Zona Franca oggi incontra Massimo Scolari, Presidente di Ascofind, Associazione che riunisce le società di consulenza finanziaria indipendenti, iscritte all’Albo dei consulenti finanziari.
Il tema di oggi è: temi e comportamenti nella nuova era post Covid. Inizio proprio con il chiederle: cosa ne pensa di questo tema?
C’è il rischio di dire le stesse cose di sempre?
Distinguerei in due fasi: la prima è stata caratterizzata da un grande shock: la principale preoccupazione era preservare la salute e la sopravvivenza.
La seconda è invece una specie di “new normal”, la vita continua in presenza di questa maledetta pandemia.
Piano piano, ci si adatta a nuove abitudini e quindi a nuovi tipi di relazioni, anche con il proprio consulente finanziario.
Non pensa che quanto è successo abbia provocato una rivoluzione nel comportamento del consulente finanziario?
E laddove questo non è successo, pensa che sia accettabile?
Nella prima fase il lavoro prevalente del consulente è stato quello di rassicurare il cliente ed evitare comportamenti dettati dall’emotività e dalla paura.
Nella nuova fase occorre comprendere cosa è cambiato nella vita e nelle prospettive del cliente e intraprendere un nuovo percorso. Ma siamo all’inizio.
Parliamo di Hedge Fund. È possibile dare una connotazione positiva a questi strumenti un po’ demonizzati nel mercato finanziario?
Esiste secondo lei una differenza tra strumenti positivi e strumenti negativi, o il punto è un altro?
Il punto è che la parola “hedge” in inglese significa copertura e, nel contesto specifico, copertura dei rischi.
Un buon hedge fund copre i rischi che non vuole correre e si espone a quelli sui quali ha forti convinzioni. Non c’è nulla di “speculativo” in tutto questo.
Uno sguardo al questionario Mifid. Lei come lo modificherebbe? O è completo così?
Questionario Mifid. È curioso osservare che nella Direttiva Mifid, nelle migliaia di articoli che la compongono, la parola “questionario” non è mai contemplata.
Il questionario è uno strumento, non l’unico possibile, per adempiere agli obblighi di protezione dell’investitore. Ma la pigrizia spesso prende il sopravvento.
Forse sarebbe meglio azzerare tutto e ricominciare dall’inizio.
Le racconto un episodio (vero). Un consulente “legge” a un cliente il questionario Mifid ma poi, a seguito delle risposte del cliente stesso, si blocca, e pur avendo a disposizione un patrimonio non può procedere con una proposta. Secondo lei cosa vuol dire fare consulenza finanziaria a partire dal questionario Mifid?
Questo è un episodio che dimostra che a volte il questionario Mifid funziona bene.
Consiglierei a quel consulente di mettere da parte le proposte di investimento preconfezionate e di approfondire invece le reali esigenze, i bisogni e le aspettative del suo cliente.
Magari ci vuole tempo e pazienza ma il lavoro del consulente finanziario è questo. Cioè prima fornire la consulenza alle persone poi, magari, ai suoi soldi.
Cosa vuol dire essere “indipendenti” nell’erogare un servizio di consulenza finanziaria? Pensa che l’essere indipendente sia caratteristica esclusiva di una categoria di consulenti o è una dimensione di maturità?
Credo di sapere quale risposta si attende da me. Guelfi contro Ghibellini. Io non la penso così.
A dire il vero, la parola “indipendente”, che si traduce con “non dipendente”, implica una negazione.
Personalmente preferisco la parola “libertà”, cioè essere liberi da condizionamenti e soprattutto dai propri pregiudizi, che sono ancora più pericolosi.
Si sbilanci: tre consigli al Consulente Finanziario di oggi, quello post Covid. Sono diversi da quelli che avrebbe dato prima della pandemia?
Nella comunità scientifica degli psicologi negli Stati Uniti si assiste ad un interessante dibattito sugli effetti dell’unsolicited advice, ossia il consiglio non richiesto.
Alcuni ritengono che sia una delle cause di generazione di stress e di insicurezza, aggiungendo più problemi rispetto a quelli che risolve.
Mi sentirei di raccomandare al consulente di creare, nella relazione con il cliente, le condizioni nelle quali sia il cliente stesso a chiedere un consiglio. Apprezzerà di più il lavoro del consulente.
Il secondo consiglio riguarda l’educazione finanziaria dei clienti. È insufficiente, lo sappiamo, ma forse meno di quello che si pensa.
A volte si tratta solo del fatto che il cliente non parla la nostra lingua (che tra l’altro non è così attraente).
Quindi, abbandonare i tecnicismi e sforzarsi di esprimere i concetti in modo semplice.
Terzo consiglio: non dimenticare i primi due.