Parto da qui
E ringrazio come sempre il cinema per il pensiero, quello finalmente presente, che trasmette. Veniamo a noi. Nel divertentissimo film, di cui vi ho riportato il trailer, dal titolo “Immagina che” (2009), una bambina davvero speciale si rivela essere dotata, chiarendolo al sino ad allora distrattissimo padre-magnate della finanza, di una capacità davvero unica, quella di intercettare attraverso la sua fervida immaginazione le prossime operazioni di cui approfittare, nientemeno che in quel mondo di straordinarie opportunità di cui è protagonista il sempre impegnatissimo genitore.
E così proprio lui, che da sempre cerca faticosamente di essere all’altezza dei desiderata della splendida figlia senza mai riuscire minimamente ad avvicinarsi ai sogni che vorrebbe realizzare, inizia a intercettare messaggi attraverso le immagini fantastiche trasmesse dalla piccola, e perciò a realizzare lui sì il vero sogno, quello di avere prima di tutti in mano la visione di quello che accadrà, nel mondo della finanza.
Diventando così, grazie all’aiuto ingenuo della figlia minore, fino a quel momento considerata inesorabilmente infantile, il più chiacchierato guru della finanza. Uno straordinario movimento di accadimenti che lo porta a essere in prima linea per guadagnare l’agognata posizione di carriera.
Ma come fa? Si chiedono tutti
Il come, puntualmente, porta in luce l’aspetto che diventa più precario di tutta la vicenda, che infatti funziona sin tanto che la piccola rimane in possesso di una magica copertina, che la porterebbe a entrare in contatto con le rivelazioni foriere della fortuna del padre.
E lui, che da sempre cercava di costruire una visione in base alla quale intercettare le occasioni da perseguire nel mercato finanziario, si ritrova senza ancoraggi per continuare a stare sulla cresta dell’onda delle fortunatissime previsioni garantite dal piccolo espediente della figlia, che però a un certo punto perde il suo punto di riferimento, quella magica copertina, e inizia a… non funzionare più.
Lasciamoci alle spalle il film, che può occupare un divertente paio d’ore, per andare al punto
Quello che succede quando si è coinvolti, determinati, condizionati dagli eventi è che si perde di vista… la visione. Come il magnate della finanza del film raccontato. O meglio, lui, come l’investitore, oggi una visione ce l’ha, di fatto. Ma è basata su immagini create da espedienti come la copertina della bambina, che la rendeva capace di “vedere delle cose” che il padre interpretava. Una visione, questa, che non ha niente a che vedere con quella che occorre avere per investire, che altrimenti si chiama piano, piano finanziario, solo questo in grado di tenere conto di tutti gli aspetti della realtà avendo fermo l’obiettivo: il ritorno sul capitale nel medio lungo termine.
Attenzione, non pensiate che io stia dicendo che viviamo in un mondo finanziario nel quale non siano necessari ribilanciamenti. Sto dicendo che la visione che l’investitore deve avere per investire non deve essere confusa con le immagini che stanno attualmente governando il mondo dell’investimento, e che hanno molto più a che vedere con il machiavellico detto «il fine giustifica i mezzi».
Cosa sto dicendo?
Proprio in ragione della natura dell’investimento che richiede tempo e dunque attesa, la cosiddetta virtù (chiamiamola così) dell’investitore consisterebbe nella necessaria capacità di guardare tutto un po’ a distanza, quasi fosse costretto a tenere fisso lo sguardo su un punto davanti a sé nell’orizzonte. Peccato che, proprio per il suo essere inesorabilmente determinato da fatti e accadimenti singoli, nell’irrompere degli eventi, l’investitore finisca per decidere di guardare tutto più da vicino quasi schiacciandoci il naso contro, e dunque di rimanervi inevitabilmente preso, catturato, rinunciando a indossare le lenti di ingrandimento che gli permetterebbero, rialzato lo sguardo, di mantenere altresì una visione più ampia.
Così facendo finisce per accettare, giustificare e dunque assecondare i singoli e farneticanti mezzi, qualsiasi essi siano (le immagini fondate sul “potere” di una copertina come nell’immagine del film), per raggiungere quello che lui pensa di avere individuato come obiettivo dell’investimento, quando invece altro non è se non – eccola, la padrona di casa – speculazione. Che altro non è se non, nella sua traduzione più letterale, ottenere profitti o vantaggi personali, anche con mezzi illeciti, sfruttando una situazione o un fatto.
Non c’entra per nulla, qui, la moralità
Speculare, approfittare in Borsa di situazioni, usare insomma “copertine” all’occorrenza, pensando di avere una visione che funziona non è sbagliato, e fa parte del mondo dell’investimento. Ma quali sono le questioni che rimangono aperte e che continuano a rimanere definitorie e determinanti per la visione di insieme che occorre mantenere per continuare a investire e non solo a speculare?
Quando finirà il ciclo economico? Stanno alzando i tassi, timidamente. Cosa vorrà dire questo? E soprattutto potremo ancora parlare di durate di ciclo economico come quelle sinora viste?
O piuttosto è necessario intravvedere una svolta che porterà a cicli sempre più veloci? In termini di azioni, su quali è meglio investire? Cosa vuol dire azioni difensive oggi? Sono queste le azioni da detenere in portafoglio?
O piuttosto è davvero il caso di squalificare totalmente le azioni cosiddette growth, che anche ultimamente vengono spesso citate come meno da preferire, dato che non è da sottovalutare che tra di esse si ritrovano anche le protagoniste del mondo della sostenibilità, che non solo non è finito ma forse rappresenta il più grande megatrend da eleggere in portafoglio?
E ancora, che dire del mondo del debito? Quali le obbligazioni che potranno tenere, in un mondo che si configura sempre di più appartenere al non globale, nel quale sembra sempre più difficile parlare di globale, e in cui ci saranno sempre più scompensi tra Paesi troppo indebitati e incapaci di risolvere la questione (Italia magistra, ma quand’è che cambierà l’opinione su questi benedetti BTP?) e Paesi seppure indebitati ma capaci di tenere alto il reddito, il prodotto interno lordo, e quindi che potranno permettersi di rimanere nel portafoglio (mi viene in mente l’America, ma penso in grande)?
E ancora, cosa vorrà dire, caro investitore, che i tassi si stanno alzando e che il mondo finanziario, aldilà della guerra e anche dentro questa guerra, sta continuando un percorso, sta andando in una direzione che, appunto, richiede una visione?
Mi viene da dire che questa debba essere la vera domanda, se non pretesa, che oggi l’investitore deve avanzare al suo consulente, uscendo fuori dalle singole immagini, ovvero abbandonando per un attimo le immagini create dalle copertine d’occasione, tornando insomma a sedersi un attimo e a ragionare su tutto, davvero tutto, e tenendo conto di tutto. Non è forse questo ancora di più oggi il nostro ruolo?
A maggior ragione sì, direi proprio di sì.
Alla prossima!