Qual è il vostro perché?
Amore, tempo, morte: questi tre concetti collegano ogni singolo essere umano sulla terra.
Ogni cosa che vogliamo, ogni cosa che abbiamo paura di non avere, ogni cosa che alla fine decidiamo di comprare è motivata, a conti fatti, dal fatto che desideriamo l’amore, vorremmo avere più tempo e temiamo la fine delle cose.
Chissà perché, invece, l’investitore è cercato (quando non è già nostro cliente), seguito (quando lo diventa), e ascoltato senza minimamente pensare ai cosidetti “why”: la definizione è di un interessantissimo articolo (a pagamento) pubblicato il 13 gennaio su ETicaNews, Purpose, l’importanza di partire dal “why”, sull’importanza di partire dal why nella strategia aziendale, accanto ai concetti ormai quasi obsoleti di Values, Vision e Mission (chi volesse approfondire può scaricare liberamente la ricerca di cui parla l’articolo qui). Gli “why” sono i perché che «collegano ogni singolo essere umano di fronte a qualsiasi azione», qualsiasi. Figuriamoci la decisione di investire, di fare una scelta sul patrimonio.
Ebbene, se ci mettessimo nell’ottica delle domande che radicalmente muovono i nostri clienti, forse ci apriremmo una strada maestra.
Quello che sta capitando in questo inizio d’anno è una declinazione sovrabbondante di previsioni sul mercato finanziario, cui fa da drammatico contraltare il gennaio del nostro scontento (allusione al favoloso Steinbeck….) dal punto di vista di quello che si può fare (poco, pochissimo) e che non si può fare (troppo).
Ecco il punto: realisticamente parlando, si sta creando una situazione di stasi allenata, esacerbata di settimana in settimana dai toni delle comunicazioni sulle nuove decisioni di chiusura, che nascostamente si traducono anche nella mentalità dell’investitore.
Ho scritto che Se succede, noi (consulenti) ci siamo, sempre, e si può fare poco, questo porta l’investitore a non mettere a fuoco, dal punto di vista finanziario, l’anno che è appena iniziato. Frasi come «è tutto troppo alto», «sentiamoci alla fine del mese», le conosciamo tutti.
Eppure, partendo dai “why”, forse c’è spazio.
Incontrando un cliente mi è successa una cosa incredibile.
Non dico di aver messo in pratica la logica di Will Smith, ma ci sono andata vicina e poi… come spesso mi accade, mi è venuta in mente proprio quella bellissima scena di Collateral Beauty che vi ho riportato all’inizio.
Senza andare troppo sopra le righe, desideriamo l’amore, vorremmo avere più tempo, sentiamo la fine delle cose. Ed ecco il dialogo che non avremmo immaginato: «Ebbene, signor Rossi (nome di fantasia ovviamente), guardando al portafoglio che abbiamo fatto crescere nel tempo, e che è “esploso” nel 2020, perché non andare oltre? Mi vuol dire che lei sarebbe soddisfatto nel vedere da qui a tre mesi (non è una previsione…) una crescita del mercato di cui lei potrebbe non avere approfittato?».
Sono uscita dall’abito standard del consulente vintage che parla solo di bilanciamento di portafoglio? Risposta: sì. Me ne sono pentita? Risposta: no. Avevo fatto lo stesso a gennaio dell’anno scorso quando ancora nessuno poteva immaginare cosa sarebbe caduto (uso questo verbo e lasciatemelo usare, perché “accaduto” non rende l’idea) sul mondo? Risposta: sì. E poi me ne sono pentita? Risposta: NO!
Quello che muove verso la decisione, in qualsiasi azione, e a maggior ragione nella decisione di investire è innanzitutto il desiderio di grandezza (non ricorro alla parola amore…) che tutti, ma proprio tutti i clienti hanno, se possiedono patrimonio. Pertanto, perché non far loro capire che benché quello che vedono “fuori” è chiusura, impossibilità di fare, riduzione delle possibilità di agire, questo non deve e non può essere un motivo per non scegliere, non agire sul portafoglio?
