Ho aspettato a scrivere su questo che ha tutti i connotati di un vero avvenimento. Storico.
Ho aspettato, restando in ascolto. Si sapeva che il suo nome sarebbe stato la Soluzione Finale.
E se ne sarebbe parlato tanto. Se ne è già parlato tanto. Ancora prima che tutto sia realmente cambiato. Come nella Borsa. Se ne parla, si vedono gli effetti ancora prima, nell’aspettativa che tutto accada…
Mario Draghi.
Il nome che ha fatto alzare la testa, ulteriormente, all’indice della Borsa italiana, e abbassarla al tanto citato spread.
In fondo Mario Draghi è un uomo. Appunto. Quindi cosa ha fatto ri-nascere? Cosa ha fatto ri-vedere? E soprattutto cosa ha fatto credere possibile?
Pensiamoci. Niente di più che l’amatissima normalità. The Impossible…
Cos’è normale, finanziariamente parlando (mi soffermo su questo)?
Se un Paese è solido ed emette titoli di debito, il rendimento distribuito al sottoscrittore sarà dimensionato e commisurato alla durata del titolo, ma anche all’affidabilità dell’emittente.
E allora: «Lo prendo!», come recita il classico leitmotiv del cliente cassettista, abituato a cercare tranquillità e scadenze certe. E continua: «Non ho bisogno di andare in Germania, prendo questo, italiano!».
E se voglio guadagnare di più partecipando del rischio? Cambio asset, se me la sento… Acquisto azioni, se sono in grado di scegliere, altrimenti mi affido alla consulenza di un gestore e sottoscrivo strumenti diversificati, in gestione attiva o passiva.
Normale. Cosa non è normale? E cosa è invece diventato la stravagante normalità sul mercato?
Perché andare su obbligazioni “compromesse”, che hanno perso la forma di asset capaci di restituire l’investimento iniziale, o almeno l’hanno potenzialmente messa in discussione?
Se rendono molto, moltissimo (spread impazzito), c’è qualcosa che non va, c’è un rischio di non rimborso, di non ritorno dell’investimento iniziale. In un contesto come questo, tutto è rischioso, e non esiste più la differenza tra obbligazione (precisazione importante, governativa) e azione.
Se ne è persa la traccia (ne ho scritto in Mai dire Obblig-AZIONE!). E il mondo dell’investimento si trasforma nell’indistinto mondo dell’alto rendimento con tutte le sue conseguenze… sul capitale.
Questo non è normale. E questo ha portato l’investitore a travisare l’utilizzo delle obbligazioni e a non riuscire più a vedere neppure nei “nostri” titoli di Stato, il quasi “sotto il materasso” dei risparmi, poco rendimento ma tanta sicurezza.
Chi ha più visto negli ultimi anni (in realtà non sono così pochi dall’estate 2011…), dalla rinomata esplosione dello spread, la normalità della classica decorrelazione tra titolo governativo (italiano) e azione?
Si è persa totalmente questa normalità e i BTP sono diventati uno tra gli strumenti per speculare, per guadagnare – in alcuni momenti a livelli insperati – sul mercato.
Al punto che quando se ne parla con i clienti, quelli con esperienza, nati in un contesto tradizionale che li vedeva fidelizzati al titolo sicuro e mai chiacchierato per decenni, quelli stessi clienti “rieducati” da questo panorama anomalo, non normale, li decantano come i titoli che li hanno fatti guadagnare di più negli ultimi anni.
E proprio in questo fondamentale travisamento del chiacchierato BTP, questi stessi clienti (come non capirli) faticano ad acquistare i veri asset rischiosi, quelli che il rischio lo comportano per natura, in quanto titoli di partecipazione al capitale di aziende.
Chi di noi consulenti non ha clienti così, definiti nella loro mentalità da un BTP trasformatosi in titolo altamente speculativo e perciò stesso remunerativo, senza essere costretti a fare riflessioni troppo complesse per andare ad acquistare fondi, ETF o altro ancora?
Il travisamento che oggi, proprio quando si intravede la possibile normalità finanziaria, impedisce ai “male abituati investitori” di liberarsi dei fantomatici titoli acquistati nel momento della loro trasformazione in titoli quasi azionari, per consolidarne i guadagni e finalmente apprezzare la natura di altre tipologie di asset finanziari di fatto più coerenti con il nome che portano.
La possibile normalità finanziaria dell’oggi: ecco quanto sta rendendo credibile l’avvento dell’uomo Mario Draghi.
Potremmo quasi vederne l’annuncio: è previsto il ritorno alla normalità. Risultato: spread ai minimi storici.
Memoria di quando lo spread non era neppure un tema, prima della crisi del 2008, e di quando nel marzo del 2015 tutto ricominciò ad andare per il “verso giusto”. Verso giusto, asset corretto, normalità finanziaria… la stessa che a questo punto ci costringe, nel nostro difficile lavoro di consulenti finanziari, a dover fare un nuovo, ulteriore (quante sfide abbiamo intrapreso dalla pandemia??) e benvenuto processo di ri-orientamento con l’investitore proprio sugli amatissimi titoli di Stato italiani.
La vera domanda oggi è: perché investire nei titoli di Stato se a dieci anni il rendimento è inferiore allo 0,50%?
Tutti d’accordo. Non rendono più nulla. Ma questo dovrebbe essere il vero e unico motivo per inserirli nel portafoglio, nel portafoglio adeguato, decorrelando la componente azionaria con strumenti in grado di “conservare” il capitale e moderare il rischio. Con rendimento risibile, perché in questi strumenti non è il rendimento il vero obiettivo di portafoglio, ma solo la moderazione della volatilità.
E invece da questo ragionamento “normale” l’investitore si è davvero allontanato. E qui sta il lavoro della consulenza. Il lavoro, durissimo, di convincere il cliente a tornare a pensare a questa tipologia di asset correttamente.
È davvero comprensibile la difficoltà dell’investitore a tornare a pensare alla normalità finanziaria.
Perché al fondo di questa normalità, di secondo livello potremmo dire, quella che dovrebbe portare alla corretta integrazione tra asset rischioso e asset non rischioso, tra asset capace di portare guadagni anche elevati, e asset orientato solo alla conservazione del capitale e alla moderazione della volatilità del portafoglio, in fondo ci deve essere la normalità della realtà, quella di primo livello.
Quella normalità che sola può far tornare l’investitore a credere che i titoli di Stato italiani siano titoli di un debito sostenibile, oserei dire risolvibile, che dietro di essi vi siano investimenti e non solo compensazioni di spese già effettuate, che dietro di essi vi siano progetti credibili, degni di un debitore affidabile. E di questo, proprio di questo l’uomo Mario Draghi può essere il vero autore.
Senza, il lato positivo della realtà potrà essere sempre e solo parziale, finanziario, e dunque non persuasivo fino in fondo.
Alla prossima!