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Vi presento Joe Biden

Chi è Joe Biden, lo sfidante di Trump nelle più controverse elezioni americane di sempre? Quali sono i suoi (reali) obiettivi in economia? Proviamo a conoscerlo meglio grazie al confronto con l'attuale presidente

Agosto 31, 2020
maria anna pinturo
Tempo di lettura stimato: 8 minuti

joe biden

Prendete un block notes e provate a disegnare il candidato Joe Biden elencando le conseguenze di una sua possibile elezione, a confronto con l’ipotesi Trump. 

BIDEN: dialogo / riequilibrio nei rapporti con i partner commerciali, in primis la Cina 🇨🇳 

TRUMP: America First (ricordate uno dei suoi slogan preferiti?)/ l’America deve essere prima degli altri, la prima, e se questo vuol dire chiudere i rapporti commerciali con partner esterni per favorire i partner americani SI FA 🇺🇸 

BIDEN/ SU LE TASSE

TRUMP/ una delle sue roboanti mosse reali è stato il Ripetuto intervento fiscale a beneficio delle aziende (e degli utili…leggete)

BIDEN/Investimenti sul GREEN/sostegno alla OCCUPAZIONE e ai GOVERNI / INFRASTRUTTURE

TRUMP/ banche, società 

E ora parliamone….domanda di riflessione 

Qual è l’obiettivo commerciale di Joe Biden?

Agenda 2050, zero emissioni di carbonio, AMERICA CLEAN più che First

Questo obiettivo che coinvolge la sua politica fiscale di aumento delle tasse a SVANTAGGIO apparente almeno delle aziende (diciamo che togliere cash alle aziende aumentando il gettito fiscale non è una grande scommessa nel breve data la situazione economica non solo dell’America) può essere vincente?

Pensiamo: fosse successo senza Coronavirus, avrebbe avuto qualche chance in più. Ma oggi cosa chiede il mercato reale e di conseguenza finanziario (qui la richiesta è quasi stressante) ? RIPRESA.

È vero che una vera e profonda ripresa, indicativa di una economia reale che funziona, è fatta di SOSTENIBILITÀ e non c’è sostenibilità senza un miglioramento della situazione climatica e quindi l’obiettivo di Biden è interessante oltre che morale.

Peccato che forse, proprio a causa dell’epidemia e della situazione di emergenza economica in cui siamo e in cui è l’America il market mover forse principale con la sua Fed, oggi più che mai la domanda è di una AZIONE di IMPATTO. E questa è l’immagine che trasmette il suo avversario nonché presidente in carica.

Ma andiamo oltre. Sembrerebbe che la politica di BIDEN sia più europea che americana…

Come è stata vista l’Europa con il piano Merkel (chiamiamolo così dai) di correggere certi difettucci nella politica adottata dai vari paesi? Deficit entro certi parametri, rientro programmato del debito, politiche correttive importanti per “rimettersi in carreggiata”. Questo cosa ha portato? A una Europa che a tutt’oggi è divisa in due (vedi articolo sul Blog di settimane fa L’Amica non geniale) e che nonostante la nuova Merkel apparsa splendida a supporto del Recovery Fund, tenderà a rimanere divisa in due: tra i paesi che “ce la fanno” e quelli che “non ce la possono fare”. Ora questa stessa Europa guarda caso ha ribadito la necessità di riforme strutturali, investimenti VERY LONG TERM (!) orientati a migliorare il clima, a vivere meglio.

Europa e America: c’è quasi il rischio che BIDEN vada a sentire l’EUROPA e adotti le medesime misure … !?

La domanda è: il passo dell’Europa negli ultimi anni è stato quello monster dell’America? NO.

E gli indici americani quanto sono cresciuti rispetto a quelli europei?

E gli utili delle aziende?

No comment

Sicuramente il difetto di questa visione è che se è vero quanto detto sopra è altrettanto vero che una politica sempre URLATA, come si potrebbe identificare quella del tycoon non è essa stessa sostenibile nel tempo.

