Vi sembro una persona all’antica o ancorata al passato? Provate a seguirmi sul mio blog, nei miei extra, nella mia rubrica Intendiamoci!…
Difficile pensarlo anche solo per un momento (solo i miei adorati figli adolescenti possono darmi l’appellativo di “antica”: rispetto a loro non posso che esserlo per i 30 anni che ci separano). Penso però che vada fatta chiarezza, e che tutti i grandi Big (chiamati così nell’articolo che riporto pubblicato su Bluerating il 20 ottobre scorso, ma lo sono a tutti gli effetti, lo riconosco) in fondo siano “costretti” a dire certe cose per non essere messi dentro il calderone di chi non vuole arrendersi alla modernità.
Digitale, remote, smart, tutto suggerisce che siamo in una realtà diversa, sostanzialmente. Soprattutto in forza dell’accelerazione causata dal Coronavirus. D’accordo. Ma di cosa stiamo parlando? Di mezzi di comunicazione o di rapporto? Qui è il punto. Perché mi sembra che nell’articolo sopra citato i leader delle reti di consulenza finanziaria intervistati si sforzino di accettare una dimensione che di fatto dovrebbe limitarsi all’aspetto funzionale ammettendone l’ammissione a «quasi completamente accettabile» (scusate ma cerco di leggere l’intento mentale di questi manager..) come «l’unica dimensione sia funzionale che relazionale», soprattutto da qui in avanti.
Che ci sia un processo inesorabile, che richieda una innovazione tecnologica capace di sostenere l’operatività del consulente finanziario a distanza, sono d’accordo. E qui le reti più evolute si identificano, e i manager di riferimento se ne fanno quasi un vanto nell’articolo, ma se lo meritano.
Ora però fermiamoci un attimo e pensiamo al cliente. Il nostro lavoro di consulente ci costringe a fare un passo indietro quando pensiamo a quale sia ancora il cliente target dei nostri incontri per la gestione dei patrimoni.
E qui la domanda è: cosa cerca un cliente nel proprio consulente e perché si rivolge a un consulente? Per il rapporto umano. Mi viene in mente un episodio di questi giorni. Un cliente, 65 anni, 2 figli, 5 nipoti, impensierito per la possibilità che si torni a “limitare” gli incontri, mi ha detto: si, ma allora quando ci vediamo? Immaginate se avesse a che fare con la mia immagine-robot che ho voluto mettere in evidenza ad inizio articolo, magari con una voce metallica e pre-impostata.
Cosa verrebbe a mancare? Se ci fosse una evoluzione in tal senso (e proprio in questa direzione stanno andando le soluzioni di Robo-Advisory, leggete anche l’interessante articolo che parla dell’ultima e prossima innovazione del nostro amato Google..), quale sarebbe il gap incolmabile? L’imprevisto, la reazione, l’emotività, tutti quegli aspetti che se ci pensiamo un attimo non possono esserci se non in una relazione vissuta nell’istante.
Quindi? Credetemi, sono la prima ad aver convinto i miei clienti, anche i più restii a “fare il passo”, ad operare online per le semplici autorizzazioni delle operazioni condivise. E voglio fermarmi proprio qui, e identificare come unica dimensione della modalità tecnologica da remoto, quella funzionale: “semplici autorizzazioni”. Non posso invece fare io “il passo”, a meno di cambiare professione, di migrare il mio ruolo nel mondo di “Io Robot”. Il Consulente è una persona e il cliente vuole la persona, vitale, reattiva davanti a sè. E questo, a denti stretti, lo riconoscono anche i Big. D’altra parte, non possiamo non riconoscere che noi stessi consulenti cerchiamo proprio questo nel nostro lavoro, costruire la soluzione patrimoniale più soddisfacente per il cliente conoscendolo nelle varie occasioni di incontro, personalmente. E questo lo sanno anche i favolosi Big che pure sottolineano la massima evoluzione tecnologica raggiunta.
All’obiezione di coscienza di chi dovesse dirmi ancora che sono all’antica perché difendo la relazione de visu con il mio cliente, e che questo potrà durare solo fintantoché non emergerà, come generazione con patrimonio, quella dei Millennials (la più evoluta…), rispondo che forse non hanno ancora capito che l’umano rimane tale e quale, alla ricerca di soluzioni di vita per le quali “Io Robot” può esaurire le risposte solo fino a quando non intervengano esigenze radicali per le quali Il «Caro Consulente vorrei parlarti di più», titolo di un altro interessante articolo uscito ancora su Bluerating il 23 ottobre che riporto di seguito, è davvero da tenere in memoria, non meccanica.
