Una questione, due punti di vista, due interlocutori. Questa rubrica li metterà a confronto per aiutarvi a prendere una decisione importante o anche soltanto a farvi un’idea. Perché la realtà del wealth management è complessa, quindi serve una guida: meglio, ne servono due.
Si sente spesso dire ai clienti che preferiscono sentirsi liberi, in ogni momento, di fare quello che vogliono dei loro averi, senza vincoli. Un atteggiamento grazie al quale ritengono di sentirsi al sicuro, di avere il patrimonio sotto controllo.
Da qui la loro inossidabile fedeltà al conto corrente, forse il primo e più immediato aspetto del loro patrimonio, quello finanziario: il fatto di avere sempre visibile, a disposizione, il patrimonio finanziario, senza vincoli, ripeto, dà loro la sensazione di prendersene veramente cura, addirittura di metterlo in sicurezza. Già, sicurezza. Ecco una parola che di questi tempi è molto desiderata e sospirata, perché da ogni dove la di sente messa in discussione.
Ma è questo l’atteggiamento corretto che può garantire di mettere in sicurezza il patrimonio, inteso in questa sede come tutto il patrimonio, non solo quello finanziario? O ci sono atti e strumenti che possono far raggiungere questo obiettivo nel modo più opportuno?
Si apre così il confronto di questa seconda puntata di Versus, che vede protagonisti due avvocati: Massimo Perini (patrimonialista e partner di Kleros Srl) e Stefano Loconte (fondatore di Loconte&Partners). Come sempre, non su due opposti ma su due strade diverse da guardare per affrontare il tema di oggi: mettere in sicurezza il patrimonio.
FONDO PATRIMONIALE
A cura di Massimo Perini
Cos’è il Fondo Patrimoniale? Mi dica tre aggettivi che lo definiscono.
Tecnicamente il Fondo Patrimoniale rientra tra le convenzioni matrimoniali, affiancando, senza sostituirle, la comunione o la separazione dei beni tra i coniugi. In concreto, costituisce un patrimonio destinato a uno scopo specifico: i bisogni della famiglia.
In quest’ottica, il Fondo Patrimoniale rappresenta una deroga al principio della responsabilità illimitata del debitore per i propri debiti sancita dall’art.2740 c.c., in quanto i beni e i frutti del fondo possono essere aggrediti solo per debiti derivanti da obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia.
Costituendo un semplice “Vincolo di Destinazione”, non è necessario lo spossessamento dei beni rientranti nel Fondo che, quindi, rimangono di proprietà dei titolari del Fondo stesso, pur se vincolati.
Quanto ai tre aggettivi. Semplice e tutelante: se costituito in bonis, rappresenta una soluzione semplice dalla quale far discendere riflessi protettivi sull’interesse patrimoniale della famiglia; limitato: sul piano oggettivo perché con un Fondo Patrimoniale non è vincolabile qualsiasi bene e/o diritto, ma solo beni immobili, beni mobili registrati e titoli di credito nominativi, sul piano soggettivo, perché non può essere costituito da chiunque, ma solo dai soggetti previsti per legge; a termine: il Fondo Patrimoniale, anche se non previsto diversamente, ha sempre una scadenza “naturale”: la morte di uno dei coniugi.
Ne deriva che, tecnicamente, potrebbe sciogliersi anche in tempi molto brevi.
Il Fondo Patrimoniale per la sicurezza del patrimonio: quando e perché sì?
Direi sicuramente sì se in bonis, in presenza di coniugi con figli minori, a tutela anzitutto di un bene di primario interesse quale è l’abitazione di famiglia.
Quando e perché no?
Ovviamente “no” in presenza di azioni esecutive in corso o, comunque, posizioni debitorie già esistenti per le quali fosse intenzione procurarsi tutela. In queste ipotesi l’operazione potrebbe essere agilmente revocata.
Oltre a questa ipotesi, ne andrebbe attentamente valutata la convenienza in presenza di patrimoni particolarmente complessi.
