Voglio pensare male, voglio pensare bene.
Espressioni entrambe drastiche, frammenti di conversazioni ordinarie con gli investitori. Da qui la confusione (nel senso di vero e propio “scambio di identità”…) che si genera spesso tra la figura del Consulente Finanziario e quella dello Psicologo. Al punto che, alla base di tutte le considerazioni finanziarie con gli investitori, sarebbero da tenere presenti i cosiddetti bias, le “tentazioni”, le emozioni che scatenano i comportamenti inadeguati nel mondo degli investimenti. Il lavoro dei Consulenti Finanziari sarebbe dunque quello, innanzitutto, di “sgamare” questi bias cognitivi, pattern sistematici di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio. Perché solo essendo conoscitore delle tentazioni mentali degli investitori, il Consulente Finanziario sarebbe in grado di identificare veri e propri “prototipi di comportamenti standard“, per poi prenderne il controllo.
È l’approdo dell’interessante studio di Fisher Investment pubblicato il 20 novembre su www.trend-online.com. Secondo il testo, gli investitori sono governati da recency bias, distorsioni dell’attualità, in forza delle quali tenderebbero a considerare che tutti gli eventi di Borsa (trend ribassista, trend rialzista, record dei tecnologici, sovraperformance di un Paese rispetto ad un altro…) dipendano da eventi immediatamente passati che ne condizionerebbero la manifestazione in modo equivalente. Un trend rialzista sarebbe dunque foriero di eventi di Borsa positivi, altrettanto quanto sarebbe invece necessariamente premessa di eventi negativi una tendenza ribassista consolidatasi nel più recente passato. L’investitore sarebbe dunque inevitabilmente condizionato nel “suo pensare bene” o “pensare male” dalla memoria di ciò che è appena successo.
Peccato che a fronte di chi cede all’approccio psicologico vi siano esempi diversi, quelli che chiamo i “veri investitori” (senza offesa per gli altri). Quelli che quando le cose vanno bene agiscono pensando male – tradotto, quando i trend sono estremamente positivi, accolgono la mia proposta di “cassettizzare” il risultato cambiando la strategia del portafoglio – attendendo in trincea il momento per rientrare con maggiore aggressività sul mercato.
Ma veri investitori sono anche quelli che quando le cose vanno male pensano bene. Lo hanno sperimentato a marzo, in un’ondata di ribassi che non aveva fine; in quel momento pensare bene era davvero difficile, orientare il pensiero dell’investitore a entrare in Borsa, a rimanere attaccati ai portafogli senza fare scelte errate. Eppure ne è valsa la pena.
In questi comportamenti contrarian, alla Saturno Contro, non c’è la sconfessione della teoria dei bias cognitivi. C’è quella che si chiama esperienza. E gli investitori oggi hanno imparato ancora di più quanto “Saturno contro” sia il vero alleato del loro portafoglio. Hanno visto negli anni, anzi negli ultimi due decenni, quanto sia fondamentale preparare la difesa quando la guerra è già vinta, o l’attacco quando la difesa è allo stremo delle forze. Si chiama strategia. Esperienza che vince sulla psicologia, non nel senso di autocontrollo dei bias distorsivi contro cui il cliente dovrebbe combattere, ma nel senso più profondo di maturazione di conoscenza del mercato. E strategia che vince sull’approssimazione e sull’emotività, quando un portafoglio è costruito con una corretta decorrelazione di strumenti (ne parleremo prossimamente).
In fondo anche Fisher Investment trova una risposta migliore al controllo dei bias cognitivi per orientare le scelte di investimento, e parla di un elemento a me molto caro e di cui vi ho già parlato in questo blog. Avere un piano.
