Che sia un trucco, o una questione di fascino o un vero e proprio inganno, alla fine si arriva a pensare che si tratti dello stesso comportamento che, mutata la scena, si ripropone più o meno con le stesse sfumature.
Donne appariscenti, personaggi dello spettacolo, imprenditori di successo che improvvisamente si mettono a fare “altro”, altro dal loro business, diventando così influencer di argomenti fino a quel giorno non pertinenti al loro quotidiano, al loro pensiero.
Proprio questo è accaduto, lo si è visto, con il tema di investimento rappresentato dalle criptovalute, che si sono quasi trasformate in protagoniste di una serie vista negli ultimi anni da milioni di spettatori, diventati magari (tolgo il magari), dopo averla seguita nei vari episodi, altissimi e bassissimi, della sua mutazione, gli investitori new age di questo secolo.
Quasi una malattia, un contagio. Avrebbe avuto questi connotati il movimento di illusione indotta creatosi nel clima crypto degli ultimi anni, che ha portato, chi più chi meno, ad agire alla maniera di chi più ne ha più ne metta, anzi, alla maniera più comune e indiscriminata del chi meno ne ha metta tutto ciò che ha.
Lo schema Wanna Marchi e le crypto
Che storia. Su una delle tante testate online si legge che questa dinamica, che potremmo definire patologica, non sarebbe alla fine nient’altro che la riproposizione della truffa alla maniera della celeberrima Wanna Marchi, oggi protagonista di una nuova web serie, avente a tema la storia infinita delle illusioni messe in scena dalla regina delle televendite fino alla sua condanna, e alla detenzione.
Al punto da poter rivedere, nella Wanna anni ’80 e ’90, l’antesignana di tanti piccoli esempi dei nuovi “truffatori delle criptovalute”.
Ma perché si arriva a spostare fuori l’origine di un problema che invece fuori non è affatto? È una dinamica umanissima e facile, ma non sempre giustificabile, come in questo caso. Infatti proprio il paragone eccellente tra Wanna e i venditori di crypto in malafede, quasi fossero le due truffe del secolo, mette in evidenza dove stia realmente la questione. E dove stia la differenza tra le due vicende, chiamiamole così.
Chiariamo subito un punto. Il nostro non è un Paese per vecchi, prendendo a prestito il titolo di un famoso film senza offendere né discriminare chi vive la delicatissima terza età.
Perché lo dico? Le doti da imbonitrice di una Wanna Marchi hanno colpito e trascinato le menti. Verissimo. Ma, d’altro canto, la criptovaluta ha inaugurato un nuovo mondo, che non ha coinvolto solo l’investimento.
Si è proposto come investimento, certo, ma la realtà della moneta virtuale ha rappresentato sin da subito soprattutto l’esistenza di un mondo dettato da nuove regole, anzi, di un mondo dettato dalla totale impossibilità di averne, di regole.
Un mondo dove la quintessenza del vero è rappresentata innanzitutto dalla scena, dalla messa in scena di fenomeni i cui meccanismi devono continuare a sfuggire per poter esserci e per potersi mantenere.
La vera questione non sta nel constatare in quale maniera si sia posta quella truffa ai tempi di Wanna Marchi o questa, ipotetica, ai tempi nostri, delle cripto. Piuttosto è fondamentale constatare come, se la soluzione al caso delle truffe della Marchi è stata aver messo costei in galera, questa stessa soluzione non potrà mai esserci sull’altro versante, quello delle criptovalute, mettendo delle regole, creando un sistema.
Perché le cripto, nella loro essenza, queste regole non le hanno. La soluzione non è fuori, dunque, e il confronto tra le due vicende chiarisce che se in un caso la reclusione ha risolto, nell’altro non può funzionare così. Dobbiamo quindi identificare dove stia la reale soluzione.
Un problema che viene da dentro, non da fuori
Dobbiamo tornare ancora una volta all’origine, ovvero nella mente dell’investitore, e nel suo approccio, quello sì regolamentabile (possibilmente). Ma proprio questo è il punto più difficile.
Da sempre. Ai tempi di Wanna, la sua proposta in qualche modo riguardava tutti, coinvolgeva tutti, o per lo meno quelle persone che nella loro semplicità e non sufficiente preparazione per affrontare il “rumore” della sua comunicazione si sono fatte prendere dalle sue parole. Persone adulte, con capacità economica.
Oggi, di contro, la questione riguarda meno, nel mondo crypto così come nel mondo finanziario tutto, il mondo adulto. Perché la vera classe vulnerabile, passatemi il termine, è quella dei ragazzi, della generazione Z, dall’adolescenza in su, insomma i nuovi futuri adulti.
E allora guarda un po’ come si arriva dalle truffe della Marchi alle cripto per poi atterrare sulla vera e più importante questione. Si può e si deve ancora parlare di necessità di una educazione finanziaria, si deve assolutamente.
Ma se questo è vero, e se si può parlare del pericolo di investimenti de-regolamentati per loro natura, che potrebbero ricordare gli episodi truffaldini narrati dalla nuova serie sulla Marchi, sarebbe anche il caso di focalizzare che il punto è sempre come ragiona l’investitore.
E qui non si dovrebbe più generalizzare, ma parlare di un investitore giovane, e di quanto sia urgente l’educazione finanziaria nelle scuole. Non nelle università, no: proprio nelle scuole che formano l’approccio, ancora prima che all’investimento, a tutto.
Riusciamo ancora a parlare degli influencer come quelli che i giovani seguono solo su alcuni aspetti della loro vita? O il fatto che ce ne siano, e molti di più ce ne saranno nel mondo degli investimenti, nel mondo cripto, deve farci capire che la truffa non è mai una casualità che viene da fuori, quanto piuttosto un evento che si scatena dal di dentro, dal pensiero dell’investitore e dalle sue mancanze di preparazione, soprattutto in una fase della vita in cui non si è ancora realizzata una vera maturazione?
Pensiamo ancora di doverci preoccupare della platea degli adulti che qualche crypto l’hanno inserita in portafoglio, o della sensibilizzazione che il mondo dell’investimento de-regolamentato e del de-regolamentato risultato sta avendo sui ragazzi che ancora vanno a scuola? Io direi buona la seconda opzione.