La Merkel è la Nuova Merkel. Ha tolto l’abito che la vedeva severa e integerrima di fronte a tutte le richieste degli “altri” paesi più deboli.
Vi ricordate l’acronimo Pigs che stava per Portogallo Italia Grecia Spagna… sì, i più deboli, appunto.
Ebbene siamo ancora qui, la Merkel può’ anche cambiare e speriamo che se “la cavi” durante questo weeekend. Ma cosa non è cambiato?
L’Europa è bifronte: i deboli e i forti.
E la debolezza dei deboli esploderà più avanti, quando tutte le elasticità concesse verranno contabilizzate facendo volare il debito.
In quel momento la Merkel cosa potrà fare?
Continua…
Recovery Fund, l’ultimo ostacolo della governance
Oggi il vertice europeo. La Germania preme per chiudere il pacchetto di aiuti entro il fine settimana: Rutte è solo a difendere l’unanimità per la verifica dei piani nazionali di spesa
FRANCOFORTE
La Germania eserciterà tutto il suo peso al Consiglio europeo che inizia oggi, per chiudere il più velocemente possibile un accordo imponente sull’ampio ventaglio di iniziative Ue per la ripresa post-Covid,. Spingendo forte verso un compromesso ambizioso e senza troppe rinunce, che ieri da Berlino sembrava in vista su importi, ripartizione tra sovvenzioni e prestiti, tipi di condizionalità e più lontano invece sulla governance, cioè dall’unanimità al voto con maggioranza qualificata in Consiglio, un punto chiave.
Spetta dunque alla Germania, prima e più di tutti, il compito di sciogliere il nodo più stretto che è quello della posizione intransigente, ma isolata, dell’Olanda, il Paese dei “quattro frugali” molto vicino alla mentalità dei tedeschi rigorosi che vedono la solidarietà coniugata in termini di responsabilità. La posizione degli olandesi, che sarebbero soli a combattere questa battaglia sulla governance, non sembra per adesso volersi schiodare dalla richiesta di mantenere l’unanimità al voto del Consiglio europeo previsto per la verifica dell’utilizzo degli aiuti del Recovery Fund.La proposta del presidente Charles Michel sul pacchetto di interventi per la ripresa consiglia invece la maggioranza qualificata al Consiglio nella revisione nel 2022 di target e utilizzo dei fondi, accogliendo la proposta avanzata dalla Germania. Questo è un passaggio fondamentale per dare certezza all’erogazione piena di sovvenzioni e prestiti, rimuovendo il cammino stretto dell’unanimità a 27. La Germania concorderà con l’Olanda sulla necessità di introdurre una condizionalità forte che assicuri l’uso virtuoso e produttivo dei fondi, ma senza che questo rallenti il flusso del denaro dove e quando e come più serve.
La Germania ha promesso che il suo turno alla presidenza Ue sarà ambizioso e ha alzato volutamente le aspettative, per tenere alto e solenne il momento storico e rendere più fertile il terreno per le svolte epocali negli Stati europei alle prese con una recessione senza precedenti in tempi di pace. Finora di passi da gigante la Germania ne ha fatti, in casa e in Europa, e questa andatura vorrebbe imprimerla agli altri 26 per uscir fuori dalla crisi Covid-19 con un’Europa più forte, più sovrana, più solidale, più moderna, più innovativa, più verde, più digitale.Il governo di grande coalizione di Angela Merkel ha varato nell’arco di poche settimane misure di aiuto e di stimolo da oltre 1.300 miliardi (di cui 800 in garanzie, 50 in helicopter money, 100 per interventi straordinari sulle imprese…). Il Parlamento tedesco ha sospeso il paletto costituzionale del freno al debito, ha dato il via libera alla GroKo per interventi pari a 230 miliardi di nuovo debito pubblico. Sul fronte europeo, la Germania in modalità pandemica è oramai quasi irriconoscibile rispetto ai diktat che l’hanno resa famosa anche nel corso della Grande Crisi e Grande Recessione 2008-2012.Per combattere il coronavirus, un «disastro umanitario», la Germania ha firmato senza battere ciglio la sospensione temporanea del Patto di Stabilità e Crescita e non intende ripristinarlo senza che prima i Paesi e i settori maggiormente colpiti da Covid-19 non siano ben avviati sulla strada della ripresa, grazie anche agli aiuti europei. Un Paese che stenta a riprendersi dall’attuale recessione, per esempio come potrebbe accadere a un’Italia non aiutata, rallenta tutti.
La Germania ha fatto altro. Assieme ad Emmanuel Macron, Angela Merkel ha messo sul piatto uno strumento impensabile fino a qualche mese fa e centrale ora all’impianto degli interventi: 500 miliardi a fondo perduto verso i Paesi più colpiti dalla pandemia e disastrati «senza che ne abbiano alcuna colpa» come ripete spesso la cancelliera. E per questo la Germania ha messo la firma alla prima emissione di bond di debito comune europeo fino a 750 miliardi: anche se è un’iniziativa una tantum, pandemica, è un precedente di portata storica, un mattone sul quale si potrà costruire.Con questo piglio, la cancelliera si siederà oggi al tavolo del Consiglio europeo, scartando compromessi al ribasso per puntare a quello che lei stessa ha definito più volte, da ultimo nella conferenza stampa recente con il premier Giuseppe Conte, un intervento «massiccio» come richiede la crisi pandemica. Berlino ha messo la faccia su 500 miliardi di “grants” e non intende retrocedere su questo punto essenziale: i sussidi dovranno rimanere più elevati dei prestiti, i 310 miliardi della Recovery and resilience facility non si toccano. Chi vuole limare potrà farlo in altri ambiti, sulla solvibilità, su InvestEu.
Seduti attorno allo stesso tavolo, assediati dalla stessa pandemia e angosciati parimenti dalla peggiore recessione in tempi di pace, i 26 capi di Stato e di Governo del Consiglio europeo non sembreranno oggi, agli occhi della negoziatrice Angela Merkel, così diversi dai presidenti-governatori dei 16 Länder tedeschi con i quali la cancelliera si è confrontata continuamente in questa crisi pandemica per trovare soluzioni comuni alla lotta contro il coronavirus.Il federalismo si sarebbe potuto trasformare in un enorme handicap, contro Covid, se i 16 Länder avessero deciso di andare ognuno per la propria strada, e fare ognuno di testa propria, e prendere senza dare. Angela Merkel, che con la gestione della crisi in casa ha riportato i consensi dell’elettorato verso la Cdu dal 27% al 38%, vorrebbe chiudere la sua carriera politica con una pari vittoria europea.
Isabella Bufacchi – Il Sole 24 Ore – 17/07/2020