E qui vi voglio. Come la mettiamo con la “terza questione che muove”, la paura della fine delle cose?
Questa sì che è tosta. E come è vera, nel mondo della consulenza. Dopo il momento di entusiasmo nel mostrare ai nostri clienti quegli strumenti, o meglio, quei settori (ne parleremo…), quei paesi, quei titoli su cui è troppo bello quest’anno puntare (non uso appositamente la parola scommettere), cala il sipario e arriva l’obiezione: «Ma se dovesse cadere tutto?», il signor Rossi mi ferma, «se il mercato andasse giù di nuovo?
Se questa “festa” del mercato finanziario che nulla sposa della realtà, dovesse svoltare o, meglio, fare quella doppia involuzione da tanti annunciata? Non si ricorda Pinturo cosa è accaduto quest’anno?».
Ecco, appunto. «È la prova schiacciante di come fermarsi, fare lockdown sul patrimonio non sia da fare, signor Rossi. Non so se ricorda, quando tutto stava cadendo, quante volte ci siamo sentiti? Ricorda le azioni che abbiamo messo a punto per “fare la differenza”? Lei teme che le valutazioni scendano e che quindi la scelta di oggi potrebbe non essere corretta? Non le posso dare torto.
Ma la vuole sapere una cosa? La differenza si fa perché si sceglie, e noi siamo qui per agire scegliendo dove raccogliere valore, non ad aspettare – come si è costretti a fare “fuori” – che i negozi aprano, che le palestre tornino a funzionare che i ristoranti riaccolgano i clienti».
E ora ci siamo, signor Rossi. Lei però mi deve dare tempo…
Qual era il secondo motore evidenziato dal geniale Will Smith?
Vorremmo avere più tempo.
Ecco, questa è l’unica cosa che dobbiamo chiedere ai clienti, e che loro spontaneamente non ci danno.
La difficoltà è far capire che per far accadere tutto occorre tempo.
Anche se attenzione, perché qui qualcosa è cambiato. La sensazione che gli investitori hanno, specie se non più giovani, è di non avere abbastanza tempo per vedere i risultati. E questo è uno dei blocchi che può portare l’investitore a non fare nulla, attendendo che la realtà di fuori ritorni “normale”. In questo caso noi consulenti ci sentiamo con le spalle al muro e così rischiamo di assecondare questo dolce far niente, quasi sapessimo identificare il momento in cui invece sarà il caso di iniziare.
E invece dimentichiamo di prendere spunto proprio da quello che è accaduto e che ha stravolto l’immagine standard dell’andamento del mercato.
Quotazioni vertiginosamente cadute e altrettanto vertiginosamente risalite in pochissimo tempo. Pochissimo davvero. Non capisco perché la realtà racconti qualcosa da cui si esita a prendere spunto. «Signor Rossi le dico solo una cosa. Lei teme che le manchi il tempo per vedere accadere le cose e non si fida che la dimensione di certi risultati possa avere ulteriori sviluppi in poco tempo. Ebbene, io non le do torto, e il mio lavoro non è fare previsioni; ma se lei ha desiderio di risultati e si è entusiasmato nel vedere accadere nel suo portafoglio quello che ha visto, si ricordi solo in quanto tempo è successo.
Non mi chieda di trasformare questo in una previsione, ma non si privi di questa nuova occasione.
Non è forse questo il bello dell’investimento? Desiderare la grandezza non avendo paura della fine di un trend, o meglio guardare all’inizio di nuovi trend, credendo nella possibilità che quello che deve accadere possa concretizzarsi in un tempo che lei potrà vedere?».
«Come sempre, Pinturo», conclude il signor Rossi, «io entro con un’idea ed esco con un’altra con lei…».
Auguro a tutti di vivere la stessa esperienza e… guardatevi il film per intero, mi raccomando
Alla prossima!