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Rendimento, non basta la parola

Quando si legge «rendimento» la mente pensa subito che l'investimento sia favorevole. Ma occhio agli abbagli! Ecco come scoprire l'inganno

Ottobre 30, 2020
maria anna pinturo
Tempo di lettura stimato: 4 minuti

Intendiamoci oggi lancia un gioco: trova l’errore, o meglio TROVA l’ABBAGLIO.

Leggete l’articolo apparso su ProiezionidiBorsa del 24 ottobre scorso. Iniziamo dal titolo:

10.000 euro investiti a lungo termine rendono di più su un Buono fruttifero postale o un BTP?

La domanda è fuorviante, eppure estremamente accattivante per il cosidetto investitore risk-free. Lascia infatti immaginare che ci sia un rendimento in questi due tipi di prodotti, oggi. Salvo poi scoprire, per il lettore che si addentra sino alla fine dell’articolo (e questo accade di rado, perché è il titolo che di solito governa le scelte di investimento, ahime’), che se…

Prendiamo a riferimento il Buono per Ripartire di ultima emissione delle Poste Italiane…

Esso ha durata massima di sedici anni e offre quattro scaglioni di rendimento (sono tutti multipli del numero 4).

Sì, ma quanto “rendono” i Buoni di cui si parla?

… rendono lo 0,20% per i primi quattro anni, poi salgono a 0,30% per i successivi quattro, arrivano allo 0,40% al 12° anno, infine danno l’1,35% al 16° e ultimo anno.

È questo un rendimento??? A voi la risposta.

Andiamo al secondo esempio: quanto “rende” l’amatissimo BTP, oggi?

I titoli di Stato, oggi, offrono tassi negativi fino alle scadenze a quattro anni. Poi oscillano fino a un massimo dello 0,50% per le durate comprese tra i cinque e gli otto anni.

Il BTP decennale rende attualmente intorno allo 0,78%. Man mano che sale la durata, cresce anche il rendimento, che giunge fino all’1%-1,10% sulle scadenze intorno ai quindici anni.

Infine, solo i trentennali arrivano a rendimenti più “interessanti”, a grandi linee intorno all’1,40% netto.

Sintesi. Se compro un Buono Postale, quello di ultima generazione arrivo solo al 16° (e ultimo) anno ad avere un rendimento del 1,35%, mentre negli anni precedenti potrei quasi dare ragione al “materasso” come cassaforte. Invece, se proprio voglio “esagerare” con il guadagno e rivolgo la preferenza al BTP, posso incassare ben l’1,40% netto se rimango su questo investimento qualcosa come trent’anni.

Ripetiamo nella mente: 16 anni 1,35%, 30 anni 1,40%.

Ora, rileggiamo il titolo e proviamo a vedere se la domanda “Rendono di più…?” è ben posta, o se piuttosto porti il lettore, ancorato alle 4 caratteristiche evidenziate delle “garanzie” di questi titoli (nota bene che almeno per onestà l’articolista dice «a meno di default dell’emittente!»), a pensare che davvero possa guadagnare  qualcosa su 10.000 euro?

Il punto è proprio qui. Leggere “rendimento” scatena la mente, e parte la caccia nel testo allo strumento più favorevole. Ma qui è piuttosto chiaro che lo spazio per il rendimento non sia da ricercare in questo genere di titoli, oggi. Forse pensiamo che basti dire che sono garantiti? Be’, forse dovremmo anche valutare che “oggi” ci sono situazioni che “ieri” non avremmo mai potuto nemmeno immaginare nella loro portata, e che “oggi” dichiarare garanzia del capitale non è sufficiente per investire i propri risparmi in questa tipologia di asset. Tanto più che, nonostante la durata, non ricompensano con quei rendimenti che il lettore penso ricerchi lasciando fermi i suoi 10.000 Euro per 16 o addirittura 30 anni.

Gli anni in cui diventano grandi i suoi figli… non il suo capitale però.

Alla prossima!

fonte: ProiezionidiBorsa

10.000 euro investiti a lungo termine rendono di più su un Buono fruttifero postale o un BTP?

