La Cina in portafoglio: pessimismo, ottimismo o realismo?
Una analisi della nota casa di gestione Carmignac promuove Pechino, in un periodo in cui tanti invece se ne allontanano. Attenzione però a non dimenticare alcuni aspetti opachi che consigliano prudenza
“A tutti piace disdegnare la Cina in questi giorni”, ha analizzato Edouard Carmignac. “È vero che hanno avuto alcuni problemi di governance l’anno scorso, ma nel 2020 è stata una delle aree del mondo che ci ha favorito di più. E quest’anno si prepara ad essere uno dei migliori mercati”, ha affermato. E le lodi non si sono fermate qui. “La Cina si è mossa prima di noi, con una politica monetaria più accomodante, più attiva nel sostegno fiscale alla crescita”, ha sottolineato.
Il capo economista Raphaël Gallardo ha poi approfondito l’idea. “La Cina guiderà di nuovo il ciclo economico nel 2022. Hanno già iniziato a rendere la loro politica monetaria più accomodante, e questo aiuterà la crescita globale nel terzo trimestre”, dice. “Ecco perché siamo più ottimisti”, ha affermato.
Intendiamoci innanzitutto sul significato di ottimismo e sul suo contrario.
Ottimista per me è chi pensa sempre al bicchiere mezzo pieno, e che ci sia sempre una possibile versione positiva delle circostanze difficili.
Pessimista, al contrario, è chi vede sempre il negativo, anche dove non c’è.
Fatta questa doverosa premessa di semantica, che non ha niente a che fare con l’essere precisini ma semplicemente con il partire con il dare il nome alle cose, mi colpisce che Edouard Carmignac, il noto fondatore della casa di investimenti francese che è totalmente di proprietà dei suoi dipendenti, inserisca il tema della Cina in questo dibattito tra due opposti, parlando di “ottimismo per la Cina”.
Capiamoci.
Che la Cina non vada disdegnata (come ben sostiene monsieur Carmignac), pensando a tutte le tematiche (per non parlare di problematiche, oserei dire complessità, se mi consentite) cui negli ultimi anni è stata collegata (e gli spunti non mancano davvero), certo che dico: sì, sono d’accordo.
E questo vale innanzitutto come punto di partenza di una consulenza completa sugli investimenti, che deve tenere conto dell’economia internazionale o, comunque, di come si muove il mercato a livello globale, per essere esaustiva. Aggiungerei che non tenere conto della Cina smette di aver senso laddove l’età dell’investitore sia congrua con la tolleranza al rischio che comporta investire in questo Paese.
Ma ecco il punto che l’articolo non scevera affatto, e che invece rappresenta non il motivo di un pessimismo ma di una “reticenza finanziaria” (va bene se dico così), rispetto alla scelta di dedicare parte del patrimonio a questo Paese. In che cosa consiste il rischio dell’investimento in Cina?
È vero che nel pezzo citato si arriva a considerare i cosiddetti “ostacoli da superare” per il Dragone, che il capo economista della casa di gestione di patrimoni non evita di elencare (e li individua in tre fenomeni: la strategia zero contagi, la riduzione delle dimensioni del mercato immobiliare e la fiducia nelle esportazioni, si vada all’articolo per approfondimenti).
Tuttavia, il punto su cui ritengo occorra soffermarsi quando si parla di Cina nel portafoglio non è, salvo mio errore, neppure suggerito.
Usciamo dal bipolarismo stigmatizzato dal patron di Carmignac ed entriamo nella comprensione di un investimento che oggi più che mai deve essere realista e sostenibile.Anzi, realista e quindi sostenibile.
Sotto questo aspetto, l’investitore può certo guardare alla Cina e addirittura speculare su valori/prezzi di sicuro interesse rispetto ai competitor americani, ad esempio. Ma non dovrà mai smettere di pensare alle ragioni per cui quegli stessi valori/prezzi di mercato siano così potenzialmente appaganti nel lungo periodo rispetto ai concorrenti, in quanto a oggi molto più convenienti. Non dovrà mai smetter di tenere a mente le politiche, anzi no, “la” politica, non quella solo monetaria citata nell’intervista, ma piuttosto quella globale, generale, assoluta, che corrisponde al pensiero dominante in quel grande Paese, da cui dipendono scelte che inesorabilmente finiscono e finiranno sempre per determinare il mercato finanziario.
Esempi? Un figlio o più? Decisione “governativa” se non ideologica, a questo punto, presa in tempi recenti da Pechino: più di uno, grazie! Peccato che non si possano cambiare gli effetti che ha portato, socialmente ed economicamente, aver vietato agli abitanti di quel Paese di avere più di un figlio.
Ancora. Educazione?
Importante per il miglioramento della qualità del vivere della classe media e, ancora un volta, delle generazioni future. Peccato che poi questo voglia dire mettere limiti e vincoli a un mercato che potrebbe essere dannoso (sic docet il governo cinese) per le menti dei ragazzi. E neppure si può evitare di considerare cosa questi vincoli abbiano fatto al mercato finanziario in questi mesi.
Quindi.
Potrà essere realista, e dunque sostenibile, un investimento in Cina? Per non escludere la crescita del Dragone come quota del potenziale del portafoglio, certo che possiamo considerarlo e tenerlo nelle opportune percentuali.
Ma ricordiamoci sempre, oltre a quanto già detto, che anche di Jack Ma, il famoso fondatore del colosso Alibaba non si sa più nulla da tempo, e proprio qualche giorno fa si è remotamente alluso a questo imprenditore, il primo proveniente dalla Repubblica Popolare a comparire sulla copertina di Forbes, stigmatizzando nientemeno che un ulteriore caso di invadenza della politica del Dragone. Su un pezzo di Avvenire del 22 gennaio scorso si legge:
“La vita politica cinese è attraversata da veri e propri «cicli di epurazione»…. Nel 2018 Xi ha lanciato la campagna anti corruzione scandita dallo slogan “Saohei chu’e”, che significa «spazzare il marcio ed eliminare il male»
Così è se vi pare…
ottimismo per la Cina con un sano e giustificato realismo, improntato alla sostenibilità.
Spopola la serie su Wanna Marchi, l'ex regina delle televendite. E già qualcuno l'ha paragonata a un'altra regina che "vende" subito sui mercati, la criptovaluta. Ma allora come ora, attenti all'inganno...
Eccoci davanti ad una domanda cui forse oggi occorre che si risponda. Senza giri di parole. Perché troppi investitori sono inamovibili nelle loro convinzioni... anche se il mondo ormai le mette in discussione
Due operai al lavoro: uno accumula terra, l'altro la toglie dallo stesso mucchio. Ecco cosa produce l'inflazione sui soldi lasciati sul conto corrente. Perché l'investitore non lo capisce?
Nonostante siano molti a decretarne la fine, i criteri di sostenibilità non sono da abbandonare. Perché oggi in Borsa non bisogna guardare tanto al cosa, ma al come si investe