Jeff Sommer, New York Times, 16 Dicembre 2022
If you want to know what these, and other economic developments, mean for the stock market in the year ahead, there are plenty of forecasts coming out of Wall Street.
Ops scusate… mi sono dimenticata, questa volta, di fare la mia consueta premessa prima di citare frasi, articoli o altro. Sarà la stanchezza di fine anno che mi rende così distratta? Solo apparentemente. Come capita quando ci si ritrova a dire qualcosa che in quel preciso momento non era effettivamente nelle nostre intenzioni proferire, benché profondamente condiviso.
Ebbene la dichiarazione citata, con apparente distrazione o stanchezza (vedete voi), viene dal New York Times: in pratica, se vuoi sapere cosa vogliano dire i rialzi dei tassi (citati in riferimento a quanto accaduto la settimana scorsa negli USA, ma anche in Europa) e altri accadimenti economici per il mercato azionario, ci sono una miriade di previsioni che arrivano da Wall Street.
Come dire che “ce n’è di ogni”, come si dice in gergo, da leggere a riguardo di quello che potrebbe accadere l’anno prossimo. Tutti ci provano, guru o meno della finanza. E colpisce che lo sguardo stretto sia sempre meno possibile. Così il New York Times annulla il senso di qualsiasi tentativo di emettere sentenze su quello che accadrà nel 2023, a meno di pensare a dieci anni…
Insomma. Sembra che la capacità di fare la consueta previsione per l’anno venturo sia stata messa in crisi dal 2022. Sebbene, infatti, ci si provi a giudicare i fatti per trovare l’idea-madre e guida, alla fine c’è una vera e assoluta incapacità, se non incompetenza, a trovare la quadra su come andranno le Borse l’anno prossimo.
Se un deejay diventa “consulente”…
Una conferma di questa nuova era della finanza, che troverebbe la sua egida in una assenza di schema precognitore, si troverebbe in un’altra notizia apparentemente scioccante apparsa sulla stampa di questi giorni. E qui la premessa la faccio senza ritardo.
Se c’è un protagonista che è venuto fuori con la pandemia in modi quasi inadatti al contesto, se parliamo di finanza, è quella dell’influencer. Immagini improprie, pensando al contesto finanziario, sono state quelle di deejay improvvisamente “esperti di finanza”, o calciatori o accalappiatori di followers che si sono deliberatamente presentati come nuovi financial banker se non consulenti finanziari. Con risultati che si potevano solo immaginare o ipotizzare, verificando il da tutti agognato numero di followers nella pagina social di questi personaggi.
Al punto da potersi creare, a seguito di questa mostruosa migrazione, una stretta relazione tra il valore della “nuova consulenza finanziaria” e la visibilità del personaggio famoso non per altro, se non appunto a motivo del numero dei followers.
Ma anche questo mito, finalmente, trova disdette. E la notizia, ora la cito finalmente, riguarderebbe otto influencer della finanza, coinvolti da vicino nel mondo finanziario e non arrivati da altri settori, per così dire, che ora starebbero per passare un brutto guaio a motivo della consulenza, o meglio, dell’istigazione all’acquisto di titoli che sarebbero stati solo strumento per i loro “personali” affari.
Previsioni dunque difficili, se non impossibili (a breve), e guru se non influencer, abili a dare la dritta, caduti in disgrazia. Come vedete, non vi sto parlando né di tassi, né di inflazione, né di guerra. Pur non essendo, come avrete avuto modo di constatare leggendomi o ascoltandomi, una professionista che non si interessa agli avvenimenti economici o agli eventi di finanza che ne conseguono. Ma quello che oggi voglio mettere a tema sta a monte di quanto è accaduto nel mondo non solo economico. E rimane sullo sfondo delle due notizie su cui mi sono concentrata.
Oggi più che mai occorre capire che l’errore non sta nel seguire un consiglio. Eppure, la lezione che i tempi che abbiamo lasciato alle spalle e che si avvicendano, come ho voluto focalizzare in queste due notizie, sembrerebbe esattamente questa. Che non vi sia possibilità di seguire più qualcuno, o perché nessuno sarebbe in grado di prevedere il futuro (se non a dieci anni), o perché, nel caso in cui si sbilanci con consigli via social verso una platea di investitori aggregati all’occorrenza, lo farebbe solo per interessi personali.
La tentazione del titolo di Stato
Questa è la tentazione. Come dire, la “finanza come se non ci fosse un domani” è stata quella del periodo post pandemico, in cui il consiglio non era quasi necessario, mentre ora si sarebbe giunti al suo contrario, che nessun consiglio si dovrebbe più ascoltare, perché la finanza non avrebbe più un domani. E alla fine nessuno consiglio sarebbe valido….
La reazione istintiva a questo sentiment che dilaga tra gli investitori sapete qual è? Il titolo di debito, e più da vicino spesso, di Stato. Nessun consiglio. Nessuna previsione. Nessun influencer. Nessun giudizio necessario, apparentemente. Perché non sembrerebbe essercene bisogno. “C’è scritto cosa dà!”, sintetizzo. Devo solo aspettare quei 5-7-10 anni etc. Per l’investitore che non deve chiedere mai. Che non ha bisogno di nessuno.
Tantomeno di un consulente o di un influencer. Come se il titolo di debito fosse la soluzione ai titoli rischiosi che quest’anno hanno fatto cadere il mercato. Una soluzione che, semplicemente, sta nel fatto che con chiarezza su quei titoli di debito ci sarebbero scritte le istruzioni per l’uso, interesse e durata. E allora, a che servirebbero le previsioni o le idee dei guru?
Questa è la vera distorsione di questi tempi, che potrebbe guidare la costruzione o ricostruzione dei portafogli da qui in avanti. Preferire il debito che stacca un interesse. Pensando che il rischio in questo caso non sia di casa. E pensando di poter fare a meno del consiglio, della consulenza finanziaria.
Da quale consapevolezza ripartire?
Non penso ci sia bisogno di citare notizie che a più riprese hanno evidenziato i “problemi del nostro Paese”, il più chiacchierato emittente di titoli di Stato, arrivato a toccare la soglia di debito di 2770 miliardi, ma penso ci sia assoluto bisogno di ricordare come i titoli di debito non abbiano fatto la differenza nel 2022, e si siano comportati alla stregua delle azioni in cadute di tono “di carattere”.
E allora, dobbiamo partire, o ripartire, da una consapevolezza. Che la nostra situazione, investitori e non, è quella di essere forzatamente follower di qualcuno. E che i tempi sono quelli in cui questa dinamica ha portato alla distorsione (e ai danni che ne sono conseguiti) della più realistica condizione esistenziale. Che tutti abbiamo bisogno di seguire qualcuno. L’investitore non solo non fa eccezione, ma è assolutamente coinvolto in questa dinamica che è fondamentale per continuare a pensare di investire.
D’altra parte, anche il più reticente tra gli investitori sta capendo che la liquidità sul conto è insopportabile, con l’inflazione ai massimi, e che deve accettare di aver bisogno di essere “influenzato” o meglio guidato a comprendere che la verità non sta nella scelta esclusiva di una strada che sembrerebbe priva di problemi, ma nella scelta mirata del portafoglio che ha già e che ancora, forse, non ha imparato a conoscere, pensando di andare dietro alle strabilianti previsioni per un 2023 che lo porterebbero a cambiare tutto. Anche il suo consulente, che invece sta cercando di rimanere al suo fianco.
Alla prossima!