Oggi voglio condividere con voi una riflessione che, al di là di qualsiasi celebrazione di Halloween, riguarda un altro tipo di “paura” che dovremmo avere: quella dei titoli di stato italiani, noti come BTP.
Paura di cosa? Paura perché? Innanzitutto mi tolgo subito dalla schiera dei cosiddetti “gufi”, quelli che mettono in discussione la stabilità dello Stato italiano. Mi allineo su questo alle considerazioni evidenziate da Roberto Sommella, direttore di MF: credo che l’Italia abbia una storia e una tradizione che meriterebbero un rating più elevato per i suoi titoli di Stato, perché ha sempre pagato i suoi debiti, perché ha una economia dai fondamentali sani e per la qualità del risparmio privato.
Il titolo di Stato è cambiato
Ma perché allora sostengo che bisogna avere paura e di cosa? Bisogna passare dalla ormai obsoleta affermazione: “Tanto lo Stato italiano non fallirà mai”, alla nuova, emergente ammissione che suona così: “Il titolo di Stato italiano non può essere più quello di prima”.
Ci sono infatti almeno tre aspetti che dovrebbero farci riflettere.
- Il primo aspetto riguarda il recente aumento dei rendimenti sui BTP. Facciamo un passo indietro. La Banca Centrale ha deciso di tenere fermi i tassi. Questa notizia è stata vista dai titolari di mutuo e dai risparmiatori come una notizia positiva (“finalmente!”). Peccato che questa notizia ne ha offuscata una più importante riguardante i titoli di stato italiani: l’interesse pagato su titoli a 10 anni ha raggiunto, sfiorato, e superato il 5%. Il prezzo scende perché il titolo è venduto, e quindi l’interesse si alza: lo compro a un prezzo inferiore e quindi riesco a guadagnare di più. Ma questo primo aspetto diventa il motivo del successivo acquisto da parte del risparmiatore, che vede nella discesa del titolo la cosiddetta opportunità di acquisto. E normalmente questa discesa del prezzo viene difesa anche da una schiera di sostenitori del BTP come esito della politica monetaria: dipenderebbe dalle aspettative sui rialzi dei tassi.
- Dal 1° gennaio 2013 sono state inserite nelle emissioni di titoli di Stato, anche italiani dunque, le cosiddette CACs, clausole di azione collettiva, che consentirebbero di modificare le condizioni di rimborso del titolo in maniera vincolante per tutti i possessori del titolo stesso. Inserite in tutte le emissioni dei titoli sovrani europei con durata superiore ad un anno, sono nate dopo la crisi del debito della Grecia e quindi rese obbligatorie dal Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità per tranquillizzare il mercato finanziario. Ma cosa succederebbe se venissero messe in atto? Darebbero la possibilità allo Stato, in questo caso Italiano, di richiedere agli obbligazionisti di accettare o il taglio nominale del titolo, oppure la riduzione delle cedole o ancora l’allungamento delle scadenze. Ecco perché dovremmo prestare la massima attenzione a questo secondo aspetto.
- Ma ancora questo secondo aspetto suona come remoto, come un allarme dei pessimisti (tra cui anche la sottoscritta). Allora voglio insistere con un terzo aspetto, che riguarda proprio il rendimento arrivato al 5%. Come possiamo pensare che questi interessi, che lo Stato italiano dovrebbe erogare ai titolari del titolo decennale, siano sostenibili, soprattutto alla luce del comportamento della BCE? Da tempo infatti, da troppo tempo proprio la BCE compra sempre meno, sostiene dunque sempre meno i nostri titoli, nonostante abbia tenuto fermi i tassi di interesse. Questo dovrebbe farci riflettere, andando a vedere meglio quanto si stia riducendo il famoso PEPP, l’ormai vecchio programma di acquisto dei titoli nato a seguito della pandemia e destinato a estinguersi nel tempo. Tradotto: la BCE va avanti per la sua strada con l’obiettivo unico di ripotare l’inflazione al 2%. Non certo di sostenere i titoli di Stato italiani.
Investire sì, ma nel breve
Abbiamo paura dell’inflazione e abbiamo paura della situazione geopolitica. E di riflesso compriamo i titoli di Stato italiani. Senza avere paura di cosa comporti questa scelta. E allora, se volete proprio acquistare i titoli di stato italiani fatelo bene, se volete un consiglio. Come? Fatelo nel breve. Fatelo almeno scegliendo quelli di cui si può avere un po’ meno paura, a un anno. Solo a un anno, perché le clausole di cui si è detto ora non riguardano i Bot.
Infine, se volete, invece che un consiglio, una vera consulenza finanziaria non dettata da quello che è sempre successo ma da quello che ha modificato la situazione, andate su altro, ben altro. Perché il mercato oggi c’è ed è davvero… diverso e diversificato. Solo così potrete non avere paura (e non solo a Halloween).
Alla prossima!