In questi pochi giorni di riposo che mi sono regalata mi è capitato di vedere un film che consiglio a tutti: Vivere due Volte, della regista spagnola María Ripoll. Non mi soffermo sulla tematica di questo piccolo cadeau cinematografico, bensì su una scena emblematica che purtroppo qui non posso riportare perché la pellicola è visibile solo su una popolare piattaforma online.
Provate a immaginarla (adoro raccontare i film…): lei, figlia di un professore universitario di matematica cui è stato da poco diagnosticato l’Alzheimer, reduce da una discussione acre con il padre, si rifugia in cucina in preda a una crisi da astinenza da sigaretta; lui, il marito disoccupato e psicologo improvvisato, la segue cercando di dissuaderla dal compiere quel gesto che la riporterebbe alla schiavitù così faticosamente abbandonata.
«Perché vuoi fumare? Pensaci bene»; lei: «Ne ho bisogno per tranquillizzarmi… per evitare un litigio… per essere la brava figlia che vorrei essere… perché vorrei fosse orgoglioso di me»; lui: «Credi davvero che se fumassi quella sigaretta tuo padre ti amerebbe di più?»… Finché dall’altra stanza giunge la voce del padre che riporta tutti alla realtà e reclama di chiudere la questione. Così lei, fino a quel momento presa dalle argomentazioni del marito pseudo coach cede, prende l’agognata sigaretta e accendendola finalmente esclama: «Perché ne ho voglia!».
Ecco esplodere l’istintività, quella che senza guida a comprendere le ragioni vere di quella tentazione, si palesa in tutta la sua forza esplosiva portando di nuovo al “fare senza pensare”, in un’apparente libertà di agire.
Chi non si è ritrovato, per motivi diversi, in questa espressione disincantata della propria umanità?
È lo stesso meccanismo degli investitori che decidono di staccarsi, interrompendo il filo diretto del rapporto di consulenza.
Ma lo straordinario è che questo fenomeno capita soprattutto quando tutto va bene, quando le Borse volano e continuano a farlo, quando i fenomeni di disturbo sembrerebbero non essere più in grado di determinare cambiamenti nei valori dell’amato portafoglio.
È quanto rischia di accadere in questo “strano” inizio d’anno.
Strano al punto che anche un episodio così drammatico come quello di Capitol Hill del 6 gennaio non ha nessun potere di sconvolgere gli animi e tantomeno le quotazioni. Di questo l’investitore, educato dall’esperienza della pandemia che gli ha mostrato come il mondo finanziario, sconvoltosi nel breve, sia stato in grado nel brevissimo di tornare a miti consigli e ad ampissime e insperate valutazioni (di portafoglio!), si è nutrito e quasi ne è uscito più forte, almeno apparentemente.
Nel giro di telefonate ai clienti di questo inizio anno percepisco una vera e propria “atarassia finanziaria”, un’incapacità da parte dell’investitore di leggere gli eventi con le lenti corrette.
Prevale una situazione di anestesia. Nulla, nulla più tange o sconvolge. Un anno fa, di questi tempi, reduci dai guadagni del 2019, i dialoghi erano diversi, c’era una maggiore capacità critica e i clienti esprimevano pensieri coerenti con quelli degli anni passati: vendiamo, realizziamo, qual è la sua visione… erano queste le sollecitazioni.
Ma ora? Ora è più presente un atteggiamento di silenzio e di mancata necessità di confronto. E di fronte ai fatti già citati, nessuna reazione.
Ora, qual è il compito di noi consulenti di fronte a questa mentalità emergente un po’ “acritica” da parte dei clienti, quasi fosse l’esito di un terremoto passato in un attimo (dal punto di vista finanziario ovviamente)? Vi dico cosa sto facendo io: sollecito l’attenzione. Sollecito il ragionamento. Sollecito il pensiero. Può essere la consulenza “intermittente”? No. Può essere il Consulente solo la risposta a un’emergenza (appunto del tipo «se succede, noi ci siamo…?»).
Ripensate alla scena che vi ho raccontato: io non mi immedesimo in quel coach improvvisato che cercava di riportare la moglie alla “consapevolezza” per evitare di fare senza pensare, e non penso che i clienti e gli investitori non possano fare scelte di investimento in autonomia (o non fare nessuna scelta, che a volte è addirittura peggio!).
Ma quello che oggi più che mai i Consulenti finanziari devono e possono fare, negli incontri di inizio anno, di quest’anno, con i clienti, è riportare a una riflessione profonda sulle scelte da fare.
E invece di concentrarsi sulle previsioni del mercato – previsioni che si leggono ovunque e che non possono che essere la retorica del passato – aiutare l’investitore a renderlo sempre più consapevole, proprio alla luce dell’anno trascorso, delle scelte importanti da fare, sul portafoglio e ancora di più sul patrimonio. Se i nostri clienti ci consentiranno di fare con loro questo passaggio, questo “salto”, noi consulenti non correremo più il rischio di esserci «solo se succede».
Alla prossima e buon anno a tutti quelli che svolgono la mia amatissima professione!