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Uno, nessuno e centomila.
Scusate, non è questo il libro che voglio suggerirvi in questo periodo, per quanto rimanga tra i miei preferiti. Eppure c’entra, e mi è venuto in mente proprio leggendo il suggestivo saggio di Angelo Deiana dal titolo emblematico Web Reputation. Perché in fondo Pirandello è sempre tra noi, ma in un mondo davvero cambiato. Angelo Deiana entra in questo cambiamento e ne illumina alcuni tra gli aspetti più provocatori oserei dire. E come sempre a ciascuno “i suoi”, perché leggendo un libro ognuno ritrova collegamenti e idee a cui prima non avrebbe pensato. E se le chiarisce meglio. Ecco quelle che sono venute in mente a me.
Un tempo si era “qualcuno” per le conoscenze e quello che si rappresentava nella propria storia professionale. E così, magari in un curriculum, si realizzava la distinzione dell’essere uno, diverso dal nessuno. Ebbene cosa è successo? Il network effect di cui parla diffusamente Deiana è divenuto centrale, e quell’unicità oggi è rappresentata sempre di più dall’essere capaci di attrarre le menti e di essere nelle menti magari di… centomila collegamenti.
Questo fenomeno ha pervaso in modo imponente anche la finanza: se prima un’azienda valeva per il suo EVA, oggi può valere di più o valere punto e basta anche solo grazie al network effect, a una vera e propria alleanza che si genera online, una class action via web che ne scatena la web reputation… anche solo per mandare un messaggio forte e chiaro ai grandi investitori, ai giganti antagonisti come i fondi hedge, che invece vorrebbero farla a pezzi. Chi non ricorda qui il caso Game Stop del febbraio scorso e la vera e propria associazione a non delinquere creatasi sulla piattaforma Reddit capace di far salire quel titolo, dato per deceduto, a livelli impossibili da credere solo per i suoi fondamentali?
Altro punto interessante.
Deiana si sofferma sul fenomeno delle “impronte” che ciascuno di noi lascia: quella carbonica, quella culturale e quella digitale. Anche qui trovo uno spunto per tornare a quanto sta sempre più emergendo: il fenomeno dell’influenza delle nostre tracce lasciate sull’orientamento degli usi e consumi e quindi ancora una volta dell’economia stessa. E inevitabilmente… del sistema finanziario.
Se le nostre tracce digitali suggeriscono i nostri comportamenti futuri nel dettaglio di semplici acquisti, al punto da far muovere in modo predittivo e influenzante giganti come Amazon, questo meccanismo non pervaderà, anzi invaderà sempre di più anche il mondo degli investimenti per i più preparati ma ahimé anche per quelli che di preparazione ne hanno ben poca? Visto (nel vero senso della parola, dato che parliamo di tracce digitali che vengono osservate in ogni singolo movimento) che ti piacciono gli articoli sportivi, ecco qui i tuoi preferiti, valutali e soprattutto comprali!
Se questo oggi è il mondo a cui ci siamo assuefatti, al punto da essere totalmente coinvolti da prodotti a cui non avremmo pensato, sebbene coerenti con i nostri gusti e il track record dei nostri precedenti acquisti, ecco che vediamo in questa insinuazione il fenomeno sempre più diffuso nelle mosse online di un sempre maggior numero di investitori, che potrebbe prendere il sopravvento più o meno nello stesso modo: visto che acquisti azioni del settore energetico, ecco qui 10 etf che si focalizzano su quel settore… E il gioco è fatto.
Ancora, Deiana parla di una data-driven economy e di una reputation economy: come non vedere lo stravolgimento da quella che si era soliti identificare come export driven economy in alternativa, se non in opposizione, alla consumer driven economy? Ma il cambiamento è proprio qui. Il distanziamento provocato e accelerato dalla pandemia ha realizzato e sta realizzando un sistema economico e finanziario in cui accade ciò che deriva da dati lasciati, identificati, letti interpretati e elaborati.
È il mondo complesso dei Big Data.
Dal dato messo a disposizione occorre passare all’informazione da rilevare e farne il tema da conoscere al fine di produrre il valore ricercato. Questo nuovo valore (o Better Data) permette di fare previsioni di mercato e di indirizzare azioni volte a produrre maggior profitto. La criticità sta nella disponibilità esondante di dati e dalla possibilità che si rilevino nessi che sono solo casuali rispetto a quelli realmente predittivi e interessanti. Tanto più dunque il sistema di elaborazione sarà in grado di intravvedere le vere correlazioni, tanto più sarà produttivo del vero valore.
Anche qui ci vedo un nesso con quanto sta capitando nel mondo della finanza, dove si sta accentuando il ricorso a piattaforme varie per accedere a sistemi di investimento deregolamentati capaci di creare esiti straordinari ma anche catastrofici. Il singolo non ha la capacità di elaborare i dati a disposizione presenti nel sistema, e agisce buttandosi nella mischia, influenzato dalla web reputation che aleggia attorno a modelli di comportamento di successo e/o casi di successo e/o modelli creati ad hoc dalle piattaforme stesse che invitano a imitare chi è riuscito.
Peccato che, chiaramente, chi ha creato il sistema o la piattaforma di acquisti è più capace (e lo sarà sempre) di governarne gli esiti, perché avrà letto, interpretato ed elaborato conoscenza a partire da volumi massivi di dati, ovvero passando dai Big ai Better Data. Esattamente quello che il singolo investitore non potrà mai fare, per mancanza di mezzi a vario titolo. E allora potrà solo seguire dei modelli di comportamento già impacchettati, proposti dalla piattaforma, che tuttavia non potranno mai corrispondere perfettamente alla sua reale sensibilità all’investimento.
Illuminante a tal proposito quanto Deiana scrive a pag 47 : «L’asimmetria informativa tra utenti e operatori è strutturale: non solo l’utente/cliente non ha a disposizione tutte le informazioni di cui avrebbe bisogno per prendere una scelta informata e razionale, ma molti comportamenti per essere efficienti presupporrebbero un grado di conoscenza tecnica che va molto al di là delle competenze diffuse tra la popolazione». Ecco qui.
Voglio terminare, anche se avrei altri spunti che mi hanno catturata, con il punto in cui Deiana parla (pag. 73) della grande «differenza» tra la nuova economia cosiddetta «della condivisione» rispetto ai modelli tradizionali: «La condivisione non avviene tra parenti amici o persone in generale conosciute, ma all’interno di un mercato in cui sono gli estranei i protagonisti degli scambi di prodotti o servizi». E questo, chiarisce, è reso possibile da meccanismi di costruzione della fiducia reciproca tra gli individui che alla fine si fonda sulla web reputation.
E qui come non vedere il rischio della nuova se non nuovissima spinta del mercato finanziario verso l’estraneità (tipica dell’operatività online in sistemi più o meno regolamentati) piuttosto che la condivisione tipica del rapporto di consulenza, al punto da essere forse il vero tema da guardare da vicino? Quasi a identificarlo come il vero problema, nel senso originario che questa parola aveva per gli antichi greci, cioè mettersi davanti qualcosa per osservarlo con attenzione, da diverse prospettive, e capirlo fino in fondo. Davvero.
Al prossimo libro (se mi piacerà così tanto)!
Angelo Deiana, Web reputation. Reti, big data, better data. La nuova sfida della Data Driven Economy (Bari, Giacovelli 2021)