Per contrastare questa tendenza dovete chiedervi: la vostra decisione d’investimento si basa su prospettive che non hanno nulla a che fare con le performance passate? Se la vostra tesi d’investimento si basa più su eventi recenti che su potenziali prospettive future, probabilmente risente di recency bias. Dovete anche appurare se la vostra decisione sia allineata ai vostri obiettivi d’investimento a lungo termine
Avere un piano, obiettivi a lungo termine, questo sarebbe la dimostrazione di un piano di investimento che non “risenta” dei bias cognitivi.
Tuttavia Fisher dice anche che:
il successo degli investimenti richiede l’eliminazione delle emozioni dal processo decisionale e la consapevolezza del recency bias è un notevole passo avanti al fine di tenere tale processo controllato e disciplinato.
Quindi, dopo aver in più punti dimostrato che i bias cognitivi sono disattesi alla prova della realtà, perché non è quasi mai vero che i trend dell’immediato passato si ripetono nel futuro prossimo, torna a considerare il governo delle emozioni e della psiche dell’investitore come la via maestra per il successo del piano di investimento.
Qui io e Fisher ci dividiamo. Facciamo due lavori diversi. Se un cliente dovesse avere bisogno dello psicologo, è meglio si indirizzi ad altro interlocutore. Da me riceverà sempre un servizio di educazione finanziaria, quella vera, quella che si apprende grazie agli elementi indicati prima: esperienza negli investimenti, strategia insistita e fondata su un piano condiviso e, perché no?, memoria di Saturno Contro.
Alla prossima!
Da una pubblicazione di Fisher Investment del 20/11/2020, su www.trend-online.com
Il problema del recency bias – Fisher Investments Italia
In base all’esperienza di Fisher Investments Italia, gli investitori pensano spesso che quanto appena accaduto continuerà ad accadere. Tale atteggiamento è definito recency bias [letteralmente distorsione dell’attualità] in finanza comportamentale, una scuola di pensiero che, nel campo degli investimenti, studia la relazione tra comportamento umano, emozioni e denaro. Esaminiamone più a fondo le caratteristiche e le potenziali insidie di questa distorsione, di cui riteniamo importante che gli investitori siano consapevoli, soprattutto in un anno turbolento come il 2020.
Il recency bias consiste nell’estrapolazione del passato recente nel futuro. Nell’universo degli investimenti, l’abbiamo visto manifestarsi in numerosi modi. Per esempio, se negli ultimi tempi le azioni hanno subito flessioni, il recency bias può convincere alcuni investitori che il trend ribassista sia destinato a continuare. Analogamente, durante un periodo positivo, il recency bias può indurre alcuni a prospettare guadagni futuri. Questo modo di pensare si può applicare anche in senso più stretto a un singolo paese oppure ai dati economici e alla performance di un settore azionario. Per esempio, se il prodotto interno lordo (PIL, una misura della produzione economica, calcolata da un ente pubblico) rallenta o subisce una contrazione, il recency bias può indurre alcuni a prefigurare un periodo protratto di debolezza economica.
Riteniamo che il 2020 abbia offerto vari esempi pratici di recency bias. All’inizio dell’anno, sulla stampa finanziaria abbiamo letto articoli che regolarmente ipotizzavano che la fase di mercato ribassista (di norma un calo generalizzato dei mercati azionari superiore al 20% senza una causa fondamentale identificabile) sarebbe durata per qualche tempo, dopo la sua effettiva conclusione a fine marzo. Allo stesso modo, quando le economie sono ufficialmente entrate in recessione (un periodo di contrazione della produzione economica), alcuni commentatori hanno prospettato che la crisi sarebbe proseguita oltre il 2020 e che la successiva ripresa avrebbe impiegato anni per ritornare ai livelli di attività pre-pandemia. Solo alcuni mesi dopo, alcuni esperti hanno cominciato ad aggiornare le loro fosche previsioni. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), un’organizzazione economica sovranazionale, ha rivisto al rialzo le previsioni 2020 per l’economia mondiale grazie agli sviluppi migliori del previsto tra aprile e settembre. (1) Analogamente, la Banca centrale d’Irlanda ora stima una crescita del PIL irlandese per l’anno dello 0,4%, un miglioramento significativo rispetto al calo del 9% previsto a luglio (2). L’ultimo esempio di recency bias che abbiamo osservato è che alcuni hanno interpretato la volatilità del settore tecnologico a settembre come un segnale di maggiori turbolenze in arrivo, un ennesimo caso in cui si è ipotizzato che il passato determini il futuro.
