Siamo giunti all’ultima puntata di Finanza Pop sulle criptovalute che, guarda caso, dedichiamo al “quando”. Perché come stiamo assistendo anche in questo periodo davvero complesso sotto tutti gli aspetti, non solo quello finanziario, sembra davvero sia diventata una scelta da considerare.
Caro Daniele abbiamo compreso che questa tecnologia cambierà le nostre abitudini… ma come può un investitore beneficiare di questo fenomeno?
Investire in digital assets è ancora molto complicato, perché non è ancora facile e intuitivo. Per fare un confronto, è come internet negli anni ’90: ci voleva il modem, il filtro, saper programmare il TCP/IP, il modem gracchiava, andava lento, insomma non era ancora per tutti.
Oggi, se voglio investire in sicurezza con il bitcoin devo comprendere come funziona la private key, la public key, un address, un wallet, come spostare da un exchange a un wallet e viceversa, come muovere i soldi da una banca che accetti l’exchange e viceversa, insomma non è proprio banale. È per questo che abbiamo creato una cryptomasterclass per far avvicinare gli interessati al tema. In ogni caso, a queste insidie sono da aggiungere i rischi della detenzione degli assets: ci vuole consapevolezza anche per custodire le chiavi private, il wallet e gli asset.
Per finire, a queste due difficoltà si aggiungono i rischi elevati degli investimenti perché, visto che lavoriamo in finanza, sappiamo bene, così come i nostri clienti, che a maggiori guadagni potenziali corrispondono maggiori rischi, sia che li si conoscano sia che li si ignorino.
Insomma, Daniele, se la metti così spaventi i miei clienti; lo scopo invece è renderli consapevoli e magari far sì che possano anche investire una parte del loro patrimonio in criptovalute.
Certo, ci arriviamo, ma è fondamentale che il lettore comprenda che ci sono diversi rischi e diverse difficoltà da affrontare. Io dico sempre che non ho mai conosciuto nessuno investire sui mercati finanziari per perdere soldi, ma ho conosciuto molte persone che i soldi li hanno effettivamente persi.
Quindi il primo errore da evitare è la presunzione di sapere, che spesso colpisce chi non ha le basi adeguate e immagina che le cose siano semplici. In effetti, se qualcuno vuole aprire un conto in un exchange è facile, fare un bonifico all’exchange è facile, ma poi sopportare la volatilità di tali assets è molto difficile, e perdere è molto facile.
Ho visto molti messaggi di persone inesperte che sui social scrivono frasi del tipo: «Ho investito ieri a 42.000 euro, oggi è sceso a 39.000, cosa faccio, vendo? Perché ho paura di perdere tutto». Se uno investe con un’ottica di un giorno, una settimana o un mese, è meglio che stia lontano anni luce da questi strumenti finanziari, ancora di più se non sono soldi che ci si può permettere di perdere. Quindi per prima cosa attenzione: meglio farsi consigliare da un consulente, che ovviamente non sia prevenuto, per comprendere quale parte si può dedicare agli investimenti in digital assets.
A questo punto però, Daniele, devi indicarci quale percentuale massima di patrimonio è giusto che un cliente possa dedicare a questa tipologia di investimenti.
Abbiamo fatto diversi studi, ma uno in particolare, molto interessante, lo trovate a questo link. Per riassumere il concetto, la percentuale ideale di cripto assets da avere in portafoglio è pari a un decimo di quella destinata al mercato azionario; quindi se un investitore ha il 50% investito in azioni e il 50% in obbligazioni, la percentuale ideale è il 5%.
Poi ovviamente dipende da fattori personali, come l’età, l’orizzonte temporale ecc., ma abbiamo riscontrato che il rischio specifico del portafoglio con una percentuale di un decimo dell’investimento azionario non viene modificato quasi per nulla, mentre il rendimento atteso cresce enormemente, grazie alla grande asimmetria che oggi offrono questi digital assets.
Interessante questa analisi. Io avrei indicato solo l’1% o al massimo il 2% del portafoglio come giusta percentuale in questi investimenti. Invece tu ci dai una prospettiva diversa…
L’importante è non metterci il 50% in cripto assets, soprattutto se non si è esperti e consapevoli dei rischi che si corrono; poi se un cliente non si fida e mette il 2% invece che il 5% non è un problema.
Dal mio punto di vista è poco furbo, invece, non investirci nulla, perché sono assets che in 10 anni possono veramente fare tre o cinque volte il valore attuale. Se quindi metto il 2% del mio patrimonio, e questi assets dovessero per qualche ragione sparire, mi ritroverei con il 98%, mentre se facessero per cinque volte mi troverei con 110 solo per effetto di questa piccola esposizione.
Per questo parlavo di asimmetria: non si parla più in questo caso di rendimento corretto per il rischio, ma di rapporto rischio/opportunità.
Ma veramente l’unico modo è investire tramite gli exchanges? Ci sono anche gli ETP… non pensi siano meglio?
Certo. Stanno nascendo strumenti finanziari adatti a tutti con sottostante cripto assets, gli ETP o meglio ETN sono delle note scambiate nei mercati regolamentati, che anche se hanno il rischio emittente, peraltro molto basso, presentano una soluzione molto pratica per prendere posizione sui digital assets. Fino a poco tempo fa ce n’erano solo relativi al Bitcoin, oggi ce ne sono sempre di più, dedicati anche ad altri progetti, come Ethereum, Cardano, Avalanche, Algorand ecc.
Con questi strumenti si eliminano i rischi e i problemi dell’investimento diretto in cripto assets, ma rimane il rischio legato all’alta volatilità del Bitcoin e delle altre criptovalute. Se si vuole eliminare, o meglio ridurre, anche questo rischio, bisogna affidarsi a fondi attivi che gestiscano il rischio e riducano le perdite di periodo (drawdown) che possono indurre l’investitore a vendere in anticipo per paura. E relativamente a questa tipologia di asset, intendo i fondi, l’offerta è ancora molto limitata sul mercato e soprattutto riservata a investitori professionali.