Ora sta a voi, noi consulenti, scegliere la “modalità” di questo dialogo. Io ho scelto.
Alla prossima!
da Bluerating del 20 ottobre 2020
Consulenza e smart working, i big delle reti dicono la loro
di Matteo Chiamenti
Smart working, evoluzione moderna del cosiddetto “telelavoro”. Un termine che gioco forza è salito alla ribalta dopo l’esplodere dell’emergenza Coronavirus. Si va da chi lo esalta con totale devozione, rinnegando l’ormai vetusto ufficio, a chi storce il naso a priori dietro al totem del valore dei contatti umani negli spazi fisici. Infine troviamo chi, più ragionevolmente, lo considera con spirito critico; una posizione, quest’ultima, che per fortuna è stata abbracciata del mondo delle reti di consulenza finanziaria, sebbene anche all’interno del settore non siano mancate le simpatie dichiarate verso uno dei due modelli lavorativi.
Se infatti il motto condiviso è quello di integrare operatività in presenza e da remoto, c’è chi, come Banca Mediolanum, aveva già deciso ad agosto un piano di rientro al lavoro a settembre per il 40% dei dipendenti della sede di Basiglio, dopo avere avere tenuto in smart working per circa 6 mesi l’86% dell’organico (circa 1900 persone). Un approccio che potrebbe sembrare in contrasto con le recenti dichiarazioni su LinkedIn di uno dei protagonisti dei big del mercato, cioè Paolo Martini, ad di Azimut, per il quale “Il lockdown ha dimostrato che l’ufficio è un concetto ormai superato”. Anche se, come abbiamo ribadito in precedenza, non si può prescindere da un modello ibrido. I bravi consulenti finanziari vivono da sempre l’ufficio come un luogo di appoggio dove si incontrano alcuni clienti e si scambiano idee e opinioni con azienda, manager e colleghi. Ma il lavoro del consulente finanziario non ha uno spazio fisico predefinito” conclude Martini.e sul tema a cui si aggancia bene anche quella dell’ad e dg di Fineco, Alessandro Foti: “Questa emergenza ha reso evidente che c’è la possibilità di lavorare in maniera eccellente anche senza essere all’interno sede dell’impresa. Per questo daremo la possibilità ai dipendenti di operare con la massima frequenza anche a distanza, garantendo per esempio la presenza soltanto per qualche giorno a settimana. Due cose importanti vanno sottolineate: in primo luogo, tale scelta deve essere facoltativa, poiché non è affatto escluso che vi siano diversi dipendenti che preferiscono lavorare nelle forme più tradizionali; in secondo luogo, non è ipotizzabile un lavoro dei dipendenti completamente da remoto, senza che vi siano occasioni di incontro e confronto tra colleghi”.
Per cercare di capire ulteriormente come questa tematica venga interpretata dal mondo dell’advisory italiano, BLUERATING ha contattato ulteriori autorevoli protagonisti del mercato come CheBanca!, Copernico Sim e Widiba. A riprova della bontà della tesi, una chiosa dai rimandi danteschi emerge con chiarezza: fatti non foste a vivere di solo ufficio, ma per seguire virtute e flessibilità.
Nicola Viscanti, Responsabile della rete dei consulenti finanziari di Widiba
La pandemia del coronavirus ha mutato profondamente le abitudini di lavoro e le modalità di contatto e commerciali, ma per Banca Widiba, che è nata con una forte connotazione digitale, gli impatti di questa inattesa situazione non hanno prodotto grandi stravolgimenti. I consulenti hanno mantenuto l’efficacia della relazione a distanza, dando il supporto necessario ai clienti per affrontare con l’atteggiamento più corretto le turbolenze e l’indeterminatezza dei mercati. In questo contesto e con le incognite legate a situazioni imprevedibili, abbiamo perciò deciso di investire fortemente su due driver: la gestione della relazione, focalizzandoci ancor di più su tutte le modalità di comunicazione con la clientela che avvengono attraverso il web, e il lavoro in team dove vengono esaltate le specializzazioni di ognuno per mettere a disposizione dei clienti un servizio di advisory “globale” che abbraccia tutta la sfera dei bisogni. Uffici fisici e digitali devono per noi convivere e questa interazione non può che produrre risultati ancora più qualificati e soddisfacenti. E’ questo il futuro che immaginiamo e questo futuro per noi è già realtà.
Duccio Marconi, direttore centrale consulenti finanziari di CheBanca!
