È a tutti noto il famoso detto ”In Vino Veritas”. Non si arriva però a pensare che nel vino ci possa essere una verità per il cosiddetto Wealth Management. Non si pensa infatti che una bottiglia di vino possa essere anche un prezioso asset di investimento con cui diversificare la gestione del patrimonio per farlo rendere al meglio. E forse di più, nel tempo. Ne parliamo nella terza stagione di Finanza Pop con Gabriele Gorelli, Brand Ambassador di Oeno Group, società internazionale leader nel settore degli investimenti in fine wine.
Gabriele, tu che sei un membro dell’esclusivo club dei Master of Wine, oltre a parlarci della tua professione, puoi spiegare innanzitutto come mai il vino può essere identificato come una vera risorsa di finanza alternativa?
Essere Master of Wine (MW) significa far pare di un’élite globale di 419 persone in possesso del titolo più rispettato nel mondo del vino. Nell’ambiente si conosce la preparazione necessaria e l’oggettiva difficoltà che diventare MW comporta.
La figura del Master of Wine nasce a Londra negli anni ’50 proprio con l’obiettivo di approvvigionare la Gran Bretagna di vini da tutto il mondo.
Per questo motivo si deve avere una grande ampiezza di conoscenze che variano dai territori, alla viticoltura, l’enologia, il controllo qualità, le dinamiche di consumo e le questioni olistiche e culturali.
Questa preparazione risulta molto utile quando si parla di vino come risorsa di finanza alternativa, a patto che abbia alcune caratteristiche. Innanzitutto deve essere comandato da domanda e offerta: la domanda è cresciuta con vigore negli ultimi anni, ponendo una pressione positiva sui prezzi. Poi, serve la produzione limitata: il concetto di “rarità” è alla base del set valoriale di questi vini.
Rarità non solo nei numeri ma anche nella finestra di tempo che rende possibile accedere a certe etichette, al rilascio sul mercato.
Il vino è anche bene di consumo da collezione: il confine tra acquisto e investimento è spesso piacevolmente sfumato. Infine, non si pagano le tasse sul capital gain: legalmente, è considerato un bene deperibile e, di conseguenza, lo scambio occasionale non è tassato.
Bene. Ma il vino, in tale veste, per quale investitore è adatto? Ovvero, come si dice nel gergo dei consulenti finanziari, per quale tipologia di investitore risulta adeguato?
In Oeno vediamo che la demografica degli investitori è molto varia, come anche la loro nazionalità e capacità di spesa. Di certo si identifica un trend che vede giovani e donne crescere stabilmente. Come sa, l’italiano è spesso un po’ risk adverse nei confronti di strumenti non tradizionali.
Le nuove generazioni, dai Millennials in poi, ci stanno dimostrando invece di essere molto più curiose e fiduciose a riguardo. Non solo, si vedono molte situazioni in cui un padre o un nonno/a crea un portfolio di etichette per il proprio figlio o nipote.
In generale si può dire che l’investimento in vino è per chi vuole investire in un asset a basso rischio (si parla di un bene concreto, tangibile, a bassissima volatilità), e buono per diversificare il proprio portfolio d’investimenti tradizionali con un investimento alternativo.
Questo è stato ampiamente dimostrato nei momenti più difficili che hanno accompagnato la finanza tradizionale negli ultimi anni. A un crollo delle Borse – anche a doppia cifra – corrisponde una flessione dell’investimento in vino che, se si verifica, è sempre molto moderata.
Inoltre è un investimento pensato per un ‘hold’ a medio/lungo termine. Il concetto di base è che un vino di qualità (fine wine) al momento del rilascio sul mercato – ovvero quando il suo prezzo è ai minimi – non è ancora nella fase di maturità tale da essere bevuto con piena soddisfazione.
Di conseguenza, all’aumento di maturità e performance gustativa, corrisponde un apprezzamento consistente del vino stesso. I tempi e le dinamiche variano ovviamente da denominazione a denominazione, da etichetta a etichetta, da annata ad annata.
Se dovessi trovarti di fronte un cliente, come capiresti se è quello giusto per questo genere di investimento? Quali domande gli faresti? Noi consulenti finanziari siamo tenuti a identificare un cliente secondo un determinato profilo di rischio attraverso domande ben precise. Nel caso del vino come si procede?
Vedo due grandi filoni in Oeno. Ci sono investitori che sono veri collezionisti e inguaribili wine lover che traggono soddisfazione – prima ancora che per il capital gain – dal fatto di essere riusciti ad accaparrarsi certe etichette.
L’altro filone è quello dell’investitore che si affida totalmente allo staff dei portfolio manager perché alla ricerca di una fonte di income diversificata e non comune.
In generale, direi che le questioni da investigare possono essere le seguenti. Se il cliente è appassionato di vino; se può accedere con almeno il minimo budget (5.000 euro); se investe già in altri asset; che tipo di ritorno annuale e che tipo di rischio/ritorni dei propri investimenti (se già fatti in precedenza) si aspetta.