Dato il poco tempo a disposizione, giacché il mio lavoro mi richiede di esserci in persona, e non solo in presenza per i clienti, questa è l’ultima conferenza a cui ho assistito al Salone del Risparmio. Il titolo ha catturato la mia attenzione per l’apparente scontatezza del tema: “Come scegliere il consulente finanziario”.
Faccio subito una premessa. Qualsiasi cosa uscirà dalla mia penna non sia usata contro di me. Grazie. Perché la conferenza ha avuto anche scivolamenti in ovvietà .
Che ci siano in consulenti brutti e cattivi e anche buoni, che occorra stare attenti se il questionario Mifid ci viene proposto già completato solo per le firme anziché essere un momento di dialogo dove approfondire questioni di rischio, e che occorra stare in guardia da discorsi frettolosi che vanno subito sul prodotto. Ebbene, tutto questo è ovvio perché il cliente è preparato. Molto preparato. Direi sempre più preparato.
L’investitore col foglio rosa
Andando oltre, perché comunque a me la conferenza è piaciuta, la provocazione è quella che ho voluto lanciare nel titolo. Uno dei due relatori, Alessandro Lombardo, intelligente, ha fatto un paragone tutt’altro che scontato. Nel parlare di quanto sia doveroso attribuire anche al cliente la responsabilità di certi comportamenti, ha ricordato i tempi in cui per imparare a guidare si andava, col foglio rosa, in zona cimitero e si faceva una enorme fatica ad abituarsi ad azioni nuove ma necessarie per passare il maledetto esame della patente.
Si trattava di azioni non automatiche, non scontate, che si dovevano mettere in pratica al momento: alza la frizione, metti la freccia, gira a destra, occhio al segnale.
Dove sta l’acutezza dell’immagine? Nel paragone con la stessa situazione che inconsapevolmente vive il cliente di fronte al consulente finanziario. Perché, questo è il punto, il cliente evita le azioni non automatiche, i pensieri lontani dal suo modo immediato di concepire, e pertanto tende a rimanere fermo sulla sua posizione che si traduce, aggiungo io, in tre dichiarazioni non espresse:
- Io so cosa è meglio fare
- Non voglio perdere
- Voglio guadagnare (almeno un minimo)
Quindi il cliente dovrebbe riconoscere in questa fatica, in questa energia a lui richiesta per capire concetti nuovi entrando nel mondo dell’investimento, il merito del consulente finanziario e non già il criterio con cui scartarlo. Non arriverei al paragone con il personal trainer (non esageriamo!), sentito nella stessa conferenza, perché investire non equivale a fare sport; anzi direi che comporti aspetti più compromettenti e complessi. Tuttavia, ha ragione Ruggero Bertelli, il secondo relatore, nel confermare che il peccato più grave del cliente investitore sia voler investire solo nel noto, in ciò che conosce.
Affidarsi a un consulente finanziario, invece, ha il senso opposto. A ciascuno la sua competenza. Un paziente non va da un dottore a dire cosa prescrivergli, ma si affida al professionista che attraverso le domande cerca di capire di cosa abbia bisogno. Più o meno lo stesso dovrebbe accadere a un cliente che decidesse di affidarsi a un consulente finanziario. Dovrebbe rinunciare ai suoi automatismi, ma ancora di più al suo orizzonte noto, accettando il consiglio del professionista.
Il patrimonio è come un figlio?
Poi però Bertelli ha fatto un paragone un po’ azzardato, accostando il patrimonio dell’investitore al figlio. Per dire che per il denaro, come per un figlio, si desidera che venga protetto e nello stesso tempo che cresca, e questo richiede di lasciarlo andare. L’investitore che lo vuole protetto, salvaguardato, dovrebbe capire che questo richiede, contrariamente a quanto si crederebbe, che lo si lasci crescere.
A parte il paragone tra i due elementi, un po’ ardito, penso che la provocazione sia corretta. Ciò che rende complicato per il cliente affidarsi al consulente finanziario e ai suoi consigli è la resistenza a questa identificazione tra protezione del patrimonio e investimento del patrimonio. Quando il cliente si presenta al consulente dicendo: voglio un rendimento ma non voglio rischiare il mio patrimonio, si mette in una prospettiva opposta.
Perché la protezione del patrimonio comporta che questo si sviluppi nel tempo e ciò, necessariamente, comporta un rischio. E questo è un ragionamento scomodo e per nulla automatico per il cliente.
Chiudo con la fermezza con cui è stato ribadito come si debba intercettare il consulente finanziario giusto, quello vero.
Non sarà mai chi ti da ragione, sarà invece chi ti dirà cose scomode, lontane dal tuo modo di pensare, e proprio in questo confronto si avrà la verifica della professionalità del consulente. Ti metterà in difficoltà , portandoti dove inizialmente non volevi e non pensavi di dover andare ma, qui è il punto, attraverso un dialogo in tranquillità , dove il centro saranno sempre le domande, non solo quelle del questionario MIfid (perché non sono personali quindi inutili per capire chi si ha davanti).
E il vero consulente finanziario, secondo me, non è chi chiude in poche battute pensando di averti conquistato con un bel prodotto, ma chi ti darà del filo da torcere e darà sempre modo anche a te di farlo. Ma questo lo aggiungo io…
Il Salone vissuto così è proprio una bella esperienza.
Alla prossima!