Dopo il trading improvvisato, ecco il secondo vero pericolo di quest'anno. Tra password dimenticate, milioni in fumo e l'impossibilità di recuperare quanto si è perso. Ne vale la pena?
Troppo complicate e il timore è di dimenticarle. È quello che è successo a Stefan Thomas, programmatore tedesco che vive negli Usa, che dopo aver perso il bigliettino con la password appuntata sopra, ora rischia di perdere il portafogli in bitcoin che, col cambio attuale, gli frutterebbe 220 milioni di dollari.
Se il trading improvvisato, ne abbiamo già parlato qui, necessita di un sostegno psicologico per essere “sopportato” (si badi bene, non “supportato”…), il mercato delle cripto valute non è per pochi, non è neppure per uno, perché quell’uno potrebbe addirittura dimenticarsi “come” accedere al suo patrimonio, o questo potrebbe volatilizzarsi con la scomparsa della persona che ne permette l’accesso.
Soldi miei dunque?Non fino in fondo.
Soldi di chi?Non si comprende.
Non si comprende come mai in un anno iniziato all’insegna della logica (chiamiamola così) del lockdown che chiude anche la mente degli investitori su possibili decisioni sul patrimonio, in attesa di cieli nuovi, il volano del Bitcoin e delle altre cripto valute rappresenti un fascino irresistibile sia per chi ha accettato la “scommessa” (perché altro non è), sia per chi assiste alle vicissitudini di chi vi ha partecipato.
Ora è doverosa una considerazione, senza della quale potrei passare veramente per una consulente “fuori dalla realtà” del cambiamento.
Io non sto affatto squalificando le menti eccelse e i progetti aziendali che costituiscono “l’asset” dietro le criptovalute. Anzi, sono convinta chenel momento in cui verrà fatta chiarezza su questo mercato (riconosco anch’io che si tratta di un vero e “nuovo” mercato) la speculazione diverrà investimento. E proprio su questo tengo a evidenziare un altro aspetto.
Come ormai avrete compreso io non sono avversa al rischio. Anzi. Sono radicalmente convinta (vi ricordate Mai dire Obblig-Azione!?) che si possa sempre meno parlare di obbligazioni come asset diverse dalle azioni o comunque considerandole come asset avulsi dal rischio per bilanciare il portafoglio. Non più.
Quando si fermerà la corsa del bitcoin? Nessuno è in grado di rispondere a questa domanda, anche se grandi istituzioni finanziarie non pensano nel breve periodo (…)
L’impennata del prezzo del bitcoin, che ogni settimana batte il record precedente (in questa quello dei 40 mila dollari), non ha solo fatto felice chi detiene la criptovaluta da anni, realizzando così plusvalenze stellari, ma ha spinto al rialzo anche le altre criptovalute (…)
Potremmo parlare quasi con lo stesso entusiasmo di come è volato l’azionario dopo la vertiginosa caduta di marzo 2020 scorso, e di come alcuni strumenti finanziari abbiano saputo superare con percentuali di crescita insperate solo qualche tempo prima le performance degli indici globali. Bene. Altro? Potremmo dire che si è assistito a una “velocizzazione” del risultato di performance assolutamente assimilabile alla aggressività (diciamolo!) con cui il bitcoin e le altre criptovalute hanno scalato le vette del guadagno, soprattutto tra novembre 2020 e gennaio 2021.
Guardate questo grafico:
Stupefacente performance in pochi mesi.
Bitcoin (prendo il caso della cripto Pater familias) e azioni, simili. Ma dove si colloca il rischio nei due casi? Questo è il punto e questo è il motivo per cui mettere (non uso la parola investire in questo caso, mi rifiuto) i soldi sui Bitcoin (qui non sto parlando della grandezza dei progetti che sono certa vi siano dietro le “nuove monete”), non sarà mai né adeguato né appropriato neppure a un singolo investitore che pure possa vantare conoscenza ed esperienza.
Vi riporto ai due titoli citati ad inizio articolo: «Non trova più la password e rischia di perdere milioni di euro... Muore re Bitcoin e non si trova la password per accedere ai portafogli… in fumo milioni».
Capite bene che qui non stiamo parlando del “rischio” dell’investimento, quello accettabile, quello che nasce dall’attesa di rendimento (scolasticamente parlando, più rendimento si desidera, più rischio si deve accettare…). Qui parliamo di un rischio non regolamentato, non gestito, non controllabile da nessuno. Progetti grandiosi e menti visionarie che hanno fatto nascere questo nuovo mercato, nuovo e sconosciuto su cui andare direttamente (posso usare questa espressione in questa rubrica vero???) a oggi non può essere assimilato a un investimento, nel qual caso l’investitore magari non comprende tuttoma saprà sempre recuperare l’emittente, la classe di rischio, il sottostante, e soprattutto… dove e a chi chiedere i suoi soldi, totalmente o parzialmente.
Per lasciarvi ancora più inquieti vi cito un altro articolo uscito su Finanza.com dell’11 gennaio:
Le parole che colpiscono sono sempre le stesse: rischia di perdere tutti i soldi.
Questo succede anche “investendo” in azionario. Quante volte si è sentito parlare di un’azione azzerata: esempi recenti le azioni di alcune banche passate dall’avere un valore a non averne nessuno. Vero. Ma questo è un rischio calcolabile, è un rischio che deriva dalla partecipazione al capitale di un’azienda. E chi compra un’azione lo sa. E anche il rimedio si sa: scegliere gli strumenti adeguati per diversificare il rischio, quello accettabile, per parlare alla maniera della Mifid.
Se invece l’investitore (si dice così…) va sui Bitcoin, direttamente, dove sta il vero rischio? Non può sapere quanto sia grande, proprio perché ancora legato a uomini che creano portafogli di cui si può perdere la password di accesso.
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