Permettetemi di estremizzare. Dato che si parla tanto di Intelligenza Artificiale, non solo per i possibili vantaggi ma anche per gli innumerevoli rischi, secondo me sarebbe il caso di essere un po’ più razionali, e non trarre conclusioni o fare scelte alla luce di quello che ci guida nelle vicende quotidiane: “il percepito”. Dato infatti che l’Intelligenza Artificiale si erge a sistema interconnesso a tutto quanto ci riguarda, tradotto in milioni di dati che produciamo in ogni azione, presume di essere in grado di elaborarli, amplificarli e portarci a determinate conclusioni più capaci di interpretare il collegamento di quegli stessi dati. E in questo processo, “il percepito” verrebbe finalmente fatto fuori, e ci troveremmo così a essere in grado di intendere e di volere le cose giuste, invece che arrivare a conclusioni dettate per lo più da quello che percepiamo essere più corretto.
Tutto questo ci serve qui per comprendere che, nell’approccio al portafoglio come nella benedetta domanda “come vede il mio portafoglio?, negli incontri di consulenza continua a prevalere, ahimè, proprio la percezione di come vadano le cose, anziché la valutazione del mercato e della realtà economica. L’Intelligenza Artificiale potrebbe, in queste occasioni, fare una bella differenza, ed essere utile per rendere più lucido lo sguardo. Questo sì sarebbe un uso corretto della nuova, grande protagonista dei nostri tempi.
Attenti: la percezione non è infallibile
Ma questa dell’Intelligenza Artificiale, è un’altra storia, di cui mi sono approfittata per denunciare e mettere in guardia da quello che, appunto, sovrasta la consulenza finanziaria. La percezione.
Bisognerebbe riconoscere che, quando si è davanti a qualcosa che interessa e che dunque dovrebbe essere preso in considerazione, non è detto che sia proprio questa cosa interessante a guidare il pensiero e dunque le scelte, quanto piuttosto il “percepito”. Sembra una ovvietà ma non lo è. Nell’approccio al portafoglio, infatti, spesso prevale la percezione di certi elementi ma non se ne valutano altri, “si sente” che qualcosa non va, invece di considerare cosa stia veramente succedendo nel mercato finanziario e nella realtà economica tutta. La cui valutazione oggettiva dovrebbe invece stare davanti a tutte le percezioni, come criterio per fare le scelte di investimento. E sottolineo di investimento.
Parto da un primo esempio.
Mi ha colpito leggere la riflessione di un professore di statistica che analizzava il gap tra reddito reale e reddito percepito. In particolare, il professore prendeva in esame il 2020 scoprendo come, nonostante il calo del PIL del 10%, i redditi degli italiani fossero calati solo del 2%: una bella differenza tra calo reale e calo percepito della ricchezza. Tutti in quell’anno ci siamo sentiti fortemente impoveriti, ma in realtà quanto lo siamo stati? Quel professore notava infatti come la caduta del reddito assoggettato a Irpef nel 2020 abbia di fatto favorito il suo recupero nel 2021, arrivando a superare il livello pre-pandemia.
Ora, uscendo dal tema del reddito, ma solo apparentemente perché di soldi qui si parla, anzi di guadagni, è chiaro da questo esempio quanto possa diventare imponente “il percepito”. E lo diventa tanto più quanto più si entra nel merito delle valutazioni e delle scelte di portafoglio. Fino a diventare addirittura fuorviante.
Le obbligazioni vanno sempre bene?
Volete altri due esempi più pertinenti al portafoglio? Eccoli.
Partiamo da una dichiarazione drastica. La percezione che hanno molti clienti sui loro portafogli è che l’amministrato, intendo dire i titoli singoli, vadano bene, tanto più se si tratta di obbligazioni (tanto più se scelti da loro…) e vadano quindi “tenuti” comunque, anche se, a confronto con il risparmio gestito, e soprattutto con certi fondi che da fine anno stanno dimostrando di superare il mercato, risultino perdenti in maniera assoluta.
Cosa sembra governare questa valutazione da parte dei clienti? La percezione che sia meglio stare dove il movimento di mercato quasi non influenza le quotazioni, e nella perdita lo fa senza creare grandi scompensi emotivi, piuttosto che valutare o notare quanto alcune soluzioni di risparmio gestito, alcuni fondi, stiano facendo la vera differenza nel portafoglio, creando guadagni anche a doppia cifra. E questa percezione governa a tal punto i clienti, che quel guadagno che queste soluzioni di risparmio gestito manifestano con piena evidenza, con una crescita effettiva del prezzo e dunque del capitale, viene ridimensionato, sminuito, a confronto con i titoli obbligazionari che, a detta dei clienti, se anche sono fermi da inizio anno o addirittura in perdita, «non saranno poi così male…».
Un secondo esempio forse più schiacciante. È un dato di fatto: il collocamento del BTP Valore chiusosi in settimana ha conquistato il quarto posto nella classifica per la raccolta ordini. Quasi il 3% delle famiglie italiane lo ha acquistato. Ci sarebbe da fare una battuta: non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace. Appunto. Perché cosa ha governato questa scelta, se non la percezione di come vadano le cose, anziché la valutazione di come stiano realmente? “Bene il Pil, male industria e inflazione”, ecco un titolo che mi ha colpito. Perché rappresenta lo stato delle cose, alla luce del quale le scelte di investimento avrebbero potuto essere altre.
I rischi di una valutazione a posteriori
È vero: è difficile fidarsi di un consulente finanziario che avrebbe potuto proporre anche altro, anzi soprattutto altro, valutando la durata di questo BTP Valore (4 anni), perché proprio la durata di questo strumento (non fatemelo chiamare investimento), avrebbe potuto essere evidenziata come elemento di rischio, a fronte dell’ammontare di un debito che dovrebbe essere il criterio per cui escludere un titolo del genere, sottolineo, se condizionato a una durata così lunga.
O forse, proprio valutando questi aspetti ora evidenziati, non è poi così difficile? Peccato che proprio questi aspetti si tendano a valutare “a cose fatte”, a posteriori. Al pari delle valutazioni del professore di prima, che sarebbe stato preso per folle se nel 2020 avesse solo alluso alla possibilità che il reddito, nonostante la pandemia, non avrebbe subito quel contraccolpo in quel momento percepito come inevitabile.
Ora ripensate a perché scegliete un professionista in tutto quello che fate, nella vita di tutti i giorni. Nel caso della scelta di un consulente finanziario è la stessa cosa. Lo si sceglie per non essere guidati dalle proprie percezioni nelle scelte di investimento. E allora, una volta fatta la scelta, seguitelo, altrimenti verrà ridotto nientemeno che all’icona replicante dei vostri giudizi su cosa sia meglio fare del portafoglio. Peggio: delle vostre percezioni.
Alla prossima!