Tenete a mente questa scena per un attimo
Vi è mai capitato, dopo aver firmato un qualsiasi contratto, di trovarvi a distanza di tempo in una situazione che in sede di firma, la fatidica firma, non era stata minimamente contemplata come eventualità, guarda caso per favorire o assecondare, una rapida e agevole evoluzione della trattativa? Lo so.
Sto entrando in un campo minato, ma voglio farlo. Perché si dice sempre che «è troppo lungo da leggere», quel contratto, è così si va sulla fiducia di chi ce lo ha proposto.
Tutto normale. Ripeto sempre a me stessa che sono io stessa la prima a cascarci. Sebbene sia proprio io a dire, e lo confermo, che non potremmo stare al mondo senza avere fiducia, avere fede, che quello che ci viene detto sia vero.
Torniamo ora alla scena sopra
La fiducia, emblematicamente lì rappresentata dal famoso film Le Conseguenze dell’amore (che io come al solito ho preso in prestito perché qui mi interessano le conseguenze invece della consulenza finanziaria) non è proprio quella che intendo qui mettere a tema volutamente, in modo provocatorio.
Anzi, insisto nell’evidenziare che in questa scena la fiducia è utilizzata, per non dire sfibrata nel suo senso più lontano e allo stesso tempo utilitaristicamente opportunistico nel comportamento tutt’altro che positivo dell’imperturbabile cliente.
Al punto da mettere in seria difficoltà il povero dirigente della sfortunata banca che, nel conteggio dei soldi da versare per il millantato prestigioso cliente, si rende conto del gravoso ammanco ed è costretto, per non tradire la sua “fiducia”, ad assecondare l’escamotage della sua geniale collega per ricomporre l’equilibrio della relazione messa in crisi per l’episodio.
Scoprirete voi, se avrete voglia di guardare la pellicola, di chi sia veramente la “colpa” e saprete giudicare voi stessi se la fiducia rivendicata da quel cliente sia la vera fiducia. Io non la intendo così.
Ma se non è questa, la fiducia che il cliente dovrebbe riporre, è importante al tempo stesso trovarne l’aspetto distintivo, che la distingue da quella che sembrerebbe tale e che invece, come conseguenza della consulenza finanziaria, è davvero diversa, deve essere diversa, da una situazione di garanzia…
A me è ri-capitato, quest’estate, un episodio che mi ha riproposto la questione
Oggetto: un contratto di leasing che per sua essenza si identifica con “servizio” oltre che con una formula di finanziamento (non mi soffermo).
Si sceglie per evitare di pensare alle singole evenienze e delegare/spostare tutte le casistiche che dovessero mai subentrare sul partner scelto (e di solito per questo si cerca di scegliere il partner giusto… come sempre). Peccato che proprio nel contratto mancava la manutenzione… come dire, il servizio!
Quasi io avessi deciso di sottoscriverlo scegliendo solo un’auto. Lasciamo stare come ho gestito la situazione.
Quello che mi interessa riguarda invece un confronto che mi è venuto in mente proprio con la consulenza finanziaria, che rappresenta il contratto per il quale e in ragione del quale la fiducia è davvero quasi tutto. Infatti si dice e si legge spesso questa affermazione, vivacissima anche nella cartellonistica pubblicitaria sulla nostra professione: il cliente si affida a un consulente finanziario.
Ora immaginiamo (non troppo remotamente direi) se in occasione di un evento come quello che stiamo attendendo (il rialzo dei tassi) e già vivendo a momenti (come esito nel movimento degli indici azionari non meno che dei rendimenti dei bond) un cliente vedesse deprezzarsi uno strumento finanziario che pure gli era stato venduto ad hoc, appositamente per affrontare il periodo. Il nuovo periodo.
So che in qualche modo sto filmando una scena che accadrà sicuramente, se non già accaduta, visto che può capitare che certe nostre scelte in consulenza siano fatte a ragion veduta sentendo già quello che sta per accadere e che ancora sta facendosi attendere, e che pure già si legge e che tuttavia essendo un po’ in ritardo (diciamo così..) non può far vedere esiti, perché gli strumenti scelti si muoveranno in risposta a eventi che ancora non ci sono.
Ebbene, potrebbe capitare che si ricevano clienti che si esprimano con frasi del tipo «come mai non va? Lei mi aveva detto che era coerente… che sarebbe stato opportuno…» o ancora «ecco, non abbiamo venduto tutto l’equity e ora non ho più i guadagni di prima… lo sapevo che dovevo seguire il mio istinto» per arrivare alla fine alla frase d’effetto che noi consulenti conosciamo bene: «Non avrei dovuto fidarmi, avrei dovuto fare di testa mia».
Non continuo, ce ne sarebbero esperienze da raccontare
Il punto qui è che si fa confusione tra fiducia e garanzia. Ed è bene dirselo. Anche se non sarà mai una volta per tutte.
Perché il venditore che a me non aveva detto che la manutenzione non era compresa nel mio contratto, di fatto non mi ha messo nelle condizioni di scegliere il servizio giusto, e questo mi ha impedito di essere garantita nel risultato atteso (porto l’auto e non ci penso).
Invece il consulente finanziario, se anche presentasse in modo completo la sua proposta (il che è auspicabile nella nostra professione) non metterebbe mail il cliente in una condizione di garanzia del risultato.
Perché questo non è possibile
Ecco che alla domanda anch’essa classicamente nota – «lei mi assicura/garantisce che scegliendo questi strumenti non ci dovrò pensare in quanto c’è lei (quasi dicesse…pago già la rata del contratto)?» – il cliente vorrebbe tanto trovare e trovarsi proprio in questa situazione garantista ma ahimè non è del nostro mondo, non è della nostra professione.
E forse, più saremo trasparenti e costanti nel riproporci con il nostro cliente nella vera veste, ben lontana dal bancario sfortunato della scena proposta all’inizio, ma altresì da quella di chi propone un contratto chiavi in mano, più ci prepareremo con il giusto approccio per i tempi che verranno.
Alla prossima!