La lezione offerta dalla splendida Barbara Streisand nel film L’amore ha due facce riguarda, appunto, l’amore. Quello che da sempre rappresenta nella letteratura e nella psicologia (e ovunque e comunque) il punto di ritorno per la persona.
Al punto da trascinare l’esilarante lezione della professoressa alla conclusione che, per quanto sia inesorabilmente connesso con una profonda sofferenza (non indaghiamo oltre), alla fine come lei stessa conclude, «finché l’amore dura… non c’è niente di meglio».
Mi perdonerete se ancora una volta il cinema è per me fonte di ispirazione, ma la correlazione questa volta può sembrare fatale tra l’irrinunciabilità dell’amore e l’incapacità di dire no all’investimento, per quanto in entrambi i casi si sia poi trascinati, ogni volta, in una dimensione di continuo tormento.
Si è vero, non esageriamo con il paragone, ma permettetemi per un attimo, approfittando del mese della consulenza finanziaria, di addentrarmi su un punto, tutt’altro che scontato.
Perché continuano a farlo?
Da sempre infatti si continua a distinguere tra chi è propenso e chi è più o meno avverso al rischio. E ancora, tra chi sia più orientato alle obbligazioni o alle azioni (magari senza conoscere la reale differenza, che spesso non c’è, come si è osservato proprio quest’anno sotto l’aspetto della volatilità).
E infine, senza dilungarmi troppo, seppure i panorami sarebbero i più diversi, tra chi preferisce i fondi e chi invece sceglie di andare direttamente sul mercato approfittando dei momenti per acquistare singoli titoli (spesso senza reali capacità di market timing).
Ma cosa accomuna tutti questi profili seriali nel comportamento finanziario? Qui potremmo avere la stessa enfasi di Streisand davanti ai suoi studenti su tutt’altro tema: in fondo, benché si tratti di approcci differenti, tutti quanti alla fine scelgono di investire, e ogni volta di investire, perché «finché dura… non c’è niente di meglio».
Certo non possiamo paragonare questa sensazione con le reazioni suscitate dal sentimento amoroso in chi improvvisamente lo prova, così come non potremmo parlare di pozioni fatali o della filarmonica in testa (guardate la lezione, gli esempi sono davvero iconici).
Ma possiamo essere certi che per quanto ogni volta si ricada nella sofferenza per avere investito, per essere ricaduti nella stessa esperienza, come tanti investitori di questi tempi fanno, per quanto sia vero tutto questo, costoro sono gli stessi che ogni volta ri-scelgono di farlo, ri-sentono il bisogno di farlo.
E senza che questa esperienza sia motivata solamente dal non vedere, altrimenti, maturare il proprio capitale nel tempo. Piuttosto, la ragione di una esperienza che si continua a fare, nel tempo, dentro tutte le sofferenze che spesso comporta, si ritrova nell’esperienza stessa del farlo.
Finché dura, ossia, finché l’investimento va, si osserva funzionare, finché il capitale si rivaluta giorno dopo giorno, non c’è davvero niente di meglio, per l’investitore.
Non esiste eccezione per il rischio
Peccato che, e qui si arriva alla più profonda sintonia con la figura con cui ho esordito, quella dell’amante, proprio in questa sua perseverante attitudine all’investimento, ricominciando ogni volta, l’investitore dimentichi che così facendo debba anche accettarne la componente che non può che rendere quella stessa esperienza turbolenta, coinvolta in possibili patimenti, se non sconvolgimenti.
Una componente che si fa sempre più fatica, anzi, si farà sempre più fatica a nominare di qui in avanti. Si chiama rischio, rischio dell’investimento.
Nessun amante potrebbe reiterare l’esperienza dell’amore, se pensasse all’inevitabile patimento che quella stessa porterà nel tempo, per la sua stessa natura. Esattamente nello stesso modo, anche se in questo caso non possiamo parlare di medesime emozioni o trascinamenti, l’investitore eviterebbe di reiterare la stessa esperienza se in quel momento valutasse veramente la componente insita nella stessa natura dell’investimento, cioè il rischio.
E qui è doveroso fermarsi. Proprio perché inizia il mese della consulenza finanziaria, e se vogliamo veramente parlare lungo tutto questo mese, di consulenza finanziaria. Non esiste eccezione per il rischio. Se si investe si rischia, e se si rischia vuol dire che si accetta di investire.
Il compito della consulenza finanziaria non sarà mai quello di attutire o addirittura annullare questa esperienza, come spesso si è portati a pensare. Perché l’investitore spesso si lascia andare a considerazioni di questo genere: «Me lo ha consigliato lei, io non volevo rischiare».
Questa è una affermazione che denota una negazione dell’esperienza che si è accettato di fare. La responsabilità della consulenza finanziaria non potrà mai essere quella di azzerare l’esperienza dell’investimento.
Dovrà essere invece sempre di più quella di spiegare in cosa consista, sempre, il rischio dell’investimento. Per tutte le scelte che si possano fare.
Mai più una scelta senza criteri
Si leggono, soprattutto quest’anno, reazioni via messaggio, o dalla viva voce dei clienti.
Guarda caso quelle più emotive (che hanno coinvolto anche i più preparati, o educati), quelle più forti nascono da coloro che credono che l’investimento sia una esperienza irrinunciabile ma continuano, ancora oggi, a pensare che vi siano investimenti che di rischio non ne abbiano, e quindi non possano costringere a sopportare troppa sofferenza.
Che esistano insomma investimenti senza rischio solo perché dichiarano una cedola e una scadenza.
Ma forse anche questi investimenti con scadenze certe, sui quali con i tempi che corrono si sta facendo strada una maggiore chiarezza di quale sia l’affidabilità (o inaffidabilità) del sottostante ad essi sotteso piuttosto che del loro emittente – è opportuno vengano inseriti nella più generale esperienza dell’investimento inesorabilmente connessa con l’esperienza del rischio.
Non notare, infatti, che il rischio quest’anno ha davvero coinvolto tutti gli asset è davvero difficile.
E tuttavia, allo stesso tempo non si può non considerare come proprio la componente rischiosa possa essere, se accompagnata e supportata dalle coerenti spiegazioni di cui davvero la consulenza finanziaria deve continuare ad essere la protagonista, il tratto distintivo di una esperienza da fare, a cui non si può e non si deve rinunciare.
Con una sola accortezza, e qui il tratto distintivo riemerge, rispetto alla poco razionale vicenda di Cupido: che oggi più che mai non può essere una scelta senza criteri, senza riferimenti, ma deve essere ragionata dentro un confronto, un dialogo.
Questo è il vero senso della consulenza finanziaria che da sempre si distingue dalla mera proposizione di prodotti. Almeno per quanto mi riguarda, ma penso che la platea dei colleghi sia dello stesso avviso.
Alla prossima!