Oggi parto, anzi riparto da Penelope. Sì, proprio l’eroina di cui si fa memoria per l’ingegnoso stratagemma messo in atto per mantenere la sua fedeltà coniugale, stante la prolungata assenza (vent’anni, mica male) da Itaca del marito Ulisse.
Sicché, non certo per ingannare la sua attesa, bensì i principi Proci suoi pretendenti, nell’Odissea si narra che l’astuta avrebbe escogitato di tessere di giorno il sudario del suocero, dedicandosi poi la notte a sciogliere i fili di quella medesima tela, sì da non arrivare mai a consegnare il lavoro finito, condizione per potersi offrire nuovamente in sposa al migliore tra gli arroganti pretendenti.
Diciamolo. In un certo senso l’investitore vorrebbe che accadesse proprio così: che i fatti, gli eventi sempre più fagocitanti cui da mesi (mettendo da parte la pandemia) si assiste nel panorama finanziario, dopo il loro incedere di giorno, si sciogliessero nella notte, si dileguassero nell’indistinto, sì da poter ricominciare, non solo a investire (sarebbe troppo restrittiva come considerazione) in pace, ma anche a vivere, in pace, al sorgere dell’alba successiva.
Il nesso che tiene insieme la trama
Eppure, a ben guardare, proprio nel tenere insieme le singole tessiture, i singoli eventi che di questi tempi sembrano non avere una vera fine, ci sarebbe il modo di trovarvi un senso, un legame, una connessione che possa consentire all’investitore di accantonarli invece che rinnegarli o rigettarli per la loro apparente incomprensibilità. Perché è questo il motivo per cui l’investitore vorrebbe che la tela si sciogliesse di notte.
L’incomprensibilità degli eventi presi per sé stessi, quella stessa che scatena l’emotività e dunque l’immediata reattività rispetto non solo ai fatti singoli ma anche alle decisioni di investimento prese appena prima che quei fatti accadessero. Decisioni che diventano così, benché fossero assolutamente ragionevoli, incomprensibili e inaccettabili. Assieme a quei fatti accaduti che singolarmente non si riescono ad accettare, oltre che comprendere.
In effetti. Come si fa a reggere, meglio, a mettere insieme, a ridosso di una pandemia neppure risoltasi, una guerra, una crisi energetica che non accenna a decelerare, un’inflazione alle stelle (e uno dei fatti più allarmanti viene da Londra, dove il capo economista della Banca d’Inghilterra Huw Pill ha stimato che l’economia britannica non sentirà il pieno impatto dell’aumento dei tassi d’interesse prima della fine del prossimo anno…), una crisi climatica di cui esasperazione delle temperature e carenza d’acqua stanno mostrando gli esiti inesorabili, una corsa verso l’auto elettrica messa in discussione dal degenerarsi dei già difficili rapporti tra Pechino e Washington (vedi la notizia che La Cina ha venduto 113 miliardi di dollari di titoli di Stato USA in sette mesi)?
Per arrivare, mettiamocela nel calderone della “nostra tela”, all’ennesima notizia sul debito italiano, che sarebbe messo sempre più sotto pressione, speculativa ovviamente, dai fatti di prossima generazione, in arrivo da qui al mese ormai alle porte, con l’incedere della campagna elettorale. In tutto questo, a condimento, si è nuovamente fatta notare, tra i vari nodi, la possibilità, a casa nostra, di una patrimoniale, come un’indagata che sempre torna sul luogo del delitto.
Alla ricerca di un senso
In questa complessità di trama è facile comprendere quanto sia difficile per l’investitore non farsi prendere dai singoli fatti, piuttosto che guardare, o meglio prendersi del tempo per attendere la costruzione del contesto. La tessitura della tela. Che in fondo si sta lentamente configurando, in un contesto davvero nuovo. Quasi si potesse parlare, passatemela, di un lento e logorante (per le menti) PAC del panorama finanziario, nel quale ogni mese – ma qui forse è più giusto parlare con una diversa unità di misura – ogni settimana direi, succede qualcosa che solo apparentemente si aggiunge senza nesso al contesto. Disegnandone ulteriormente lo sfondo.
