La scena è veramente esilarante, ed è rimasta iconica nella storia del cinema: vede protagonista la padrona di tutte le vicende di forte emotività.
O meglio la padrona di tutte le vicende di forte emotività nell’ambito a noi caro qui. La finanza. Più nello specifico, quella finanza che si vive nei portafogli. E cosa succede in questi momenti? C’è una grande protagonista nascosta.
Non si chiama istintività (se non in parte), e non si chiama neppure l’elaborato sintetico e primo della finanza comportamentale, meglio detta avversione per le perdite. Per quanto entrambe, istintività e avversione per le perdite, stiano prendendo sempre più spazio nei dialoghi tentativamente intelligenti nelle stanze della consulenza.
«Lei che cosa ha fatto?»
No, io non parlo di queste due dimensioni immediate. Sto parlando invece del… perdono. Quando succede qualcosa che tocca nel profondo la nostra esistenza, cosa ci aspettiamo da chi ha provocato tutto lo sconvolgimento che ci vede per così dire a terra? Il perdono.
Che costui ci chieda scusa. Ecco, lasciatemi dire che il contesto in cui siamo entrati sta mettendo in primo piano questa dimensione, in una forma di attesa da parte dei clienti che, proprio in forza delle loro convinzioni riassunte nella citata avversione alle perdite che da sempre li contraddistingue, amano e adorano in questo periodo ripetere a noi consulenti due domande: cosa le avevo detto? E lei cosa ha fatto?
Quasi stessero provando a convincere il consulente finanziario a mettersi in una posizione scomoda come quella del protagonista della scena del celeberrimo film, che arriva a inginocchiarsi davanti alla sua ex bella chiedendo umilmente perdono per il male a lei arrecato. E adducendo – qui è il punto – scuse che di verosimile non hanno proprio nulla. La tintoria, il funerale della madre, il terremoto e… le cavallette.
Ma vediamo. La scena ci costringe a guardare un aspetto interessante, e a capire come questo protagonismo dell’agognata (dal cliente) richiesta di perdono, per quanto non sia sufficiente a colmare le perdite subite nel portafogli, non abbia nessuna ragion d’essere.
Esattamente come le improbabili motivazioni, o scuse, che sembrerebbero essere dovute per dare un senso a questo movimento emotivo che sta inondando i momenti di confronto sull’andamento dei portafogli di investimento.
Oggi il Luna Park è chiuso
Chiariamo subito che all’origine di tutta la paura del mercato per come si sta mostrando agli occhi degli investitori (e non meno ai consulenti finanziari) vi è un unico fenomeno. Sto parlando della disabitudine alla normalità. Insomma è come se fossimo stati al Luna Park per anni, e improvvisamente ci avessero spento le luci e detto di tornare a casa a fare i compiti.
Il Covid ha dato solo un colpo ulteriore a questa distanza dalla normalità, esagerando una dimensione distante da essa al punto da farci pensare che in fondo avremmo potuto vivere per sempre sulle giostre.
Sto esagerando, ma non troppo. Gli investitori non erano investitori e i consulenti non erano consulenti. Erano entrambi all’interno di una dimensione resa possibile da una serie di facilitazioni.
Non era veramente importante che l’investitore capisse, e non era veramente interessante quel che il consulente tentava di mettere a punto. Contava di più che l’era in cui si era immersi avesse una grande situazione di favore. Infatti si diceva che il mercato degli ultimi anni non aveva fatto che salire. E ora si dice: siamo, forse, davanti a una inversione del trend. Ecco.
Allora cosa c’entrano le attese dei clienti che vorrebbero vedere nei consulenti (e i bankers non penso facciano la differenza) la prostrazione nonché la litania delle scuse per aver sbagliato a investire? Niente, proprio niente. Esattamente come non serve provare a dare una lettura particolare. La versione che si sta facendo avanti è invece la più ascoltabile e ragionevole.
Quella che oggi, a chi svolge la mia professione, chiede tanto per essere accettata e quindi spiegata ai clienti per portarli da una dimensione di avversione alle perdite (chiamasi bias cognitivo dominante di periodo) a una di apertura all’ascolto e alla comprensione. E allora, proprio all’opposto di quanto capita nella scena del film dove il giovanotto perdente cerca di addurre le scuse più improbabili per essere perdonato, esattamente all’opposto si troverà il consulente finanziario.
Che non dovrà scusarsi per quello che oggi si vede nei portafogli dei clienti (se ha agito in buona fede ovviamente, rimaniamo su questo piano), quando piuttosto far comprendere che quello che sta accadendo ora richiede un tempo per accadere, appunto, ma poi un tempo per cambiare.
Il ritorno alla normalità
Il “tutto e subito” di cui gli investitori si sono fatti forti negli ultimi anni, in questo momento va abbandonato. Proprio perché non fa parte della normalità, alla quale nel suo progressivo dispiegarsi, saranno più confacenti scenari in cui i prezzi siano più coerenti all’interno di un’economia che sia più reale. Fuori dallo scoppiettio di prezzi e dai colpi di performance inaspettate. Scenari in cui magari si comincerà a vedere, a tempo debito, una nuova sistemazione della situazione finanziaria. Che oggi non si riesce a immaginare perché prevale la confusione e la reattività, se non la pretesa che tutto possa esser rettificato in un istante.
Non è così. Ma questo non costringe a dare delle scuse, oggi, per scelte «che non si dovevano fare».
Piuttosto costringe a recuperare i contenuti e gli orientamenti condivisi e ad attendere l’arrivo di uno scenario che sarà sicuramente diverso, ma forse più aderente a una certa normalità. La stessa che noi abbiamo in diverso modo smesso di pensare e di ricercare.
Alla prossima!