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Fondi a scadenza: trappola o alternativa?
Sono solo alcuni dei titoli che invadono i media. Basta digitare la parola magica “scadenza” e poi valutare fino a quando si desidera rimandare una scelta, avendo come garanzia l’ulteriore parola d’effetto, l’interesse certificato. Lo scriveva Milano Finanza lo scorso 15 ottobre: Fondi a scadenza, trappola o alternativa? Perché in qualche modo tutta la finanza è stata condizionata da quella che definisco addiction da scadenza con un interesse scritto. E così, sono tornati in grande spolvero anche i fondi a scadenza (vedi MF), come se anche i fondi che per loro natura dovrebbero non avere una scadenza, in quanto gestioni di innumerevoli titoli di differente durata, dovessero adattarsi e prendere in mano la situazione, cambiando la loro natura per attrarre il pubblico degli investitori.
La conclusione? Il tema da mettere al centro di un investimento, e di una consulenza di investimento, sarebbe formulare offerte di prodotto recanti semplicemente opzioni di scadenza e di interesse.
La scadenza è diventata il tema
Attenzione. Non sto dicendo che quando si fa consulenza non sia fondamentale parlare di orizzonte temporale e di rendimento atteso. Tuttavia, e qui preciso il mio pensiero, siamo arrivati a una addiction da scadenza scritta (con l’immancabile interesse certificato).  Ma quando e come è successo? in realtà l’inizio è difficile da individuare (pandemia? Guerra in Ucraina? Rialzo dei tassi?), ma certamente con l’incedere di sempre nuove complessità , si è palesato sempre più quanto sia a rischio non il patrimonio finanziario, piuttosto la consulenza su come si debba investire e di cosa si debba necessariamente  parlare quando si investe. Quasi la scadenza fosse diventata “il tema”, senza se e senza ma. Data l’offerta dei tassi ma soprattutto delle singole e innumerevoli scadenze, una in gara con l’altra, che alla fine l’investitore sceglierebbe per togliersi dalla complessità del presente, “congelandola”. Fino a un domani diverso, più chiaro e trasparente in cui si possa finalmente fare una scelta con consapevolezza.
Quando è successo l’ultima volta? Abbiamo memoria di quando si poteva scegliere, optare per un paese, un titolo, un tema, avendo chiarezza e trasparenza del mercato finanziario? Oggi ormai, in un condizionamento costante, quando si sottoscrive (non lo chiamo scelta) un investimento a scadenza di fatto non si investe, ci si toglie da una situazione da cui si dipende, nella quale esistono innumerevoli spunti, fatti, che guardati uno per uno potrebbero essere singoli temi su cui sarebbe il caso di esporsi con una decisione di investimento. E proprio perché seguire quei singoli tempi determinerebbe un’esposizione al rischio, senza avere chiarezza su termine della scelta e guadagno della stessa, si preferisce non decidere, non scegliere, non optare. In una parola, non investire.
Dipende dalla situazione
La settimana scorsa avevo chiesto sui social: Investimento a scadenza o investimento libero? Ma la vera opzione che si è invece affermata è questa: investo o no? Ascolto, e dunque scelgo i suggerimenti, i temi, le sollecitazioni della situazione o decido, o non decido, rimandando la mia decisione di investimento di anni?
La risposta che è arrivata dai social è: dipende dalla situazione. Ed è in questa risposta che risiede la verità . Il punto è che da tempo da molto tempo non esiste una situazione migliore di un’altra, non esiste un momento senza complessità , in una parola esiste sempre meno il cosiddetto market momentum.
Ma se il mercato è sempre meno trasparente, se non esiste un momento in cui sia meglio scegliere o almeno è sempre di più difficile intercettazione, fissare una scadenza di anni e decidere di riporre lì il patrimonio è la scelta? O piuttosto, senza rinunciare all’idea di avere una scadenza, si può preferire di rimanere sul mercato comprandolo sempre, proprio perché non esiste più un singolo momento in cui è meglio farlo? La traduzione in finanza di questa dinamica di investimento è nota a tutti, ma non è da tutti. Si chiama Pac, Piano di Accumulo di Capitale. Non solo la “terza via”, piuttosto l’unica possibile scelta di investimento.
Come per le serie TV
In fondo per sceglierla abbiamo solo bisogno di riconoscerci in un tempo che ha una caratteristica molto nota a tutti, senza limite di età . Perché oggi viviamo in un’epoca short, a breve termine. Basti pensare a quanto ci piacciono le serie, che affrontano un tema suddividendolo in episodi, in un certo numero di stagioni, invece che proporcelo tutto insieme come in un film.
Ecco, il Pac è proprio questo. In un mondo finanziario in cui la volatilità riguarda azionario e obbligazionario (è finito il tempo della decorrelazione!), e i temi si aggiungono uno dopo l’altro, guidati da eventi che si susseguono senza pausa, investire non può più essere fissare un patrimonio a una data scadenza o decidere per un singolo tema, mettendo lì una parte importante del capitale. Piuttosto, investire è stare nella frammentazione, acquistare tanti temi, iniziando una serie per ciascuno di essi. Un piano con una determinata scadenza, come quella delle stagioni delle serie. E anche qui, è garantito l’effetto addiction, perché quando si sperimenta veramente il Pac e i suoi effetti sul patrimonio, lo si vuole solo reiterare una volta scaduto, e magari aggiungerne altri su altri temi, proprio come accade con le serie. Finita una, andiamo subito alla ricerca di altre dello stesso genere (e per qualcuno diventa una addiction…). Non vi resta dunque che provare il Pac, e decidere di investire. Quanto alle serie, avete già tanto di cui parlare.
Alla prossima!