Delle Banche Centrali oggi potremmo anche non parlare. Vi spiace? Si è già detto che hanno alzato i tassi fin troppo, che questo ha condotto a una sintomatologia recessiva, e che sembrerebbe arrivato il momento di mettere un punto alla dialettica dei due responsabili di queste vicende che tanto hanno condizionato il mercato finanziario, i temutissimi Lagarde e Powell.
Ma diciamocelo, quella sui tassi delle Banche Centrali è solo una delle tante notizie che catturano gli investitori.
La dissuasione delle notizie
Partiamo allora da un’osservazione. Cosa fa l’investitore di questi tempi? Riconosce che il mercato da inizio anno ha mostrato forza, ma ripiega nell’immediato su quello che legge e ascolta, le notizie dominanti. Importanti ma, al loro comparire, già assolutamente… passate. Riguardanti fatti passati. Già accaduti. Ebbene, questo ripiegamento sulla notizia passata, avvenuta, si radica nell’investitore a tal punto da diventare un vero e proprio consiglio (evito di identificarlo con una consulenza) che impedisce la visione di quello stesso mercato finanziario che solo un momento prima aveva riconosciuto nella sua dinamica evoluzione. I fatti, tradotti in notizie, come l’aumento dei tassi e l’evoluzione della politica monetaria, o l’andamento dei dati su settori come l’Intelligenza Artificiale o l’Elettrico legato all’automotive (e mi fermo qui), invece di collegare al mercato finanziario e quindi fungere da inviti all’investimento, diventano fatti da cui essere dissuasi dal prendere decisioni di investimento sino a quando non si avrà chiarezza. Le motivazioni? Nel caso dei tassi perché non è finita, nel caso dell’AI perché è piena di criticità e nel caso dell’Elettrico perché ancora non è diffuso. Continua…
Per quanti si riconoscano in questo atteggiamento, che ovviamente non appartiene a tutti gli investitori (prova ne è l’andamento del mercato finanziario da inizio anno) ma che comunque tocca ancora una gran parte di essi, proviamo a fare una sorta di reset, per non rischiare di non vedere realmente come stiano andando le cose.
Occorre sbloccare lo sguardo
Una premessa di metodo che faccio sempre ai miei clienti. Per cambiare l’approccio all’investimento non bisogna cambiare. Scusate la ripetizione. Bisogna mettere a fuoco le dinamiche che già fanno parte di quello stesso approccio che si ha, per renderlo più efficiente.
La prima considerazione parte dalla consapevolezza dell’aspetto “passato” intrinseco alle notizie. Possiamo allora partire da qui per approfittare di questo suo attaccamento al “passato”, per costringerlo a prendere consapevolezza, nella lettura del suo portafoglio e delle singole asset class, di quanto il dato “passato”, avvenuto, accaduto nelle valutazioni nei prezzi sia effettivamente il dato reale cui fare riferimento per prendere alcune decisioni di investimento. Nel portafoglio l’investitore guarda sempre solo plus e minus, guadagno e perdita dal valore d’acquisto, invece della valutazione dei singoli asset che ha in portafoglio dalla fine dell’anno precedente e nello stesso periodo dell’anno precedente. Incredibile come questo sguardo al passato sia proprio quello che gli è deficitario nella valutazione dei singoli asset nel portafoglio.
Secondo passaggio. Assodato questo blocco dello sguardo, come si fa ad uscirne? Cosa bisogna guardare nel portafoglio per fare le corrette valutazioni di investimento? Bisogna guardare come si muovono i singoli asset (obbligazionari e azionari) dalla fine dell’anno precedente per capire quali stanno contribuendo al rimbalzo del mercato. E un momento dopo bisogna recuperare le valutazioni, ossia i prezzi, di quegli stessi asset nello stesso periodo dell’anno precedente. Un recupero indispensabile, soprattutto se l’anno precedente è stato il 2022. Sembrerà banale ma non lo è per nulla, perché l’investitore continua a pensare che l’unico dato interessante sia quanto sta ancora perdendo o se sta guadagnando, azzerando l’osservazione dei prezzi cambiati a seguito di eventi ben noti un anno prima e dalla fine dell’anno precedente. Osservazione che, nel primo caso, lo porterebbe a prendere in considerazione quanto alcune tipologie di asset siano da acquistare, come quelle obbligazionarie, e nel secondo gli confermerebbe quanto, grazie a scelte anche azionarie, questo abbia fatto la differenza e abbia potuto recuperare nell’anno corrente.
Il nodo del tempo
E qui arriviamo al terzo passaggio. Perché se nel prendere atto delle notizie l’investitore accetta che il tempo sia necessario perché si sistemino le cose, questa sua ragionevole presa di coscienza non brilla altrettanto nella consapevolezza della dinamica che appartiene a qualsiasi investimento. Anche qui si dovrebbe far riflettere l’investitore su questa sorta di incoerenza. Come si fa a riconoscere con disinvoltura che i tassi richiedano tempo per sistemarsi, così come per vedere l’AI a regime e l’Elettrico evoluto, e nello stesso momento non riuscire a riconoscere che il tempo sia indispensabile per un portafoglio caduto nelle valutazioni di tutte le asset class con picchi del 20% per la parte bond e fino al 70% per la parte equity, e che dunque proprio quella stessa premessa del tempo debba essere anche qui accettata incondizionatamente?
Qui è doverosa, tuttavia, una precisazione che rientra nella professione che svolgo e che mi ha sollecitato un nuovo cliente che ho avuto il piacere di incontrare settimana scorsa. La sua era forse un’accettazione troppo incondizionata del tempo dell’investimento, più simile a una sorta di rassegnazione, quando mi ha detto: «Per i fondi lo so, devo aspettare 7/8 anni…». Be’, forse non dobbiamo lasciarci andare a queste misure temporali o affidarci troppo a chi potrebbe avercele consegnate. Il tempo è sempre una misura seria. Va calibrato e pesato, sulle singole asset class. E allora, potrebbe essere necessario sì, ma non troppo.
Alla prossima!