Eccoci con la 2° puntata della nuova serie di Finanza Pop dedicata ad alcuni temi che rientrano nel panorama di finanza alternativa con la collaborazione di Daniele Bernardi, fondatore e amministratore delegato del Gruppo DIAMAN, da sempre attivo nell’innovazione del settore finanziario.
Potresti spiegarci, in parole semplici, come mai si è arrivati solo ora alle criptovalute?
Fino a pochi decenni fa vivevamo in un mondo completamente analogico, privo della tecnologia digitale. Al massimo usavamo un orologio a cristalli liquidi, perché non c’era la tecnologia che abbiamo ora, che si è sviluppata negli ultimi cinquant’anni.
Negli anni ’50 sono nati i primi computer, che poi, nel 1969, hanno permesso all’uomo di andare sulla luna; oggi i cellulari che usiamo hanno molta più capacità di calcolo e una memoria infinitamente più grande di quei computer.
Poi è arrivato internet, che ha permesso prima di potersi scambiare le mail gratuitamente tra utenti a distanza, anche se la tecnologia all’inizio non era per tutti: si doveva configurare un modem tra computer e presa del telefono di casa, impostare gli IP, installare un software per far funzionare internet.
Le pagine ci mettevano molto a caricarsi, il modem gracchiava all’avvio, ma era l’inizio di una rivoluzione che ha portato oggi a essere tutti interconnessi e non poter fare a meno del nostro cellulare online 24 ore su 24.
Oggi, con l’avvento di cryptoassets come il Bitcoin e l’Ethereum, si parla di Web 3.0
Aspetta Daniele, non correre troppo: cosa significa web 3.0? Molti sono fermi al web 1.0…
La prima fase di internet è stata quella che ha permesso alle società di caricare contenuti e farsi un proprio sito-vetrina, con scarsa o nulla interattività, e agli utenti di poter leggere questi contenuti cercando sui motori di ricerca le parole chiave di interesse.
È il periodo dove sono nati Altavista, Yahoo e Google, dove si sono sviluppati i primi browser come Netscape, Explorer e Firefox e i primi e-commerce come Amazon e Alibaba. Il web 1.0 è associato alla parola “read”, ovvero leggere, che era la principale funzione che un utente poteva fare: leggere, cercare, acquistare.
Poi è arrivata la seconda fase di internet, quella legata ai social network, con MySpace prima, Facebook poi, per passare per YouTube e arrivare a Tiktok, si è sviluppata l’interazione tra gli utenti.
Con il web 2.0 l’utente poteva non solo leggere, ma anche scrivere, in inglese “write” quindi caricare facilmente su internet le foto, i documenti i video. Il problema di questi social network è che viene offerto questo servizio gratis, ma il prezzo da pagare è che, di fatto, si cede il diritto di utilizzo e di possesso alle società che possiedono questi social.
Ultimamente queste società sono arrivate a capitalizzare oltre 1000 miliardi di dollari, se non 2000, senza far pagare nulla ai loro utenti, semplicemente rivendendo i dati che noi gli mettiamo, più o meno ignari, a disposizione. Per cui è nata la necessità di sviluppare una tecnologia che permettesse di essere proprietari dei contenuti digitali che si producono, dei contenuti e degli asset digitali che si acquistano.
Infine, la definizione di web 3.0 significa che gli utenti posseggono, inglese “own”. Quindi, riassumendo:
- Web 1.0 = read
- Web 2.0 = write
- Web 3.0 = own
Bene, adesso che abbiamo compreso cosa significa web 3.0, ci spieghi cosa c’entra con le criptovalute e perché sono così rivoluzionarie?
Andiamo per gradi. Potremmo fare tutte e quattro le puntate per rispondere alla seconda parte della domanda. Prima di tutto, vorrei che fosse chiaro che con l’avvento della tecnologia criptografica, anche se ovviamente non andiamo nel dettaglio di come funziona, è stato possibile creare un ambiente digitale che possa essere di tua unica ed esclusiva proprietà.
Facciamo un esempio. Tu vuoi aprire un account Instagram con il nickname @mariaanna e lo trovi libero, poi vuoi andare su Twitter e aprire un account con lo stesso nickname ma lo trovi occupato; quindi, il primo problema è che ti tocca avere un nickname potenzialmente diverso per ogni social che apri. Il secondo problema è che chiunque può copiarti le foto da Facebook e creare un account del tutto uguale al tuo per cercare di ingannare altre persone; fenomeno molto comune tra le persone famose.
Insomma, di fatto l’account che crei in Facebook non è tuo, ma di Facebook, può essere copiato e incollato facilmente, e tu non ne hai il minimo controllo.
Con la tecnologia criptografica, invece, è possibile creare un contenitore che, seppur digitale, seppur su internet, seppur visibile a tutti, possa essere tuo e solamente tuo. Attenzione: non parlo di Blockchain, di questo magari parleremo in un’altra puntata di finanza pop, sto parlando di tecnologia criptografica.
Ti fermo ancora perché vorrei andare per gradi. Come funziona questa tecnologia?
Cerco di spiegarlo in modo molto semplice: molti di voi avranno visto il film Enigma al cinema; durante la guerra gli eserciti contrapposti avevano bisogno di scambiarsi comunicazioni evitando che gli eserciti avversari intercettassero il messaggio e lo sfruttassero a loro vantaggio.
Intercettare un messaggio è sempre facile, perché sia che mandi un segnale luminoso, sonoro, via radio o via internet, questo messaggio può essere intercettato da chiunque, per cui l’unica possibilità è rendere difficilmente comprensibile a terzi il proprio messaggio, per esempio cambiando le lettere dell’alfabeto.
Per questo sono nati sistemi per codificare i messaggi, in modo che risulti impossibile (o quasi) per gli avversari decifrarli. Si chiamano messaggi criptografici.
Progressivamente, questi sistemi di criptografia si sono evoluti nel tempo, e oggi vengono comunemente usati, per esempio, nelle transazioni delle carte di credito, perché non posso mandare un messaggio in chiaro dal negozio alla banca con informazioni sulla carta di credito XY, con il codice ZW intestata al signor ABC.
Se qualcuno intercettasse questo messaggio, potrebbe acquistare facilmente online spacciandosi per ABC che possiede la carta YX e il codice ZW. Ma la criptografia la usiamo oggi anche per mandarci dei messaggi WhatsApp o Telegram; quindi, è molto più diffusa di quello che pensiamo, senza che nemmeno ci ne accorgiamo.
Grazie Daniele per averci introdotto nella nuova era dell’“own”. Non vediamo l’ora che ci spieghi, nelle prossime puntate, come tutte queste novità abbiano portato agli imponenti flussi della nuova moneta nata nel web 3.0. Alla prossima!