Forse una cosa che tutti abbiano imparato da questa epidemia è che niente dura e che nella giostra delle emozioni destate da un picco di borsa o da una vittoria economica (Trump è quello dei proclami: grazie a me l’America è arrivata a questi risultati... etc) capitano, possono capitare eventi che riportano tutto al punto di partenza. E non lo impariamo mai abbastanza.

Da questo punto di vista, forse più interiore, è vero che Biden ha più chance di vincere. Ma tutto dipenderà se gli elettori saranno più in ascolto delle emozioni o di quello che hanno imparato in questo periodo. Che non è finito.

Sempre connessi e attenti alla realtà, vi aspetto con i vostri commenti.

A presto

 

Da Milano Finanza 22 agosto 2020

Cavalcare il toro Dem

A circa tre mesi dalle elezioni presidenziali americane ecco le azioni, i settori e i bond da tenere d’occhio. Il dollaro debole? Un toccasana per gli emergenti. Consigli per un portafoglio equilibrato

di Francesca Gerosa

I l circo della politica statunitense, a causa del Covid-19, è passato in secondo piano nonostante manchino meno tre mesi al voto. Per ora sembra che sarà il democratico Joe Biden a tagliare il traguardo per primo: secondo i sondaggi nazionali di RealClearPolitics, è in vantaggio di 7 punti su Donald Trump. «Se oggi dovessimo fare un pronostico, diremmo che Biden conquisterà la Casa Bianca e che molto probabilmente i democratici raggiungeranno la maggioranza al Senato», ha affermato Joseph V. Amato, presidente e Cio equities di Neuberger Berman.

Rilancio green con le tasse

Nello Studio Ovale, Biden avrà ripercussioni rilevanti per economia e mercati. Per Sandrine Perret, senior economist di Vontobel asset management, il suo programma è incentrato sull’aumento delle tasse. Non solo vuole alzare dal 21 al 28% l’aliquota sulle società, ma anche spostare dal 37 al 39,6% l’aliquota massima applicata sui redditi. Così facendo, annullerebbe in parte i tagli fiscali attuati dall’amministrazione Trump. Il ricavato dell’aumento delle imposte contribuirebbe a finanziare un programma per realizzare infrastrutture green e sostenere l’ambizione degli Usa di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di carbonio entro il 2050. L’aumento delle tasse favorirebbe anche l’istituzione di un piano di ripresa, con finanziamenti al governo locale e all’assicurazione contro la disoccupazione. La campagna di Biden prevede poi un programma sulle infrastrutture. «Difficilmente un programma economico di impronta democratica ha un impatto positivo sul settore bancario e su quello dell’energia, favorendo invece l’economia reale, ovvero i produttori di beni di consumo in generale», ha osservato Didier Saint-Georges, managing director di Carmignac. «Tuttavia, questa volta, una parziale inversione delle riforme fiscali e regolamentari di Trump potrebbe potenzialmente rafforzare il consueto impatto di un’alternanza democratica, il che favorirebbe i settori legati alle fonti di energia pulita a spese dei produttori di energia da combustibili fossili, mentre le riforme sanitarie sarebbero ancora una volta un elemento importante per l’industria farmaceutica».

 

Con Biden giù l’utile/azione

Rbc Capital Markets ha indicato tre titoli ben posizionati: Valero Energy Corporation, che produce biodiesel, Summit Materials, che fornisce materiali per l’edilizia e Sherwin-Williams Company, produttore di vernici. Ma «un aumento delle tasse è solitamente visto con preoccupazione dai mercati. La riduzione delle aliquote sulle imprese, attuata da Trump, ha aumentato gli utili per azione dell’S&P 500 tra 8 e 12%», ha ricordato Amato. Un ritorno ad aliquote più elevate metterebbe il mercato sotto pressione: per ogni punto percentuale di aumento della tassa sulle imprese, gli utili per azione dell’S&P 500 calano di circa 1 dollaro. Nel 2019 gli utili per azione dell’S&P 500 erano pari a circa 165 dollari.