 

In uno scenario di tassi bassi, come gli attuali, riuscire a spuntare rendimenti interessanti è compito alquanto arduo. Le alternative presenti oggi sul mercato sono abbastanza limitate per chi cerca:

a) soluzione risk-free (o almeno molto prossime a questo concetto);

b) prodotti di durata che vadano dagli otto ai venti anni;

c) garanzia di rimborso (sempre al netto di un default dell’emittente);

d) interessi attivi al seguito.

Per il piccolo risparmiatore che si riconosce in tale casistica, spesso la scelta ricade, a torto o a ragione, su due opzioni. Il classico Buono postale o il BTP emesso dal Tesoro. Ma l’interrogativo principe è: i 10.000 euro investiti a lungo termine rendono di più su un Buono fruttifero postale o un BTP? Procediamo per step.

Anzitutto i punti di differenza tra Buono postale e BTP

Prima di giungere a una possibile risposta, vanno anzitutto viste ed elencate le differenze.

Se entrambi sono sempre liquidabili durante la loro vita, va detto che non in tutti e due casi il rimborso anticipato del capitale è integrale. Quest’ultimo, infatti, è esercitabile solo per il Buono postale ma non per il BTP. Il Tesoro, infatti, rimborsa solo a scadenza del titolo.

Il BTP, però, è sempre rivendibile anticipatamente sul mercato secondario, dando vita sia a plusvalenze che a minusvalenze. Cioè capiterà di aver comprato in emissione a 100 euro e si potrà rivendere anticipatamente tanto a 105 euro come a 95 euro.

Ancora, va detto che, molti dei prodotti di Poste Italiane maturano interessi per scaglioni temporali. Cioè gli interessi vengono accreditati solo quando l’intera fascia di anni prevista dal Buono è portata a compimento.

Se il rimborso anticipato cade nel bel mezzo di tali periodi, si perdono gli interessi dello scaglione e si ha indietro solo il capitale. Eventualmente maggiorato degli interessi dei soli scaglioni precedenti e portati per intero a compimento.

Mettiamo a confronto scadenze e rendimenti

Ora, facciamo un esempio concreto. Prendiamo a riferimento il Buono per Ripartire di ultima emissione delle Poste Italiane. Esso ha durata massima di sedici anni e offre quattro scaglioni di rendimento (sono tutti multipli del numero 4).

Ossia rendono lo 0,20% per i primi quattro anni, poi salgono a 0,30% per i successivi quattro, arrivano allo 0,40% al 12° anno, infine danno l’1,35% al 16° e ultimo anno.

I titoli di Stato, oggi, offrono tassi negativi fino alle scadenze a quattro anni. Poi oscillano fino a un massimo dello 0,50% per le durate comprese tra i cinque e gli otto anni.

Il BTP decennale rende attualmente intorno allo 0,78%. Man mano che sale la durata, cresce anche il rendimento, che giunge fino all’1%-1,10% sulle scadenze intorno ai quindici anni.

Infine, solo i trentennali arrivano a rendimenti più “interessanti”, a grandi linee intorno all’1,40% netto.

Cosa conviene e rende di più?

Il dilemma del nostro piccolo risparmiatore è se i 10.000 euro investiti a lungo termine rendono di più su un Buono fruttifero postale o un BTP. Ora, abbiamo visto che i parametri da considerare sono molteplici e non esiste risposta univoca.

Tuttavia, ipotizzando che il nostro investimento venga portato a scadenza, senza intoppi e senza incidenti di percorsi, emergono alcune evidenze.

Sui primi quattro anni, conviene, ad esempio, il Buono per Ripartire. Per scadenze superiore a quattro anni e fino al 12° anno, i rendimenti dei BTP “vincono” sul prodotto concorrente. Questo vantaggio, però, si perde alla soglia dei 16 anni. Perché? Semplice:

a) sulle scadenze a 16 anni, i BTP danno oggi un rendimento netto dell’1% circa, contro lo l’1,35% certo del Buono per Ripartire;

b) il Buono per Ripartire inoltre, offrirebbe un altro vantaggio. Ovvero al 16° anno darebbe un rendimento che il BTP riesce a offrire, invece, sulle scadenze molto più lunghe, ossia sui trent’anni. Detta diversamente, offre in soli 16 anni il rendimento che un BTP assicura in 30.

In quest’altro articolo scopriremo altri aspetti del Buono per Ripartire.

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Maria Anna Pinturo

Maria Anna Pinturo

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