Sono un padre di famiglia, coniugato con due figli. Ho un patrimonio finanziario e immobiliare e un contratto da dipendente. Mi può servire? Sono un libero professionista. Mi può servire?
In entrambi i casi può indubbiamente essere utile allo scopo di proteggere il patrimonio. È evidente che la ragione principale che può spingere una famiglia a costituire un Fondo Patrimoniale (o altra soluzione con effetti tutelanti), è rappresentata dalle insidie riconducibili a eventuali responsabilità professionali.
In quest’ottica è evidente che il libero professionista è costantemente soggetto a una responsabilità professionale che, di riflesso, rappresenta una minaccia per il patrimonio personale e familiare. Da qui è di tutta evidenza la l’opportunità di ricorrere a una strategia di tutela.
Va sottolineato, però, che abbinare il concetto di “rischio patrimoniale” solo alle attività professionali (e/o imprenditoriali) appare oggettivamente riduttivo. Il Fondo Patrimoniale potrà risultare strumento utile a tutelare anche dai più svariati “incidenti di percorso” che coinvolgono la quotidianità delle persone e, quindi, che potrebbero ben riguardare anche il lavoratore dipendente, che magari rischia meno dal punto di vista lavorativo, ma comunque non è esente da tutta una serie di responsabilità civili (es. da circolazione stradale, lesioni personali a terzi, posizioni debitorie personali, debiti di gioco, ecc.).
Sono single. Ha senso anche per me?
Va rimarcato che per un single, più che “non avere senso”, non è adottabile. È uno dei limiti “soggettivi” cui mi riferivo sopra. Per legge, infatti, presupposto indefettibile per la stipula del Fondo Patrimoniale è l’esistenza di una famiglia unita in matrimonio (o di una coppia omosessuale unita civilmente, come introdotta per opera della L. 76/2016, cd. “Legge Cirinnà”).
Sono convivente, divorziato, e ho due figli da un matrimonio precedente. Potrebbe interessarmi?
Anche in questa ipotesi la soluzione Fondo Patrimoniale non potrà essere adottata. Anzitutto il divorzio (diversamente dalla semplice separazione personale tra coniugi) rescinde il vincolo matrimoniale; ne consegue che il Fondo si estingue.
Va sottolineato che se il divorzio intervenisse quando il Fondo fosse già costituito, in presenza di prole lo stesso permarrebbe sino alla maggiore età del figlio più giovane. In queste ipotesi le soluzioni di tutela potrebbero essere individuate in strumenti diversi, quali vincoli di destinazione ex art. 2645 ter c.c., polizze assicurative, trust, affidamento fiduciario.
Devo occuparmi del patrimonio per organizzare la mia successione. In questo caso può venirmi in aiuto?
Il Fondo Patrimoniale viene scelto fondamentalmente in un’ottica di conservazione patrimoniale e, per le sue caratteristiche, non produce effetti mortis causa, in quanto, come sottolineato, si estingue alla morte di uno dei coniugi. Quindi chi costituisce un proprio Fondo Patrimoniale non lo farà in un’ottica prettamente successoria.
Detto questo, va sottolineato che il Fondo Patrimoniale può essere costituito, oltre che dai coniugi, anche a opera di un terzo e, in questo caso, anche con testamento.
Un esempio, quindi, potrebbe essere quello del genitore che vuol pianificare la propria successione tramite testamento, con l’intenzione di destinare un bene immobile al figlio (cosa, direi, frequente). Potrebbe trasferirlo, anziché “libero”, vincolato all’interno di un Fondo Patrimoniale per la famiglia del figlio.
È evidente che in questo caso, nell’atto mortis causa si fonde la misura di tutela.
VINCOLO DI DESTINAZIONE
A cura di Stefano Loconte
Cos’è il Vincolo di Destinazione? Mi dica tre aggettivi che lo definiscono.