Sarà disgelo con Pechino

Un altro aspetto da tener presente sono le relazioni Usa-Cina. A differenza di Trump, Biden sta spingendo per una strategia più morbida a favore dei lavoratori americani nel commercio. «Anche se Biden non lascerà che la Cina la faccia franca su tutto, ci si aspetta che persegua un approccio più orientato al consenso. Questo non riguarda solo il modo in cui gli Stati Uniti interagiscono con la Cina, ma anche con le altre nazioni: Biden probabilmente farà ammenda con gli alleati internazionali e cercherà di ricostruire la fiducia», ha previsto Perret.

Apertura a digital tax?

Probabilmente, però, l’effetto più significativo per i mercati sarà l’impatto di un’amministrazione democratica sul settore tecnologico. I titoli tecnologici, in particolare i Big Five (Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e Alphabet), hanno trainato il mercato azionario statunitense non solo durante la pandemia, ma anche negli anni precedenti. Mentre l’attuale amministrazione era riluttante a partecipare alle discussioni dell’Ocse sull’imposizione di una tassa digitale globale, molti democratici stanno raccogliendo segnali di allarme da parte dei consumatori rispetto al potere monopolistico delle grandi aziende tecnologiche. «Le indagini della Commissione Federale per il Commercio e del Dipartimento di Giustizia riceverebbero probabilmente nuovo vigore sotto un’amministrazione democratica, mentre la tassa digitale globale potrebbe essere rivista in un’altra forma in seguito», ha ipotizzato Julian Howard, lead investment director, Multi Asset Portfolios di Gam Investments. Comunque in futuro un sovrappeso azionario appare attraente, nonostante i mercati siano ai massimi storici.

Con i Dem vince l’equity Ue

La gestione della crisi ha non solo contribuito a lasciare il passo a una notevole ripresa economica a partire da maggio, ma rafforza la convinzione di Alessandro Caviglia, responsabile investimenti di Cordusio Sim, che l’Europa possa trovarsi in posizione di vantaggio rispetto agli Usa nell’avvio di un processo di ripresa più accentuato. In questo scenario, «gli asset europei restano al centro della nostra asset allocation strategica. Preferiamo, infatti, le azioni europee rispetto a quelle Usa, non solo perché riteniamo che resteranno ben supportate dall’accordo sul Recovery Fund, che ha l’orientamento strategico di spingere la crescita dei settori chiave, quali green e digitale, ma anche alla luce della loro valutazione più economica, della migliore gestione della crisi Covid-19, del possibile proseguimento del recupero dei titoli value e ciclici e delle minori incertezze politiche», ha indicato Caviglia. Anche per Nadège Dufossé, head of asset allocation di Candriam, il miglioramento del sentiment degli investitori dovrebbe favorire titoli e settori in ritardo (value) e azioni cicliche, nonché credito investment grade e bond emergenti. «Siamo lunghi sui titoli dell’Eurozona rispetto alle azioni Usa. Rimaniamo inoltre neutrali sui titoli azionari del Regno Unito, poiché – anche se potrebbero beneficiare di un migliore controllo dell’epidemia – la Brexit potrebbe pesare sul mercato azionario Uk. Per quanto riguarda l’obbligazionario, siamo positivi sul credito investment grade europeo e Usa e sul debito emergente. Privilegiamo, infine, una duration breve e siamo underweight sui titoli di Stato dei Paesi core», ha suggerito Dufossé. La qualità del credito si è leggermente differenziata tra una regione all’altra e tra i diversi segmenti.

