Sono rimasta colpita da un articolo uscito su Money.it il 21 luglio dal titolo “Banche, perché il futuro sono WhatsApp e la messaggistica istantanea“.
Colpita perché mi capita sempre più spesso che rapporti appena iniziati, con un senso ancora da scoprire (perché ci vuole tempo), si annientino proprio in quanto il canale privilegiato rimane essere quasi esclusivamente quello della messaggistica su WhatsApp. Che io utilizzo, ci mancherebbe, e anche sul lavoro.
Ma che combatto tutti giorni come mezzo esclusivo di comunicazione, soprattutto quando mi rendo conto che nel mio lavoro potrebbe diventare “il” mezzo di comunicazione con i clienti.
Vado sul punto dell’articolo che mi interessa:
Negli ultimi tempi sono cambiate le abitudini e le esigenze dei consumatori nel rapporto con le banche. Un dato esemplificativo: se nel 2019 i sondaggi rivelavano che l’86% dei clienti preferiva interagire con un operatore umano, oggi sale al 40% la fetta di utenti che preferisce i chatbot all’uomo quando chiede assistenza alla propria banca.
Fermatevi un attimo.
Mi è venuto in mente un film del 2017 dal titolo emblematico: “Amori che non sanno stare al mondo”. I protagonisti sono una donna passionale e insicura che non accetta che sia finita la sua storia d’amore e un lui affascinante e pieno di sé, ma terrorizzato dal temperamento di lei (che strano!). Il loro è un grande amore che… non sa stare al mondo. Fine. O inizio? Ecco.
Come se il processo inesorabile tracciato dallo sviluppo della tecnologia, e senz’altro dalle distanze esasperate di cui parliamo ormai obsoletamente a seguito del Covid, avesse determinato la sempre più evidente non volontà o incapacità (questo lo lascio a voi) per i clienti delle banche e, posso confermarlo, per gli investitori, di stare al mondo, ossia di stare nella relazione personale che richiede un’energia non più così tanto disponibile.
Che le si prendano in un modo o in un altro, le storie d’amore (perché di questo si tratta nel film) sono tali anche perché si discute, si litiga, si trovano assolute differenze e grandi conflitti ma spesso proprio in questa trama infinita di insostenibilità dell’umano si ritrova la radice di quella stessa grandezza che alla fine le rende irrinunciabili nella propria esistenza.
Anche se, appunto, si direbbe che non sanno stare al mondo. Be’, che c’è di più appassionante? Appassionante e forse inevitabile nella vita personale. Ma sempre più evitabile nei rapporti di lavoro. E la consulenza finanziaria è uno di questi. «Mi manda un suo consiglio via WhatsApp?» Ho ricevuto questo messaggio ieri da un mio cliente. Non ho risposto. Come faccio di solito in due altre occasioni.
La prima con persone che possono trovare la risposta da sole (non è ovviamente questo il caso), la seconda con persone che mi auguro facciano una riflessione su quello che hanno appena chiesto. Non sempre rispondere è necessario. Sappiamo bene che il silenzio, spesso, fa più rumore.
Oggi ho chiamato il cliente e ho fatto volutamente finta di niente. E lui mi ha detto: scusi perché non mi ha risposto? Mi scuso, gli ho detto, perché forse è colpa mia. In che senso?, mi chiede. Perché vede, rispondo, a forza di scambiarci informazioni istantanee via WhatsApp, necessarie in alcuni momenti, siamo arrivati a trasferire su questo canale quanto non potrebbe essere più lontano. Il consiglio. Via WhatsApp. La consulenza via WhatsApp.
Siamo entrati indiscutibilmente nell’era in cui l’importante è il “cosa” si dice, il “cosa” si offre e si presenta al momento come la soluzione ai bisogni.
Peccato che il “come” sia ancora, per fortuna, molto importante. Se un cliente (ma penso non sia il solo) ha ragionato così – e badate bene ha 65 anni, non 20 (per fugare una possibile obiezione) – io mi chiedo se non sia passato il messaggio che in fondo la relazione con un consulente finanziario possa ormai essere assimilata a una robot advisory o a una chatbot, come si afferma nell’articolo (senza discriminazione per questo processo di innovazione che può essere funzionale, ma per richieste diverse) quasi si potesse chiamare “Alexa!” e chiedere dove investire.
Ma poi penso subito al contrarian di questa immagine, e mi vengono in mente le scene di vissuto soprattutto di questi ultimi due anni, vere e condivise nei singoli momenti anche complessi, sia pure difficili da superare per certi versi, proprio nel rapporto con i clienti, scene che hanno tutto tranne che le sembianze di uno scambio di messaggistica.
E in fondo è forse questo il processo che gli inesorabili progressi dell’offerta di servizi finanziari vorrebbero si potesse mettere a tacere. Un processo inestinguibile, perché al di là di tutte le discussioni, le incomprensioni o le possibili dissonanze, il cliente alla fine accetta e apprezza una relazione di consulenza che sembrerebbe non riuscire a stare al mondo, eppure alla fine risulta essere luogo delle risposte ricercate, quelle che via messaggio non si possono dare.
Alla prossima!