Parlarne bene o parlarne male non ha importanza. L’importante è che se ne parli. Approfitto di questo celeberrimo aforisma di Oscar Wilde, per rispondere alla domanda che riapre i discorsi della ripresa post-vacanze: ma quest’estate cos’è successo, veramente?
Sarò drastica: due cose, di cui si è parlato tanto, nel bene e nel male. I due veri successi di quest’estate arrivata ai titoli di coda: il film Barbie e la tassa sugli extraprofitti delle banche.
Scioccante l’accostamento, comprendo. Ma sebbene questi due fatti siano caratterizzati da aspetti alquanto diversi e rientrino in dibattiti e commenti che nessun punto in comune sembrerebbero avere, hanno però aperto lo spazio a una verità di fondo. Bisogna stare nel mondo reale. Bisogna accettare la realtà. E la realtà è assolutamente imperfetta.
La natura della banca, un lontano ricordo?
Il 7 agosto il Consiglio dei Ministri, su proposta della premier Giorgia Meloni, ha approvato un decreto-legge che introduce una tassa sugli extraprofitti delle Banche. Non mi dilungo sulle innumerevoli interpretazioni di tale misura fiscale a carico degli intermediari finanziari, perché l’aspetto interessante della vicenda è quello rimasto impresso nelle menti dei risparmiatori (non meno che sulla stampa tutta): la Banca collegata a un “profitto”, e ancora peggio (seguendo i commenti specie sui social), a un “extra” profitto. E quindi ciò che è stato ri-evocato, per contrasto, dietro il quasi inaccettabile attacco al guadagno fuori controllo, che cos’è? La definirei una lontana reminiscenza della natura dell’istituzione bancaria, la quale, per il compito attribuitole originariamente, dovrebbe occuparsi di facilitare lo scambio di risorse finanziarie tra chi ne ha da depositare e chi invece ne ha bisogno per costruirsi una vita e per lavorare. In sintesi massima: raccolta e impiego di denaro per facilitare la crescita e lo sviluppo economico e sociale.
Ora qui fermo la narrazione ed entro nel merito del giudizio. L’epoca dei tassi alti che ormai segna le nostre menti dal punto di vista finanziario da oltre un anno, come se non ci fosse un domani, non ha fatto che dare un valore in più a questa dinamica di scambio che caratterizza la banca, teoricamente – e sottolineo teoricamente – dandole l’opportunità di fare il “suo”, di svolgere cioè il suo compito con un valore in più, un interesse in più. Dove avrebbe fatto il passo falso, sempre nella mente dei risparmiatori? Nell’aver ragionato, se di ragionamento si è trattato, a metà, ossia nell’aver dato poco, nonostante abbia ricevuto tanto, grazie ai “benedetti” (solo per le banche) tassi alti. Da qui il vero tormentone estivo (altro che le canzonette di Fedez e Annalisa) che da quel 7 agosto impazza ovunque: se tanto ha guadagnato la banca con i tassi, tanto deve dare… e quindi, giustizia sia fatta con la tassa sugli extra profitti. Livello di reattività accettabile, comprensibile, se vogliamo. Ma in fondo non si tratta che di una ennesima allusione a come la realtà dell’istituzione bancaria dovrebbe essere. E a come invece sia in realtà, in quanto coinvolta in un quadro economico finanziario sempre più complesso e imperfetto.
Le domande di Barbie e le nostre
In fondo è quello che è capitato a Barbie, nell’originale pellicola che rappresenta l’altro successo di quest’estate. Nel film, l’icona di bellezza e perfezione esce letteralmente dalla scatola e si ritrova a farsi domande vere, molto attinenti alla realtà cui nessuno a Barbieland sa rispondere. Ed è proprio questa ombra di imperfezione, di realtà che improvvisamente le arriva addosso, a portarla nel mondo reale per provare a capire, e uscire dal suo stato di crisi.
Non è molto diverso da quello che con la vicenda degli extraprofitti è successo per l’ennesima volta al risparmiatore, che all’uscita di questa notizia si è ritrovato addosso le classiche obiezioni di fronte alla presunta, e non idealizzata, perfezione dell’istituzione bancaria; nel suo caso, ahimè, senza possibilità di una riappacificazione completa. In fondo Barbie alla fine del film chiede di essere visitata da un ginecologo, accettando di diventare umana e di staccarsi da Barbieland, accettando quell’imperfezione che non riesce a non riconoscere come facente parte della sua nuova natura, quella reale.
Esattamente quello che, invece, il risparmiatore sembra non riuscire a fare. Quasi la vicenda degli extraprofitti avesse dato ulteriore conferma di una distanza incolmabile tra risparmiatore e banca.
Profitti extra, o semplicemente necessari?
Ma forse è proprio qui che bisogna fare la corretta valutazione, aldilà delle reazioni che possono essere nate rispetto alla novità del governo. Per uscire dalla scatola giocattolo, anche noi, per rompere l’indugio nel considerare l’istituzione bancaria come un’entità al di fuori della complessità della realtà sociale ed economica al servizio della quale si vuole che sia nata. Per provare a capire, quindi, quale sia la nuova natura della banca, nella sua imperfezione rispetto a un ideale da troppo tempo rimasto fermo, e per questo non più da prendere come punto di riferimento. Una natura che forse, uscendo da Barbieland, il mondo dove tutto è come dovrebbe essere, assimila la banca sempre più a una vera e propria azienda. E per questo inevitabilmente collegata se non dipendente da un conto economico, e quindi da quelli che dall’uscita del chiacchieratissimo decreto sembrerebbero “odiatissimi” profitti. E che invece, nella realtà imperfetta di tutte le aziende, sono banali e necessari. Magari senza esagerare, appunto… con gli extra.
Alla prossima!