Un occhio ai default Usa

«Tuttavia, gran parte dell’attenzione è concentrata sui default. Il tasso di insolvenza ponderato a 12 mesi delle obbligazioni ad alto rendimento americane è aumentato, raggiungendo il massimo degli ultimi 10 anni al 6,2%, mentre lo scenario in Europa è rimasto favorevole e probabilmente il tasso di default rimarrà più basso», ha stimato Norman Villamin, cio Wealth Management di Union Bancaire Privée. Inoltre, «i crescenti timori nel settore energetico costituiscono un ulteriore possibile rischio al ribasso per le obbligazioni ad alto rendimento Usa. Al contrario, l’accordo sul Recovery Plan e il sostegno implicito della Bce, rende i CoCo bond delle banche europee molto interessanti. Pertanto, con spread quasi paragonabili a quelli degli high yield Usa, abbiamo ridotto il rischio nei portafogli tagliando la nostra esposizione ai titoli ad alto rendimento Usa a piena duration, mantenendo allo stesso tempo non solo il carry premium tramite obbligazioni ibride, e scegliendo selettivamente, strategie ad alto rendimento non energetiche con duration breve, ma anche posizionandoci per beneficiare degli sviluppi positivi in Europa nel 2021. Infine, la debolezza del dollaro e le valutazioni relativamente interessanti offrono un elemento di supporto ai mercati emergenti, in particolare per il debito corporate asiatico, dove i fondamentali rimangono solidi e i default sono particolarmente bassi rispetto agli Stati Uniti», ha suggerito ancora Villamin.

Vittoria Dem? Dollaro giù

Molte valute emergenti si sono indebolite per via della recessione in atto, mentre le valute «rifugio» come il dollaro Usa, lo yen giapponese o il franco svizzero hanno perso gradualmente utilità per gli investitori, che hanno acquisito nuova fiducia grazie ai crescenti aiuti fiscali e monetari. Manuel Pozzi, Investment Director di M&G Investments Italia, ha ricordato che, rispetto all’euro, il biglietto verde ha una storia di alta volatilità: negli ultimi 20 anni è passato da 0,8 a 1,6 e ora siamo più o meno nel mezzo. La debolezza del dollaro, che potrebbe acuirsi dopo l’elezione di un presidente democratico, favorirebbe innanzitutto gli esportatori statunitensi. Ma essendo il dollaro la valuta in cui viene fatturata e finanziata la maggior parte degli scambi commerciali a livello mondiale, ha chiarito Saint-Georges, la sua debolezza potrebbe anche portare benefici al commercio globale e quindi alla crescita globale, e allevierebbe il costo delle importazioni di materie prime basate sul dollaro, a beneficio di paesi come Cina e India. Al contrario, ne soffrirebbero maggiormente i produttori europei con una base di costi in euro e ricavi denominati in dollari, come l’industria aerospaziale. «Preferiamo diversificare sull’euro e altre valute europee, yen e qualche valuta emergente, mentre siamo sottopesati sul dollaro», ha affermato Pozzi. Concorda Andrew Garthwaite di Credit Suisse per il quale la debolezza del dollaro è positiva per il pil globale: il 62% delle riserve valutarie e l’80% del commercio globale è in dollari e porta a prezzi più elevati delle materie prime in dollari (solo il 20% della domanda di petrolio e l’8% della domanda di rame proviene dagli Usa). A livello regionale, i mercati emergenti sono uno dei principali beneficiari in un momento in cui le valute di questi mercati sembrano insolitamente economiche. «Gli emergenti hanno 5,4 trilioni di debito in dollari: le esposizioni più elevate sono quelle argentine e di società turche e cilene. Un dollaro più debole porta poi a un aumento delle riserve valutarie dei mercati emergenti, che deve ancora riflettersi sufficientemente nella sovraperformance delle azioni di questi mercati», ha puntualizzato Garthwaite che privilegia l’esposizione all’Europa, puntando sul settore assicurativo P&C e sulle utilities. Ma anche sulle compagnie aeree a basso costo che hanno beneficiato maggiormente di un euro forte, mentre le big cap del comparto farmaceutico hanno visto il maggior impatto negativo. Senza dimenticare, ha aggiunto l’esperto di Credit Suisse, un’esposizione indiretta ai mercati emergenti attraverso LafargeHolcim, Schneider e Danone, e società con più costi in dollari che ricavi come Abf ed Electrolux. (riproduzione riservata)

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Maria Anna Pinturo

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