali dei disponenti, del trustee, del guardiano e dei beneficiari da qualsivoglia evento che possa avere ricadute negative di carattere patrimoniale.
Sono un privato. Perché dovrei sottoscriverlo?
Per dare serenità e tranquillità a me stesso e ai miei affetti. Per avere un programma di gestione e protezione del patrimonio che possa durare nel tempo, anche dopo la mia morte, e che possa evitare litigi familiari, educare i miei figli e le generazioni future a un uso responsabile delle ricchezze tanto faticosamente conquistate.
Sono un imprenditore. Quali vantaggi mi offre?
L’Italia, lo sappiamo, è il Paese del diritto e del rovescio. Un imprenditore è un eroe che quotidianamente lotta contro un sistema che fa di tutto per remargli contro. In ogni caso, l’imprenditore è un soggetto che molto spesso opera con altissimi rischi “patrimoniali”.
Attraverso il trust è possibile godere della protezione di tutto ciò che l’imprenditore sta creando nel corso della sua attività. Per non parlare poi del tanto discusso, ma ahinoi poco affrontato nella pratica, passaggio generazionale: il trust è uno strumento eccezionale in ottica di agevolazione e pianificazione di questo passaggio, consentendo di condizionare il trasferimento dell’impresa secondo le modalità e le tempistiche più idonee al caso di specie e rispondendo a tutte quelle modifiche che potrebbero subentrare nel contesto familiare.
Sono giovane. Fa veramente al caso mio?
Assolutamente si. Non è un caso che la maggioranza dei nostri clienti/disponenti abbiano un’età compresa tra i 40 e i 50 anni. Il trust è in grado di adattarsi perfettamente alle evoluzioni della vita dei suoi protagonisti, sia da un punto di vista patrimoniale che familiare.
Guai ad immaginare il trust come una semplice “cassaforte”, alla quale invece troppo spesso viene paragonato per farne comprendere le finalità protettive. Nel trust c’è molto di più della protezione: è uno strumento, come ho già avuto modo di spiegare, capace di adattarsi alla vita del suo disponente e degli altri protagonisti che vi ruotano attorno.
Sono un senior e ho qualche soldo da parte. È il modo migliore per proteggere il mio patrimonio?
A un senior consiglio il trust non tanto in ottica di protezione, che comunque male non fa, quanto piuttosto in ottica di pianificazione. Avere la certezza di avere uno o più soggetti di fiducia che sappiano gestire i miei risparmi qualora non fossi più in grado di provvedervi (per malattia, per sopravvenuta incapacità ecc.) ha un valore enorme.
Significa avere la certezza che le mie risorse vengano utilizzate al meglio in caso di necessità, evitando che sia un estraneo scelto a caso dal Tribunale a prendersi cura di me e del mio patrimonio.
Il trust: quando invece “è no”? Perché?
Molti si avvicinano al trust incuriositi da possibili risparmi d’imposta o in ogni caso si focalizzano esageratamente su aspetti squisitamente fiscali. Il trust non deve conquistare per le ricadute fiscali che ne conseguono, benché molto spesso possano portare a qualche risparmio, quanto per gli aspetti civilistici e “programmatici”.
Il trust richiede un approccio alla gestione del patrimonio alla quale l’italiano non è ancora abituato e soprattutto richiede un ingrediente fondamentale: la fiducia nel trustee. Se il cliente/disponente ha troppi dubbi e rischia di vivere con l’ansia che il trustee scappi via con il suo tesoretto, allora è meglio che abbandoni l’idea di istituire un “vero!” trust.