Il Vincolo di Destinazione si può definire come un istituto “funzionale” rispetto al perseguimento di determinati obiettivi; “protettivo” rispetto ai beni vincolati e “innovativo” rispetto agli istituti precedentemente utilizzati. Il legislatore, infatti, con la sua introduzione, ha voluto disciplinare un istituto che consentisse la segregazione di determinati beni per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, PA o altri enti o persone fisiche.
Il Vincolo di Destinazione per la sicurezza del patrimonio: quando e perché sì?
Il Vincolo di Destinazione si presta per essere efficacemente utilizzato in tutte quelle fattispecie in cui vi sia necessità di destinare specifici beni mobili e immobili iscritti in pubblici registri alla realizzazione di determinati interessi, quale può essere, ad esempio, la volontà di garantire a un parente disabile la cura e l’assistenza per il momento in cui il proprietario di quel bene avrà cessato di vivere.
Ma, ancora, l’effetto destinatario può essere retto da altre ragioni: si potranno infatti destinare beni propri a favore di un altro soggetto dietro corrispettivo, per spirito di liberalità, per causa di garanzia o ancora per scopi inerenti alla famiglia o all’attività d’impresa.
Quando e perché no?
Il Vincolo di Destinazione non può in alcun modo essere utilizzato per sottrarre beni alla garanzia dei creditori del conferente.
Sono un padre di famiglia, coniugato con due figli. Ho un patrimonio finanziario e immobiliare e un contratto da dipendente. Mi può servire? Sono un libero professionista. Mi può servire?
Il Vincolo di Destinazione si presta sicuramente meno a essere utilizzato da un padre di famiglia con contratto da dipendente; tuttavia, esso può rivelarsi utile se il padre desidera destinare un bene immobile come luogo di cura e sostegno, ad esempio, per uno dei figli con particolare disabilità. Il patrimonio finanziario, invece, non può essere assoggetto al Vincolo di Destinazione.
Quanto ai liberti professionisti, il Vincolo di Destinazione rientra tra gli strumenti di segregazione patrimoniale che possono essere istituiti da costoro ai fini, ad esempio, del soddisfacimento e a beneficio esclusivo dei creditori risultanti dalle scritture contabili o ancora per essere utilizzato come strumento di garanzia nel corso delle procedure fallimentari.
Sono single. Ha senso anche per me?
Sì, il Vincolo di Destinazione ex art. 2645-ter c.c. può essere adeguatamente utilizzato da soggetti non coniugati, proprio in ragione del fatto che il conferente può scegliere di destinare un proprio specifico bene per il perseguimento di scopi di proprio interesse che ritiene essere meritevoli di tutela.
Tale strumento, infatti, si caratterizza proprio per il fatto che può essere costituito anche al di fuori del matrimonio e per uno scopo che con il matrimonio non ha niente a che vedere.
Sono convivente, divorziato, e ho due figli da un matrimonio precedente. Potrebbe interessarmi?
A beneficiare del Vincolo di Destinazione ex art. 2645-ter c.c. è “la famiglia nel suo complesso”, ivi compresa la “famiglia di fatto”, senza per questo dover effettuare specifici riferimenti ai membri attuali e senza che sia necessario ricorrere ad atti di revoca, ovvero di modifica, nel caso in cui il nucleo familiare dovesse cambiare la sua composizione.
Devo occuparmi del patrimonio per organizzare la mia successione. In questo caso può venirmi in aiuto?
Il Vincolo di Destinazione non rientra tra gli strumenti maggiormente utilizzati ai fini della pianificazione successoria, in ragione non soltanto della sua durata limitata nel tempo, ossia novant’anni o comunque la durata della vita della persona fisica beneficiaria, ma anche a causa della scarna disciplina che il legislatore gli ha fino a oggi riservato, e nonostante sia stato accolto da un iniziale entusiasmo da parte degli operatori del settore.
Tale strumento non si rivela particolarmente efficiente, visto che i beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’art. 2195 c.c., solo per debiti contratti per tale scopo.