La FOMO, ovvero Fear Of Missing Out, la paura di essere tagliati fuori tipica nelle IPO, ora più che mai sta diventando un comportamento abituale per tutti gli investitori. Anche quelli da cui meno te l’aspetti.
Di questi giorni un episodio che non posso esimermi dal raccontare.
Conosco questo cliente da 10 anni. La durata di un Classic Btp, o meglio di quello su cui si misura il famoso spread.
E non faccio questa allusione a caso: perché come lui nessuno mai potrebbe essere più indicato come esempio del tipico cassettista (che non ha un significato negativo!) sempre fedele al titolo di Stato Italiano. Nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte.
Un matrimonio. In una quasi ideologia del bond: sappiamo bene che quando a tutti i costi, anche in presenza di contraddittorio offerto dalla realtà, si rimane ancorati ad un’idea si diventa appunto “ideologici”, per non dire poco realisti.
Questo investitore in dieci anni, soprattutto negli ultimi dieci anni, avrebbe avuto mille motivi per cambiare idea, quell‘idea, di investimento, e quindi diversificare, proprio per il radicale mutamento del sottostante. Il debito italiano. E invece c’è chi dice no, e lui ha detto no ed è rimasto lì. Fermo.
Non con la consapevolezza che in realtà è raccomandata a tutti gli investitori per antonomasia, quella di dover aspettare, attendere (perché investire significa, innanzitutto, attendere gli esiti di un asset in cui si crede). No, in questo caso si trattava, come per molti investitori tipo assimilabili alla “sua categoria”, di rimanere ancorati a un’idea fissa. Più del passato che del presente, giammai del futuro.
E qui nessuno osi citare il Btp Futura come quel vestito che in qualche modo renderebbe simile ai temi, quelli sì orientati veramente al futuro, il neoemesso titolo di Stato Italiano che invece da sempre è e sempre sarà, indiscutibilmente, un titolo di debito e perciò dipendente dall’andamento di questo debito. Italiano.
Ebbene, proprio questo cliente – che ringrazio perché mi ha illuminato – in questi giorni mi chiede: «Ma perché io non ho acquistato “questi” titoli?», alludendo all’esplosione delle nuove idee (nuove non da poco tempo ormai ) di investimento, orientate a valorizzare i trend emergenti che leggono i temi del futuro.
E qui è nato il dibattito. Un confronto davvero nuovo, se mi permettete, o meglio, attualmente nuovo.
La mia, a quel cliente, non è stata per nulla un’obiezione di coscienza (che sarebbe stata ideologica tanto quanto la sua impostazione di partenza), proprio perché io non ho dato come risposta alla sua domanda un netto e semplicistico «perché lei non era adatto!», spiegazione tipica del “gestore per bene” ma altrettanto incurante del cambiamento possibile dell’approccio al mercato da parte dell’investitore.
È stata chiara e netta invece la sua reazione sorpresa, manchevole di una profonda consapevolezza dell’irremovibilità della sua idea di investimento, sempiter presente nella sua mente.
«Perché non ha insistito con me?», mi chiede. Rispondo: «Perché io non faccio questo lavoro, io non insisto. Mi dica», riprendo, «se il mercato non avesse dato a vedere quei trend in quei temi in così poco tempo, lei non ne sarebbe stato forse sconfortato e paradossalmente riconfermato nella sua “vecchia” idea di investimento che da mesi non si muove? Sì è vero, non la sento da un mese», continuo, «ma si rende conto che il suo investimento quest’anno non si muove perché non si può muovere? E allora ritiene utile avere un aggiornamento a meno di un mese? Certo», concludo, «le volte in cui mi ha dato modo di farle notare che altre “idee” di investimento non avrebbero rovinato ma anzi valorizzato il suo asset, nel tempo corretto di attesa del suo risultato… forse avremmo avuto davvero la necessità di sentirci anche più spesso. E a ragione».
Cosa c’è al fondo di questa esperienza?
Che la cosiddetta FOMO non appartiene più a singoli momenti di follia borsistici, soprattutto a determinati occasioni di IPO. Piuttosto, la paura di essere tagliati fuori rappresenta un comportamento che sta assumendo l’investitore, a qualsiasi categoria dei cosiddetti “profili di rischio” identificati da noi consulenti egli appartenga, quasi fosse inevitabilmente “compromesso” dal mercato attuale.
Al punto da voler vivere a tutti i costi il momentum. Il trend. Come fosse salire su un treno che non si sa se passerà una seconda volta. Appunto. Perché qui si arenano anche i più convinti che vada giocata la partita. E allora la domanda ritorna prepotente: ora o più avanti ? E tutto si blocca di nuovo.
Perché alla mia domanda a quel cliente di salire sul treno ora, finalmente, la sua risposta è stata la stessa, sempre fedele a quell’unica idea di investimento a lui ben nota: be’, forse è tardi …
Tutto già sentito. E perché è già tardi, gli chiedo (ora sì insistendo!): ha compreso cosa ci sta sotto quei trend?
Le è chiaro che i temi letti da quei trend non si esauriscono in un soffio, bensì mostreranno tutto il loro potenziale solo nel tempo?
Ed eccoci arrivati.
Lui, l’investitore ideologico del Btp, rimane ancora lì perché per lui la variabile tempo ha un senso solo come durata per stare dove si è, come accettazione incondizionata di uno strumento finanziario, per tutto il tempo della vita, anche se non più corrispondente ai suggerimenti sul futuro, quegli stessi che, se ascoltati, renderebbero possibile trasformare quella stessa variabile, il tempo, nel così detto orizzonte temporale di valutazione, alla base della accettazione e della adeguatezza di ogni investimento, come di quello, oggi, poco mosso.
Alla prossima!