La rete dei consulenti finanziari CheBanca! è nata tre anni fa all’interno di una realtà che da sempre si contraddistingue per l’approccio multicanale e per la forte spinta sull’innovazione: per questo anche nel periodo di lockdown siamo stati subito in grado di garantire continuità nel servizio ai clienti. I nostri processi e la tecnologia di supporto consentono ai consulenti di poter gestire tutta l’operatività da remoto: da quella di base come l’apertura del conto, alle operazioni più complesse, come la consulenza, la gestione e l’accettazione delle proposte d’investimento siglate in modalità digitale e paperless grazie alla firma elettronica e alla piattaforma di web e mobile collaboration.
Per la gestione patrimoniale in particolare, soprattutto nel nostro paese dove abbiamo un’educazione finanziaria piuttosto contenuta, il fattore relazionale si confermerà fondamentale per la scelta dell’interlocutore con cui condividere decisioni delicate riguardanti risparmi e finanze personali/aziendali. Cambieranno invece modalità e strumenti di interazione che saranno sempre più innovativi come le dirette video, i web seminar, e le registrazioni video che i consulenti invieranno periodicamente ai propri clienti.Gianluca Scelzo, consigliere delegato di Copernico Sim
Nel nostro modello di business, basato principalmente sull’offerta fuori sede, le modifiche sono state estremamente limitate. I nostri consulenti finanziari hanno potuto lavorare tramite remoto (pc, tablet o telefono) direttamente in connessione con i clienti. Le nostre operatività digitali hanno altresì permesso di continuare a operare a distanza anche durante la fase di lock down. Non abbiamo notato disservizi o rallentamenti, anzi è stata un’occasione molto utile per organizzare eventi a distanza tramite conference call. Siamo convinti che in futuro, se si dovesse verificare un altro lock down, la digitalizzazione ed il lavoro in smart working ci permetterebbero di continuare ad operare con ottimi risultati. Il nostro modello di business quindi non ha subito battute d’arresto e, nonostante il periodo, ci ha permesso di continuare a crescere nella stessa misura e forse anche di più rispetto agli anni precedenti.
da Bluerating del 23 ottobre 2020
Caro consulente, ti vorrei parlare di più
di Marcello Astorri
Secondo l’investor sentimenti di UBS, le incertezze portate da covid-19 ed elezioni americane hanno portato l’85% degli investitori facoltosi italiani a voler dialogare di più con i propri advisor.
Quando la tempesta sui mercati infuria, il bisogno di consulenza finanziaria aumenta. Questo è un dato che emerge con forza dai sondaggi dell’investor sentiment di Ubs raccolti durante il terzo trimestre 2020. La casa d’investimenti svizzera, infatti, ha intervistato migliaia di investitori con almeno 1 milione di dollari di patrimonio in 14 paesi, tra cui l’Italia. E tra i dati che saltano più all’occhio c’è che, tra gli italiani, ben l’85% degli investitori facoltosi dice di voler dialogare di più con i propri advisor per posizionare al meglio il proprio patrimonio.
Venendo poi agli altri risultati, con focus sull’Italia, si nota che il 61% degli investitori intervistati si ritiene ottimista per quanto riguarda le prospettive economiche del proprio paese nel breve termine (12 mesi) e invece ben l’82% è ottimista rispetto all’outlook sul lungo periodo (prossimi 5 anni). E, forse, questo ottimismo si riflette in una voglia maggiore di rendimento: Il 53% degli intervistati, infatti, dichiara di volere più resa dai propri portafogli nei prossimi 6 mesi, mentre solo il 33% dichiara di voler diminuire i rischi nel proprio portafoglio.
I tre principali temi di investimento di breve periodo che riscuotono maggiore successo tra gli investitori intervistati sono: Green Recovery (83%), Industry (81%) e Private Markets (80%). Le principali opportunità di investimento a livello geografico, invece, sono Mercati Emergenti (79%), USA (75%) ed Europa (66%).
Per concludere, cosa spaventa di più gli investitori italiani in questo momento? Quasi la metà degli investitori italiani (48%) teme le conseguenze negative date dalla diffusione del Covid-19, il 45% teme il debito pubblico e il 44% il cambiamento climatico.
Paolo Federici, Market Head di UBS Global Wealth Management in Italia, ha commentato così i risultati del maxi sondaggio: “Nonostante il prolungarsi della crisi sanitaria con importanti effetti sull’economia globale, l’ottimismo degli investitori italiani rimane significativo sul lungo periodo, con l’82% degli investitori che guarda con fiducia allo scenario economico del nostro paese nei prossimi cinque anni. L’incertezza causata dal Covid-19 e dalle elezioni americane ha messo ancora più in luce il valore dei consulenti finanziari e infatti l’85% degli investitori facoltosi italiani dichiara di voler avere un maggiore dialogo con i propri advisor per posizionare al meglio il proprio patrimonio”.