Sebbene gli eventi recenti spesso dominino le prime pagine, le ricerche di Fisher Investments Italia dimostrano che le azioni si comportano in modo prospettico, ossia si concentrano in misura maggiore sui fattori economici e politici destinati a incidere sugli utili societari nei 3-30 mesi successivi. Per esempio, sul piano economico, quali sono le condizioni del credito? Un’eventuale difficoltà delle imprese a ottenere finanziamenti potrebbe segnalare un rallentamento della crescita economica in prospettiva, in quanto le aziende dispongono di meno fondi da destinare a nuovi progetti. Sul piano politico, qual è la probabilità che i governi delle principali economie sviluppate approvino una legge potenzialmente in grado di provocare incertezza o creare vincitori e vinti? Inoltre, in che modo questi fattori economici e politici si allineano con il sentiment degli investitori?
A nostro avviso, i prezzi del passato hanno scarsa influenza su questi propulsori dei mercati azionari. Qualora l’avessero, la semplice logica impone che i paesi e i settori che registrano buone performance dovrebbe continuare a farlo senza soluzione di continuità, e viceversa per quelli che riportano invece performance mediocri Tuttavia, le ricerche di Fisher Investments Italia dimostrano che in pratica si verificano rotazioni nella leadership di mercato. A partire dal 1999, il nuovo settore dell’informatica ha ottenuto rendimenti nettamente superiori all’azionario globale durante la fase di mercato rialzista conclusasi nel 2000 (3). Tuttavia, nel corso della successiva fase ribassista, l’informatica ha subito perdite maggiori rispetto all’azionario globale (4). Il settore ha ottenuto rendimenti inferiori a quest’ultimo anche durante la successiva fase rialzista globale (5). Gli investitori che sulla base del recency bias avevano estrapolato nel futuro i robusti guadagni dell’informatica alla fine degli anni ‘90, si sono trovati dinanzi a una dura realtà per gran parte del decennio successivo. La storia insegna una lezione simile anche a livello di paesi. Nel periodo di mercato rialzista 2003-2007, le azioni non-USA hanno registrato rendimenti superiori a quelli delle azioni USA (6). Dopo la fase ribassista 2007-2009, gli investitori con recency bias hanno probabilmente previsto che le azioni non-USA avrebbero sovraperformato anche nella successiva fase di mercato rialzista. Tuttavia, nel periodo 2009-2019, i rendimenti USA per l’intero anno hanno superato quelli non-USA in 8 anni civili su 11 (7).
A giudizio di Fisher Investments Italia, il recency bias può incidere negativamente sul processo decisionale degli investitori, inducendoli a inseguire rendimenti del passato oppure a perdere opportunità perché gli eventi recenti offuscano la loro percezione. Per contrastare questa tendenza dovete chiedervi: la vostra decisione d’investimento si basa su prospettive che non hanno nulla a che fare con le performance passate? Se la vostra tesi d’investimento si basa più su eventi recenti che su potenziali prospettive future, probabilmente risente di recency bias. Dovete anche appurare se la vostra decisione sia allineata ai vostri obiettivi d’investimento a lungo termine. Se il recency bias suscita forti emozioni, indipendentemente dal fatto che si tratti di paura o avidità, ripensate al vostro piano d’investimento a lungo termine. Agire sulla base del recente passato annullerebbe i vostri progressi? In base all’esperienza di Fisher Investments Italia, il successo degli investimenti richiede l’eliminazione delle emozioni dal processo decisionale e la consapevolezza del recency bias è un notevole passo avanti al fine di tenere tale processo controllato e disciplinato.