La difficoltà è trattenere l’investitore nella lenta costruzione di questa tela, portando il suo sguardo a guardare lontano. E a considerare, evidenziando uno dei nodi della trama, che nel contesto attuale non si può più guardare solo agli Stati Uniti come dominatori del portafoglio. E non si può non considerare la Cina come quel Paese che, dopo accentuati rifiuti anche solo a nominarlo, oggi richiede di essere preso in assoluta ri-considerazione.
Ma se l’America la si deve continuare a guardare, per le aziende, per gli indici i cui record storici hanno continuato a tessere la tela, mai sciogliendosi anche nelle più buie notti (chi ricorda i crolli di quei favolosi indici non può non avere memoria al tempo stesso della loro straordinaria capacità di ripresa), forse il Paese del lontano oriente va finalmente, malgrado sia oggetto di una “persecuzione” nella mente dell’investitore, letto e ri-compreso nel portafoglio in quello che sta venendo alla luce come il suo reale primato nelle terre rare.
Che lo rendono protagonista nella manifattura internazionale, soprattutto per i componenti elettronici che hanno rivoluzionato tutti i dispositivi, dotandoli di una “nuova intelligenza”.
Mi viene in mente l’obiezione, nel vero senso del termine, di una cliente: mi ha chiesto di comprare BTP italiani perché preferisce aspettare 7/10 anni (lei ne ha 65) e dismettere strumenti che investono nei sistemi di estrazione di materie prime. Lasciando da parte il confronto con i titoli di Stato italiani, su cui ci sarebbe di che sparlare, mi ha detto: «Le materie prime sono finite».
Beh, mi viene da dire che non sia questo il caso, e che neppure il sentiment recessivo di cui tanto si parla, all’interno della tela dei fatti, possa essere motivo per togliere questo tema dal portafoglio. Piuttosto va trattenuto anch’esso come nodo della tela in una costruzione che, oltre alla Cina e al suo primato nel progresso tecnologico-elettrico (primato che la rende al tempo stesso oggetto di una nuova e crescente tensione nei rapporti con Taiwan, anche questo nodo va tenuto insieme…), potrebbe vedere sempre di più proprio le materie prime come tema, di investimento e di contesto.
Ma prima di tutto come tema di negoziazione (e di ricatti) tra i Paesi che assumeranno di volta in volta posizioni di forza. E qui non posso non citare il caso di una nazione che posizione di forza non avremmo mai pensato potesse averne, l’Algeria, uno dei nostri ultimi “alleati” per liberarci dalla dipendenza dal gas del nemico, di cui si è appreso che a novembre, assieme proprio alla Russia darà vita all’esercitazione antiterrorismo Desert Shield… Come possa entrare nella tela anche un Paese come questo, lo vedremo.
Più di una rassegna stampa
Infine. Mi è stato chiesto perché non mi dedico anche a una rassegna stampa. Questo è il mio modo, e l’esempio dell’estate così ricca di eventi che sta volgendo al termine mi ha dato occasione di ritrovare i nodi che stanno venendo al pettine. Ne ho citati alcuni che reputo più significativi, da tenere presenti e da monitorare.
Nodi che non si possono sciogliere, né di notte né di giorno, a meno di notizie straordinarie (che sarebbe sciocco non sperare, come la fine della guerra in Ucraina), ma sempre di più richiedono di essere tenuti insieme, nell’intreccio, per evitare di prendere quelle che io chiamo “ingiuste” decisioni di investimento, che si assumono guardando i fatti disgiunti l’uno dall’altro, sciolti, come se si potessero tenere distinti dalla trama di una connessione più grande.
Che per potersi intercettare richiede ancora tempo. E pazienza. Un po’ come quella della straordinaria eroina Penelope che, guarda caso, oltre che di fedeltà coniugale, è divenuta anche emblema della più autentica resilienza. Quella che serve anche all’investitore. Sempre, ma ora più che mai.
Alla prossima!