Whatever it takes
Non ci potevo credere. Eppure lāho fatto. Mi sono messa a ricercare nuovamente, dopo parecchio tempo che non lo facevo (spesso mi attardo a recuperare frasi note che nel tempo vengono impoverite nel loro originario e più autentico significato) la traduzione della celeberrima e ormai iconica affermazione di Mario Draghi, sotto i riflettori in queste giornate caldissime, il cui eco risuona potentissimo proprio oggi, alla vigilia di nuove e radicali, ancorchĆ© eventuali, decisioni sulla situazione italiana. La ricordiamo tutti, ma forse ĆØ bene riscriverla. Whatever it takes. Tutto ciò che ĆØ necessario. Costi quel che costi.
Correva lāanno 2012 ed era luglio – coincidenza -, non si parlava di Italia ma più in grande di Europa. Ma si trattava pur sempre di crisi. Allora del debito sovrano europeo, e potremmo dire lo stesso oggi sempre del debito, italiano. E dunque non solo del governo. PerchĆ© non ĆØ nascosto a nessuno, spero, che ci troviamo di fronte, finanziariamente parlando, a una situazione di governo precaria che potrebbe mettere ancora una volta sotto stress il fantomatico spread.
E se il governo italiano dovesse cadere, chissĆ quali vette raggiungerebbe nuovamente, magari anche solo per qualche giorno, per poi essere forse calmierato dal giĆ chiacchieratissimo scudo anti spread (appropriatamente nominato), che poi arriverebbe nel breve a salvare la situazione, almeno quella del costo di questo debito monstre, riportandolo a regime. A un regime che comunque, questo altrettanto si riconosce, non servirebbe da solo a rimettere in una dimensione di accettazione serena tutto lāimpasse che tutto ormai comprende nel nostro Paese.
Tra debito e spread
Come dire: lo spread non sarebbe più la verità , tutta la verità , niente altro che la verità . Non la racconterebbe più tutta, come accadde in quel tempo in cui davvero fece la differenza. Lo avete visto, no? à bastato poco per agitarlo, sono bastate le parole della Lagarde a giugno per farlo esasperare, salvo poi tornare, di lì a poche ore, ai circa 200 accettabili punti. Ancora: quello sì (lo spread) che si riesce in qualche modo a sistemare con un accorgimento tecnico (e varie sarebbero le ipotesi sul tavolo circa lo scudo per calmierarlo).
Quello che invece non si riuscirebbe a sistemare, e che ĆØ da mettere a fuoco ora più che mai, ĆØ quello che, dalle nostre parti, rimane sotto questo spread, il sottostante, che la tensione che su di esso cosƬ facilmente si accumula non esprimerebbe più di tanto. Per lāagitazione in cui versa lāItalia in questi giorni, infatti, ci sarebbero stati i motivi perchĆ© salisse davvero tanto, tanto di più.
Ma su questo aspetto di facciata, su questo livello dei prezzi, il tecnicismo impersonale delle soluzioni a tavolino ĆØ stato probabilmente sufficiente a far placare gli animi. Almeno come aspettativa. Il sapere che ci sarĆ una soluzione che farĆ perdurare un bilanciamento programmato nell’abbassare il livello di tensione sui prezzi dei titoli governativi, ĆØ stato forse sufficiente in qualche modo a tenere sotto controllo il maledetto differenziale tra debito forte e debito debolissimo. Il famoso spread.
L’amore per ciò che rimane
E invece. Quello che il caso Draghi mette sul tavolo dobbiamo ricercarlo da un’altra parte. Lo si ritrova o si riscopre nella radicale assuefazione di noi tutti, e degli investitori davanti a tutti, a tutto ciò che dura e che non finisce. Che in quel whatever it takes,Ā in quel ad ogni costo da Mario Draghi cosƬ potentemente espresso nel lontano 2012, troverebbe una vera e propria sponda, il suo ancoraggio manifestatamente espresso. Eh sƬ: lƬ, in quelle parole, ci sarebbe questo.
L’assoluta vittoria, solo poche volte riconosciuta da noi comuni mortali cosƬ affezionati all’effimero e al passeggero, di quanto ci piacciano oltremodo, e da sempre vengano ricercate dietro ogni vicenda, le situazioni che non finiscono, quelle che danno un vero orizzonte temporale. A lungo termine.Ā PerchĆ© in quell’Ā«ad ogni costoĀ» dell’uomo Draghi c’ĆØ anche, a ben guardare, quello che cerca chi investe. Voglio guadagnare a ogni costo.
Lo direbbe qualsiasi investitore. Anche in quelle concessioni minimaliste che spesso noi consulenti ci sentiamo fare: Ā«Anche poco, ma sempreĀ». Anche in quei momenti di euforia di mercato (che di questi tempi sono un vago ricordo, anche se si parla di pochi mesi fa) quando l’investitore si lasciava andare ad espressioni tipo Ā«dovrebbe salire ancora, aspettiamoĀ». E ancora. In quel draghiano Ā«tutto quel che ĆØ necessarioĀ» si ritrova la consegna dell’investitore al consulente cui si demanda la responsabilitĆ che il guadagno non si fermi. Mai. Come se l’investimento potesse essere solo questo e non, appunto, investimento e dunque identificato da un rischio e da un possibile cambiamento di rotta.
Non penso che in questa mia apparente riduzione alla dimensione dell’investitore del contesto di crisi italiano si debba vedere una attenuazione del suo significato.
Draghi, lo sponsor della durata
A ben guardare, infatti, ampliando lo sguardo alla dimensione più propriamente sociale, che io non dimentico certo, in questi giorni sono davvero tutti per lui, per Draghi. Come se finalmente si stesse votando, in un vero e istintivo referendum di impatto, per un uomo che nelle parole e negli atti ĆØ riuscito a far pensare a un vero orizzonte temporale, a un to be continued che non si interrompe. A tutti, proprio a tutti, anche agli innamorati dei social, che fanno vedere solo l’istante e l’immagine che non dura. Tanto che anche loro sono oggi più autenticamente orientati a stare con chi della durata si fa sponsor, e non semplice leader.
Scusate se ho dato l’impressione di fare una digressione su cosa succederebbe se quel whatever it takes si interrompesse improvvisamente. In realtĆ volevo entrarci appieno. Ma nel suo significato vero, quello che mette vicino investitore e lavoratore, tutti cosƬ attaccati alla finitezza di qualsivoglia esperienza. Eppure, tutti cosƬ orientati a confermare la fiducia (magari la nostra bastasse!), in chi della durata si ĆØ fatto da sempre assoluto e incondizionato difensore. To be continued, ci auguriamo, nel nostro grande Paese.
Alla prossima notizia!